Dopo aver fatto le pulci al meccanismo del 5 per mille, ora la Corte dei Conti mette nel mirino il sistema, introdotto nel 1985, che prevede la destinazione di una quota di gettito fiscale alla Chiesa cattolica, ad altre dieci confessioni religiose (valdesi, comunità ebraiche, evangelici luterani e battisti, ortodossi, buddhisti, induista e avventisti, chiese cristiane avventiste del settimo giorno e pentecostali) e allo Stato. L’8 per mille, scrivono i magistrati contabili, vale 1,2 miliardi l’anno ma non rispetta “i principi di proporzionalità, volontarietà e uguaglianza”. In primis si punta il dito sul modo di ripartizione dei fondi, che porta a un paradosso: “I beneficiari ricevono più dalla quota non espressa che da quella optata. Su ciò non vi è un’adeguata informazione, benché coloro che non scelgono siano la maggioranza e si possa ragionevolmente essere indotti a ritenere che solo con un’opzione esplicita i fondi vengano assegnati”. In pratica, si critica il meccanismo per cui tutti i fondi vengono assegnati, in maniera proporzionale alle scelte espresse, ma distribuendo anche i contributi di coloro che non hanno espresso preferenze, magari per volontà consapevole o perché credono che così facendo la quota resti nella disponibilità dell’Erario.
Una distorsione enorme, visto che negli anni ha espresso la sua scelta sempre meno della metà dei contribuenti. Basta pensare che nel 2011 alla Chiesa Cattolica è andato il 37,9% delle scelte espresse, ma la quota effettivamente distribuibile lievita all’82,2%. Per lo Stato, dal 6,1% si passa al 13,3%.
I contributi alle confessioni risultano ingenti, “tali da non avere riscontro in altre realtà europee”. Si parla di 1,2 miliardi all’anno, che come si legge nella relazione sono sottratti dalla gestione del Parlamento “affidandone la destinazione ai contribuenti”. Inoltre, ricordano i magistrati, non sono l’unica forma di erogazione: tra gli altri strumenti, la Corte elenca i contributi a scuole e oratori, la retribuzione degli insegnanti di religione, i contributi per l’edilizia, il 5 per mille per gli organismi di tendenza e via dicendo.
Per di più sono gli unici fondi che, nell’attuale contingenza di fortissima riduzione della spesa pubblica in ogni campo, si sono notevolmente e costantemente incrementati. “Nonostante ciò”, dice la Corte, “la possibilità di accesso all’8 per mille per molte confessioni è oggi esclusa per l’assenza di intese, essendosi affermato un pluralismo confessionale imperfetto”.
La trasparenza ancora latita: “Sul sito web della Presidenza del Consiglio dei Ministri, infatti, non vengono riportate le attribuzioni alle confessioni, né la destinazione che queste danno alle somme ricevute”. Come già sottolineato nei giorni scorsi, “lo Stato mostra disinteresse per la quota di propria competenza, cosa che ha determinato la drastica riduzione dei contribuenti a suo favore, dando l’impressione che l’istituto sia finalizzato solo a fare da apparente contrappeso al sistema di finanziamento diretto delle confessioni”. Secondo lo spaccato della Corte, l’anno scorso la Chiesa cattolica ha speso oltre 3 milioni e mezzo in spazi pubblicitari Rai, contro i 30mila di quella valdese.
I giudici puntano il dito sulle campagne pubblicitarie messe in atto dalla Chiesa cattolica, che, tra cartelloni e spot pubblicitari, ha ingenerato nell’opinione pubblica l’idea che la gran parte degli 8 per mille ricevuti vengano utilizzati per opere di carità nei paesi in via di sviluppo. Nulla di più falso: il 43% viene impiegato per la manutenzione delle opere di culto, il 35% per pagare gli stipendi dei sacerdoti e dei prelati e solamente il rimanente 22% va a finire in opere caritative, di cui appena l’8% al di fuori dell’Italia.
Ancora, i magistrati dicono che a questa situazione hanno contribuito: “a) la totale assenza – negli oltre 20 anni di vigenza dell’istituto – di promozione delle iniziative, risultando lo Stato l’unico competitore che non sensibilizza l’opinione pubblica sulle proprie attività; non si è proceduto in tal senso nemmeno per il 2014, nonostante la novità consistente nella possibilità di destinare risorse per l’edilizia scolastica, tema molto sentito dai cittadini; b) la drastica riduzione delle somme a disposizione, dirottate su altre finalità, a volte antitetiche alla volontà dei contribuenti. La decurtazione è contraria ai principi di lealtà e di buona fede. Peraltro, sono penalizzati solo coloro che scelgono lo Stato e non gli optanti per le confessioni, le cui determinazioni non sono toccate, cosa incompatibile con il principio di uguaglianza; c) l’aver veicolato verso enti religiosi molte risorse; d) la scarsa coerenza delle scelte per l’erogazione ‘a pioggia’ ad enti, spesso privati”.
Le reazioni non si sono fatte attendere. Per prima arriva quella del moderatore della Tavola valdese, Eugenio Bernardini che valuta molto positivamente l’iniziativa di controllo della Corte, la prima in quasi trent’anni di esistenza di questo meccanismo. La Chiesa valdese, afferma, “è pronta a dare il suo contributo per un confronto sulle criticità del sistema rilevate dalla Corte dei Conti, impegnandosi sin d’ora a difendere quel principio di laicità e di utilità sociale al quale ha improntato la sua gestione dell’otto per mille”.
Scarica la relazione della Corte dei Conti