Nel 2013 la Chiesa Valdese ha supportato con i fondi derivanti dall’otto per mille, 355 iniziative di cooperazione internazionale e quest’anno più di 450 con una crescita dell’impegno economico da 8 a 10 milioni. Si tratta di uno dei più grandi finanziatori della cooperazione e solidarietà internazionale in Italia. Giusto per fare un paragone e capirne la rilevanza, proprio alcuni giorni fa è stato reso noto il budget che il Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale destinerà ai progetti delle ONG per la cooperazione allo sviluppo nel 2015 e si tratta al massimo di 10 milioni. Ai progetti all’estero si aggiungono quelli finanziati in Italia, si tratta nel 2014 di 697 iniziative a carattere sociale e culturale per un totale di oltre 19 milioni di euro. Entro il prossimo 30 novembre le associazioni e ONG italiane sono chiamate a sottoporre le proposte di progetto per l’anno 2015. Per capire meglio lo spirito della Chiesa Valdese e le sue priorità abbiamo intervistato il suo Moderatore Eugenio Bernardini che ci racconta il come e il perché dell’otto per mille valdese.
Come nasce la decisione di impiegare una buona parte dei fondi derivanti dall’8×1000 per progetti di solidarietà internazionale?
Noi siamo una chiesa cristiana, di tradizione protestante, e il vangelo è il nostro riferimento. I valori della condivisione e la non discriminazione sono alla base della nostra fede e conseguentemente della nostra azione. Ecco perché lo straniero è nostro fratello e con lui dividiamo oggi la metà delle risorse che gli italiani hanno voluto affidarci. Anche in questo momento di crisi che l’Italia sta vivendo non possiamo dimenticare che ci sono tante persone che vivono in condizioni ben più difficili delle nostre.
Qual è la visione della Chiesa Valdese sulla cooperazione allo sviluppo e la lotta contro la povertà? Quali sono i vostri valori di riferimento?
Non voglio addentrarmi in discussioni sullo sviluppo, la giustizia sociale e sull’efficacia della cooperazione. Per quanto ci riguarda cerchiamo di intervenire come possiamo nelle emergenze, nel favorire lo sviluppo sostenibile e l’autonomia della crescita economica e culturale delle popolazioni locali. Ciò significa che apprezziamo quelle associazioni e ong che si avvalgono di partner locali, che favoriscono la formazione, che contengono i costi di gestione e limitano i viaggi all’estero all’essenziale. Insomma, la nostra solidarietà è attenta all’efficacia e ai costi di ogni singolo intervento. Siamo consapevoli che spesso il nostro aiuto è solo una piccola goccia in un mare di bisogni, ma del “nostro prossimo” in un campo profughi, in un orfanotrofio o in villaggio senz’acqua ci prendiamo cura con passione e responsabilità.
Con i vostri contributi sostenete la progettazione di associazioni, ONG e organizzazioni di ogni tipologia e dimensione. Avete instaurato collaborazioni con alcune di queste organizzazioni? Siete interessanti a dinamiche di partenariato in Italia e all’estero che vadano anche oltre il semplice finanziamento di progetti?
Come giustamente osservato, finanziamo i progetti che riteniamo più validi, sia di dgrandi sia di piccole strutture di volontariato o di ong. Cercando di non favorire il gigantismo inutile e costoso da un lato e dall’altro la solidarietà fine a se stessa. Siamo però contenti di notare che tante piccole iniziative nate magari nelle periferie delle città o in piccoli comuni sono cresciute grazie anche ai fondi che abbiamo messo a disposizione. Noi, come dice lo slogan della nostra ultima campagna pubblicitaria, vogliamo “mettere in moto energie alternative”. Grandi o piccole che siano. Per quel che riguarda il partenariato, la risposta è semplice: già lavoriamo stabilmente con molte organizzazioni. Alcune sono associazioni umanitarie espressione del protestantesimo europeo, che vantano esperienza e radicamento territoriale. Altre sono strutture italiane che di volta in volta ci presentano lo stesso progetto per più anni. In qualche caso abbiamo anche sollecitato interventi. Su questa materia le regole che abbiamo sono chiare: nessuno, nemmeno le opere della chiesa valdese, può contare stabilmente, con una sorta di esclusiva, dei fondi Otto per Mille. Tutti possono presentare progetti e tutti sono vagliati singolarmente e sono soggetti ad approvazione. Riteniamo questo un principio di trasparenza necessario anche per evitare la dipendenza dai nostri fondi. Peraltro, l’optimum per noi è il cofinanziamento delle iniziative. In questo modo i progetti possono avere budget più sostanziosi, possono essere più strutturati, avvalersi di migliori competenze. Ma possiamo anche suddividere i rischi della realizzazione ed estendere la rete della solidarietà. Questo è un campo che si può sviluppare ulteriormente e proficuamente per progetti complessi e ad alto impatto sociale ed economico.
Tra gli operatori del settore c’è chi sostiene che i finanziamenti a pioggia su diverse tematiche e tantissimi paesi siano difficilmente valutabili in termini d’impatto. Avete valutato l’opportunità di individuare priorità tematiche più specifiche per interventi in aree geografiche circoscritte?
Come ho già detto noi siamo una chiesa e non un’agenzia per lo sviluppo. Seguiamo questo complesso lavoro dell’Otto per Mille con professionalità ma anche e soprattutto con partecipazione cristiana e l’idea che ci ha accompagnato sin dall’inizio è quella di far “parlare” direttamente i bisogni, senza porre troppi filtri alle richieste e offrire uno strumento non solo a tutti coloro che hanno una lunga esperienza nel settore della cooperazione, ma anche a quei soggetti volonterosi e magari poco strutturati che però hanno una grande voglia di gare.
