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Greta e Vanessa, i cooperanti e le ONG

A leggere le prime pagine dei più importanti giornali italiani sembra che Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, liberate venerdì tra Siria e Turchia, siano due cooperanti italiane della ONG Horryaty. Effettivamente è da mesi che fior fior di giornalisti, direttori di giornali e politici, così le definiscono. Negli ultimi giorni molti lettori ci hanno manifestato una certa indignazione, soprattutto quelli di voi che il cooperante lo fanno di mestiere e che per acquisire le competenze necessarie per questa professione specifica hanno studiato e si sono formati per anni. Altri invece si sono risentiti per l’uso improprio dell’acronimo ONG che è riconosciuto a organizzazioni con determinate caratteristiche e standard con tanto d’idoneità rilasciata dal Ministro degli Esteri. In Italia sono poco più di 200 e nessuna di queste si chiama Horryaty. Ci sono addirittura parlamentari come l’On Cirielli di FdI che nell’ignoranza totale della materia minacciano interrogazioni al Ministero degli Esteri “per verificare se le due cosiddette cooperanti facessero parte di Organizzazioni non Governative pagate con denaro pubblico della cooperazione internazionale”. “Sarebbe interessante capire – prosegue Cirielliquale Organizzazione le pagava e quanto. Sarebbe gravissimo se questa ONG appartenesse a quella costellazione di associazioni che si chiamano ONG e che, poi, sono quasi tutte legate al Pd e che sono diventate, in realtà, un modo per finanziare il clientelismo del Partito democratico, o peggio ancora, come nella vicenda Buzzi di Mafia Capitale, il Pd stesso come forma di finanziamento illecito”

 

Quando si dicono, e si scrivono informazioni vaghe e imprecise il rischio di generalizzare è dietro l’angolo e i messaggi positivi e negativi che si generano valgono poi per una categoria intera. Così sta succedendo in questi giorni dopo la liberazione delle due ragazze anche a seguito della polemica legata all’intervento dei nostri 007 e del presunto pagamento di un riscatto.

 

E’ giusto allora fare un po’ di chiarezza anche per capire con che spirito le due volontarie sono andate in Siria e per conto di chi lo hanno fatto.

 

Intanto chiariamo una cosa: “Horryaty non è un Organizzazione Governativa o una Onlus. E’ semplicemente un gruppo di tre persone che hanno a cuore un paese e hanno deciso di fare qualcosa per aiutarlo”, a dirlo è proprio uno dei tre fondatori del progetto, Roberto Andervill, in un’intervista al Corriere della Sera di alcuni mesi fa. Roberto ha alle spalle alcune esperienze di volontariato internazionale in Kosovo e a Gaza ma non è un cooperante di professione. Attivista e volontario di diversi gruppi informali e associazioni tra cui la sezione di Varese della ONG Ipsia (ONG nelle Acli) che risulta aver supportato il progetto Horryaty con l’organizzazione di eventi territoriali.

 

Come è entrato in contatto con le due ragazze?
«Io e Greta abitiamo vicini, ci siamo incontrati a una manifestazione per la Siria libera a Milano, da lì è nata l’idea di partire e di portare aiuti nel Paese. Così in marzo 2014 abbiamo fatto il primo viaggio nella zona rurale di Idlib, a Sud di Aleppo».
Come avete fatto a entrare in Siria? Lei era il più esperto del gruppo, è stato a Gaza, in Bosnia. Chi ha trovato in contatti per passare il confine?
«Certo, non siamo entrati da soli. Ci ha aiutato un gruppo di persone conosciute prima di partire, persone fidate. Abbiamo anche lavorato con altre associazioni italiane come We are Onlus e Rose di Damasco. Siamo sempre stati tutti e tre consapevoli dei rischi che correvamo e ci siamo organizzati in modo da passare il confine solo quando è strettamente necessario. Non siamo degli stupidi».
Era mai stato in Siria prima di quel viaggio?
«No, era la prima volta anche per me».
Poi, una volta tornati in Italia, cosa è successo?
«Abbiamo iniziato a raccogliere denaro per comprare materiale medico e beni di prima necessità in Turchia. Tra aprile e maggio Greta e Vanessa sono tornate in Siria per il secondo viaggio».
Lei non le ha accompagnate, perché?
«Perché lavoro come fabbro. Loro sono studentesse universitarie e possono prendersi dei giorni per partire, io no. In quell’occasione però si è affiancato Daniele Raineri, giornalista del Foglio. Lui parla l’arabo molto bene e una persona che conosca la lingua è un grande aiuto».

