In poco più di mezzo secolo di storia in cui la società civile si è attivata per sconfiggere la fame e la povertà, le ONG si sono cucite addosso il ruolo di paladino dei diritti, della giustizia e della trasparenza. Uno studio realizzato ogni anno dall’americana Edelman Trust sulla percezione dell’opinione pubblica colloca effettivamente le ONG al top della fiducia riposta. Le ONG sono l’istituzione ritenuta più affidabile in quasi tutti i paesi oggetto dello studio; la gente si fida più delle ONG che dei governi, dei media e delle aziende. Il dato allarmante però è che questa fiducia continua a decrescere negli anni, solo in 8 paesi su 27 la fiducia dei cittadini verso le ONG è in aumento. Secondo i redattori dello studio il fattore che sarebbe alla base di questa caduta di consenso è proprio legato alla trasparenza delle organizzazioni e in alcuni casi a veri e propri episodi di corruzione.
La fiducia che l’opinione pubblica ripone nelle ONG è sicuramente il risultato di migliaia di battaglie, mobilitazioni e campagne in tutto il mondo a supporto di chi non ha voce, di chi vede ogni giorno violati i propri diritti. Quante volte le ONG hanno chiesto trasparenza nell’utilizzo dei fondi destinati alla cooperazione? Quante campagne per chiedere il rispetto degli impegni internazionali? E quante ancora per chiedere spazi di dialogo e partecipazione nei meccanismi di governance?
Ma essere paladino dei diritti, della giustizia e della trasparenza non vuol dire solo additare il governo o l’istituzione di turno.
Oggi, davanti a un’opinione pubblica sempre più sensibile e media più attenti ai temi dello sviluppo globale e un contesto in grande evoluzione, gli attori privati che operano nel nostro settore (ONG, Associazioni, Onlus, ecc) sono chiamati a una sfida importante: dimostrare la loro responsabilità, legittimità ed efficacia non solo ai proprio donatori (privati e istituzionali) ma alle istituzioni, ai propri beneficiari e al pubblico più generale.
Questi obiettivi sono ormai da tempo argomento di dibattito a livello internazionale. L’orientamento emerso finora è quello di puntare sulla condivisione delle informazioni e sull’apertura dei dati (opendata) sfruttando al massimo le potenzialità della rete. Anche in Italia sono sempre di più le organizzazioni che hanno capito la centralità dei temi legati all’accountability, alla trasparenza e alla reputazione. Ci sono casi interessanti di organizzazioni che sono andate oltre alla pubblicazione del semplice bilancio economico per raccontare a 360° il loro operato utilizzando la rete e i canali social.
Dall’esperienza di Info-cooperazione e dagli spunti che molti di voi ci hanno dato, abbiamo capito che al di là delle singole esperienze servirebbe uno strumento comune, accessibile e standardizzato per stimolare percorsi di trasparenza nel nostro settore e facilitare l’adeguamento agli standard internazionali.
Per passare dalle parole ai fatti è nato Open Cooperazione, un progetto che vuole essere una realtà virtuosa di trasparenza, attraverso la quale le ONG e tutti gli altri attori coinvolti nella cooperazione internazionale possono rendere trasparenti i propri dati e la propria governance. Open Cooperazione offrirà un’opportunità alle ONG per impegnarsi volontariamente verso la trasparenza rendendo fruibili le informazioni sulla propria strutture organizzativa, la propria missione, sui dati economici e le attività svolte.
Si tratta di un nuovo sito in rete che permetterà a tutte le organizzazioni di contribuire con i propri dati e comporre il quadro complessivo della cooperazione allo sviluppo, un settore spesso difficile da percepire, contabilizzare e valorizzare. Pensate soltanto a quanto sia difficile dare un peso economico al nostro settore. Anche a livello internazionale non esistono dati certi, l’OSCE stima per esempio che i fondi raccolti da ONG e altre organizzazioni private attraverso donazioni ammontino a quasi 30 miliardi di euro (dati 2011), il 24% dell’aiuto allo sviluppo. Il Centre for Global Prosperity stima che questa cifra arrivi a 50 miliardi se si contano anche le risorse mobilizzate da fondazioni e aziende.
Open Cooperazione vuole dare una risposta anche a queste esigenze aggregando i dati inseriti dalle singole organizzazioni e rendendo disponibile una fotografia sempre aggiornata del settore. Una quantificazione dettagliata, aggiornata e credibile di quanto la società civile e le ONG siano in grado di mobilitare e trasformare in progetti di sviluppo e di solidarietà in Italia e all’estero.
Potete visitare già da oggi Open Cooperazione e prepararvi alla fase di registrazione delle organizzazioni che verrà avviata tra meno di due settimane. Nel frattempo abbiamo bisogno dei vostri commenti, suggerimenti e contributi in questa fase di avvio del progetto che conta già sul supporto di diverse ONG e reti italiane.
dimostrare la loro responsabilità anche nei confronti dei loro operatori, con contratti corretti, versando i contributi e quant’altro eviti a chi ha lavorato per le ONG di non essere i poveri del futuro e senza garanzie…forza uno sforzo di coraggio, trasparenza e soprattutto tanta giustizia in casa…dopo voler andare a sbandierare ideali di giustizia a destra e a manca per il mondo.
Per il nostro Paese, almeno, pura utopia. La Cooperazione anche delle Onlus, quando non è un business puro a costi fiscali minimi, è assistenziale. Empowerment dei poveri: zero. Gli unici che possono valutare l’impatto della galassia delle organizzazioni che si accreditano essere creatori di sviluppo, sarebbero i destinatari. Che, chissà perché, non sono mai interpellati. Siamo messi male.