 

Da queste dichiarazioni emerge sicuramente la dimensione volontaristica e solidaristica dell’impegno delle due ragazze. I racconti postati su facebook da Greta e Vanessa fanno intendere che il loro progetto di sostegno sanitario “alla rivoluzione” fosse sicuramente schierato e militante ma impostato su conoscenze personali di alcuni cittadini siriani frequentati in Italia. Un progetto di solidarietà informale quindi con un popolo in guerra conosciuto prima attraverso le testimonianze degli amici e poi direttamente con i precedenti viaggi nel paese. Difficile pensare al supporto organizzato e fiancheggiamento di movimenti dell’estremismo islamico e dei terroristi dell’IS, come molti oggi vogliono far intendere. Tanto che Greta e Vanessa sarebbero state tradite dagli stessi rivoluzionari che volevano sostenere, così si legge nelle informative riservate dei Ros rese pubbliche ieri.

 

Il ministro Gentiloni nel suo discorso in parlamento le ha chiamate giustamente “volontarie” e ha puntato il dito contro quelli che in queste ore hanno detto “se la sono cercata, lavorino gratis per restituire il riscatto”. Ha richiamato alla prudenza, che è sicuramente mancata, ma ha lodato la generosità e il coraggio di queste due giovanissime ragazze. Come a dire che la solidarietà anche quando è informale e disorganizzata deve rimanere un valore.

 

Ma per fare volontariato, soprattutto in contesti come quelli di guerra, non bastano i buoni propositi, servono professionalità, organizzazione e misure di sicurezza. Sono in molti infatti a pensare che le associazioni e le ONG che hanno supportato il progetto Horryaty avrebbero dovuto agire con più prudenza e non affidare a due ragazze ventenni senza esperienza una missione così rischiosa. La vita di Greta e Vanessa è stata messa a rischio da tutti quelli che potevano dissuaderle a intraprendere quel viaggio e non lo hanno fatto.

 

Ecco il testo del progetto Horryaty reso noto oggi dalla Dott.ssa Rosamaria Vitale sull’Huffington Post

 


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  1. Concordo con tutto quanto è stato scritto nell’articolo, anche se ci tengo a precisare che preferisco, come contribuente, aver pagato per il riscatto delle due volontarie in buona fede, piuttosto che aver fatto pagare ben più milioni di euro al mio Paese per quello che hanno fatto due marò esaltati e incapaci di riconoscere dei pescatori prossimi al loro Paese, lontano migliaia di miglia dalle zone dei pirati; oltre ai risarcimenti ai famigliari delle vittime, occorre mettere in conto anche milioni di euro costati per tutta la enorme vicenda diplomatica e di difesa legale, e la perdita di commesse per le imprese italiane già superiori al miliardo di euro.

    1. Spiegami da queli fonti attingi le informazioni sui MARO’.
      TU NON SAI SE SONO COLPEVOLI,perchè le indagini le ha fatte solo l’India,e le perizie sono contestate :

      Ti cito una fonte attendibile :

      http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-03-25/lesperto-maro-india-hanno-143435.shtml?uuid=AbTHGvDF

      Ed ora ti cito una cosa logica:
      io sono stato militare in marina,la nave su cui poggi i piedi si muove,(dicesi maldimare),la barca dei pescatori ondeggia ancora di più,si tratterebbe di colpire con implacabile precisione le persone sbagliate con un tiro da mezzo flottante su obiettivo flottante.
      Non ti smebra un pò esagerato?
      Non pensi ai nostri marinai mercanili che sgobbano lontano da casa per mantenre le famiglie e vengono sequestrati dai pirati?
      Devono cambiare mestiere?
      Pensi che la gente vada in giro solo per fare gite e colpi di testa?
      Non ti vergongni?
      Tre persone si mettono in testa di cambiare il mondo,appoggiandosi addiritturea a terroristi ed io pago?
      A me hanno insegnato la prudenza perchè prima di tutto “chi sbaglia paga”.
      Non pesni a chi sgobba tutto il girono per stipendi da fame e dorme in stanza con tre sconosciuti pur di campare?

      Io stesso non riesco a permettermi un minilocale per vivere e lavorare e mi devo arrangiare facendo non solo il pendolare,ma proprio lo zingaro girovago,appoggiandomi alle strutture altrui e guadagnando meno ancora di quello che potrei fare.

      E sai cosa ti dico?Secondo me le ragazze erano daccordo coi terroristi ed il nostro riscatto è finito anche nelle LORO taschine.Puoi escluderlo?
      In tutto questo casino di volontari fai da te che vanno a casa di terroristi,puoi veramente individuare CHI è “fidato”?

  2. Come cittadino italiano ed essere umano,non vorrei pagare un euro di riscatto per gli individui che hanno scritto e pronunciato certi commenti,soprattutto quando si tratta di (indegni) rappresentanti delle Istituzioni

  3. Resta comunque confuso e scorretto il ruolo attribuito all’Ong Ipsia che con questa vicenda non ha veramente nulla a che fare.

    1. Gentile Silvia,
      non ci sembra di aver attribuito un ruolo alla ONG Ipsia se non quello che risulta da documenti presenti in rete. La sezione di Varese di Ipsia ha sicuramente co-organizzato occasioni pubbliche di presentazione del progetto. Un suo volontario/attivista è tra i tre fondatori del progetto Horryaty. Tutto qua. Ovviamente questo non vuol dire che Horryaty fosse un progetto di Ipsia. Se avete altre informazioni sarebbe bello condividerle.
      Saluti (Redazione)

  4. credo sia anche importante sottolineare che una ragazza faceva scienze infermieristiche e una mediazione culturale, e che greta era già stata come cooperante in india e in zambia. non si capisce perché e come il terzo dell’associazione dovrebbe giustificarle, visto che sono donne giovani, entusiaste e preparate. credere in un ideale necessita di una giustifica?

    1. Scusa ma evidentemente non basta essere serie e preparate,
      visto tutto il casino che ne è uscito,visto che c’è voluto uno Stato per riportarle a casa.

      Evidentemente quando si va a fare del bene in zona di guerra,ci vuole qualcosa pi più,altrimenti è meglio evitare,perchè il tuo impegno alla fine invece di essere gratis è venuto a costare molto di più anche in termnini di diplomazia,che ha un costo.

      E scusami,nessuno a questo punto mi vieta di pensare che ci fosse un secondo fine : tentare di spillare i soldi a noi,soldini magari finiti anche nelle taschine delle “crocerossine”.
      Riesci ad escluderlo?
      Chi mi porti come persona di fiduci,un terrorista?
      Ai tempi in cui sono partite era già inbedolita la resitenza filo-occidentale ed in maggioranza le fazioni integraliste.
      E se “non si sapeva” scusa,ma dove sta la “preparazione”?

      Non è questione di condannare due ragazze ma di NON avallare colpi di testa,che a voler pensare male nascondono secondi fini.

    2. A 20 anni preparate??? Avevano fatto si e no l’iscrizione ai corsi di laurea.. Sono contenta che siano tornate sane e salve a casa, ma è folle sia da parte loro sia di chi ha contribuito a farle partire.. Che esperienza e preparazione si può avere a quel l’età!?!

  5. Non credo che questo sia il problema. Invece mi stupisce che proprio persone con esperienze pregresse non si siano rese conto che quel viaggio aveva un rischio elevato. Per portare aiuti e kit sanitari in quelle zone non c’era certo bisogno di andarci di persona o mandarci due ragazze italiane senza protezione. Visto che il progetto aveva la collaborazione della comunità siriana in Italia si potevano trovare altri modi e altre persone (magari proprio siriane) per far arrivare quegli aiuti, rischiando sicuramente di meno.

  6. Riporto parole non mie, ma del presidente dell’ONG IPSIA, dopodichè potete benissimo fare informazione completa se sentite direttamente le fonti interessate.
    Personalmente ritengo che essere volontario o socio di un’associazione, non significhi automaticamente rendere l’associazione il volontario (cosa che in questo caso mi pare sfuggita di mano a molti) e il singolo volontario resta comunque un individuo con sue opinioni e libertà di agire in proprio, se non sta operando a nome dell’organizzazione in un determinato contesto. Banalmente, se rapissero me, ci sarebbero dietro gli scout, le associazioni animaliste, le Acli, il comitato inquilini di cui faccio parte a contendersi la palma di “organizzazione irresponsabile”. Giusto per farvi capire che notizia state riportando voi.
    Ad ogni modo scrive Mauro Montalbetti, presidente di IPSIA ONG: “In merito alle notiza riportata da Info cooperazione ritengo doveroso precisare che IPSIA Ong è estranea al Progetto Horraty.
    IPSIA Ong non opera in teatri di guerra e non invia proprio per motivi di sicurezza né volontari né cooperanti in determinati contesti e senza l’autorizzazione della Farnesina.
    Come è stato più volte dichiarato dal Presidente delle Acli di Varese Filippo Pinzone nei mesi scorsi, la notizia nasce dal fatto che il progetto era stato presentato, come altri progetti, con un banchetto in occasione di un iniziativa organizzata dalle Acli di Varese “le Piazze del mondo” in cui si faceva anche un raccolta di aiuti da inviare in Siria.
    Ma nè Ipsia Varese né le Acli hanno mai aderito e sostenuto in qualche altro modo il progetto.”

  7. Pubblichiamo un email di chiarimento inviataci da Mauro Montalbetti, presidente di Ipsia:

    In merito alle notiza riportata ritengo sia doveroso precisare che IPSIA
    Acli Ong è estranea al Progetto Horraty. IPSIA ong non opera in teatri
    di guerra e non vi invia, proprio per motivi di sicurezza, ne volontari
    ne cooperanti. Come è stato più volte dichiarato dal Presidente delle
    Acli di Varese Filippo Pinzone nei mesi scorsi ( che ci legge in copia )
    e in ultimo su l’ Avvenire Sabato 17 Gennaio 2015.

    La notizia nasce dal fatto che Il progetto era stato presentato, come
    altri progetti, con un banchetto , in occasione di un iniziativa
    organizzata dalle Acli di Varese “Le Piazze del mondo” Ma nè Ipsia
    varese ne le Acli di Varese hanno mai aderito e sostenuto il progetto

    La notizia circola in rete da Agosto ma sino a sequestro in corso , non
    ho ritenuto opportuno fare comunicati stampa , perche non volevo dare
    l’impressione che la nostra preoccupazione , di fronte al dramma
    terribile vissuto dalle ragazze e dalle famiglie, fosse la tutela
    dell’ immagine della nostra organizzazione.

    Adesso a vicenda conclusasi mi sembra doverso e corretto replicare e
    precisare sopratutto ad un sito importante per gli operatori della
    coperazione internazionale come il vostro.

    con cordialità

    Mauro Montalbetti
    presidente ipsia

  8. Da giovane cooperante che da pochi anni e con fatica si affaccia a questa delicata professione, credo che oltre alla preparazione indispensabile sia necessario affidare il proprio impegno ad organizzazioni radicate e con una profonda conoscenza del territorio, condizione assolutamente assente in questo caso. Giusto per essere sicuri di non creare più disagi che sostegno alla causa. Anche se gli incidenti inevitabilmente capitano i professionisti della cooperazione devono sapere come evitare quelli inutili. Un’ altra questione da ricordare é che il pagamento di riscatti é illegale. Detto questo sicuramente un giudizio sulla vicenda richiederebbe meno strilli e chiacchiere e più riflessione sulle contraddizioni di cui il mestiere di cooperante é intriso.

  9. Buonasera,
    A tutti i volontari: “If people do not wish to be helped leave them alone. This should be the first principle of aid” (Ernst Shumaker – Small is Beautiful)

    Ernesto Sirolli – shut up and listen – video on ted.com

  10. Premetto che sono solo un semplice avvocato e non sono competente in materia di cooperazione.
    Approfittando della Vostra esperienza e della Vostra professionalità, Vi chiedo quindi se caratteristiche imprescindibili della cooperazione e delle ONG non debbano essere la terzietà e l’imparzialità.
    A esempio, tra i famosi sette principi della benemerita Croce Rossa vi sono neutralità, imparzialità, universalità.
    Nel caso specifico, sono numerose le testimonianze di Greta e Vanessa a favore del Free Syrian Army, che combatte il Presidente Assad.
    Per quanto riguarda Roberto Andervill, risulta che il predetto volontario di IPSIA Varese sia sostenitore anche del Comitato Varesino per la Palestina e vicino a BDS Italia, alias Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni, ovviamente contro lo Stato d’Israele.
    Inoltre lo stesso Andervill ha definito gli Israeliani come i nuovi nazisti (potete cercare conferma sul web).
    Chiedo quindi a Voi e in particolare al Presidente di ISPIA Acli se l’essere militanti e schierati in modo così palese sia compatibile con l’operato, che si presume imparziale e universale, di una ONG.
    Grazie in anticipo per la Vostra disponibilità a spiegarmi argomenti di cui sono purtroppo ignorante.

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