Certo le valutazioni sull’impatto e il timore dei finanziamenti a pioggia sono oggetto anche delle nostre riflessioni strategiche interne, ma non vogliamo che le esigenze di rispondere a determinati parametri possano in qualche modo alterare la logica che c’è dietro l’amministrazione di queste risorse o portare magari all’elaborazione di progetti ad hoc per ottenere il finanziamento, ma non legati al contesto sociale e culturale. Forse in futuro ci potranno essere dei bandi tematici, almeno per alcuni settori. Ci stiamo ragionando, per permettere a noi di valutare più semplicemente richieste che vanno ad impattare sugli stessi territori o su tematiche simili, ma si tratterà di suddivisioni molto semplici e flessibili.
A breve scadrà il termine per la presentazione delle proposte progettuali per i contributi del 2015. Ogni anno ricevete un numero altissimo di proposte da esaminare e valutare. Ci può dire di più sul processo di valutazione? Da chi sono esaminati i progetti? Quali elementi valutate positivamente e quali penalizzano una proposta?
I requisiti formali degli enti proponenti i progetti sono accertati dall’Ufficio e questo determina già una prima selezione. Si procede poi alla stesura di una scheda di approfondimento sulla storia dell’ente e del progetto che accompagna ogni proposta presentata. A questo punto i progetti sono suddivisi e inviati ai valutatori dislocati in diverse città. Si tratta di otto membri delle nostre chiese, esperti in vari settori e scelti per competenza, esperienza ed equilibrio, che per alcuni mesi dedicano gratuitamente il loro tempo all’approfondimento di ogni progetto e valutano gli enti proponenti. Riferiscono poi le loro conclusioni alla commissione, presieduta dal Moderatore, che si riunisce in seduta plenaria. Nel corso di queste riunioni i progetti sono analizzati uno per uno e discussi collettivamente. Molti progetti purtroppo sono mal formulati, fanno trasparire trascuratezza e scarsa incisività. Tanti sono gli elementi che possono portare ad una non approvazione: la complessità della macchina organizzativa e i costi di gestione devono essere proporzionali al progetto che si intende realizzare. L’intervento deve essere diretto e concreto e le risorse devono essere impiegate sul territorio e a beneficio di chi effettivamente ha bisogno. C’è poi la propensione al servizio, che non è un elemento che appartiene di default a tutti coloro che lavorano in questo settore. Al contrario, è accolto con favore un progetto costruito fra più soggetti, che vede la partecipazione di diversi donatori, che mette insieme pubblico e privato, che si avvale di volontari e persone preparate, che è espressione di una comunità. La nostra idea è che i fondi Otto per Mille debbano contribuire a creare un alto valore aggiunto sociale.
Il processo di valutazione dura quasi un anno a causa dei numeri importanti e crescenti delle proposte che ricevete. Questo però fa “invecchiare le proposte” e si rischia di finanziare progetti che poi subiranno modifiche significative. Avete valutato l’ipotesi di mettere un limite numerico alle proposte presentabili da ogni organizzazione?
E’ vero tra il bando e la prima erogazione dei fondi ai progetti finanziabili passa quasi un anno: questo è il ciclo di lavorazione. Stiamo lavorando per ridurre un po’ i tempi, ma ovviamente l’intero processo richiederà comunque sette o otto mesi, considerata la nostra organizzazione e il modo con cui vengono prese le decisioni. Stiamo anche ragionando se mettere un limite alle domande che ogni organizzazione potrà presentare: in ogni caso la moderazione nel numero delle proposte presentate è un elemento di cui, in alcuni casi, si tiene conto nella valutazione complessiva dell’ente.
Per i progetti di emergenza, tuttavia, la procedura è più rapida proprio perché c’è bisogno di una risposta immediata. Mentre sui progetti ordinari si tiene ovviamente conto di tutti i cambiamenti del contesto in cui si va ad operare che possono avvenire nel corso dei mesi di attesa del risultato.
Avete una modalità per monitorare e valutare i progetti che sostenete ogni anno?
Noi abbiamo un rigido controllo amministrativo e contabile su tutti i progetti. Le somme che mettiamo a disposizione sono erogate in tranche e legate agli stati di avanzamento dei progetti. L’Ufficio Otto per Mille ha inoltre contatti diretti continui con gli enti beneficiari. In presenza di anomalie interrompiamo le erogazioni. Questo sottopone l’Ufficio ad una mole di lavoro molto importante, ma svolto con estrema attenzione e precisione. Misurare l’impatto del progetto sul territorio è, per definizione, più complesso. Abbiamo avuto dei collaboratori che hanno monitorato le attività in Africa e in alcuni Paesi dell’America Latina e i risultati sono stati positivi, anche in presenza di qualche criticità.
Non sfugge a nessuno la difficoltà fisica, culturale, metodologica e il costo di questi controlli. Altra soluzione adottata, che fino ad ora ci soddisfa, è quella di far ricadere i controlli nell’ambito dei rapporti operativi che abbiamo stabilito con alcune grandi organizzazioni umanitarie del mondo protestante, di cui noi siamo parte integrante. Per il futuro prevediamo un incremento dei controlli, anche con nuove missioni ad hoc.
L’opinione pubblica sembra gradire la vostra modalità trasparente e “laica” di utilizzare i fondi dell’8×1000 dell’Irpef, almeno a giudicare dall’incremento importante del numero di firme. Perché un cittadino dovrebbe scegliere di destinare il suo 8×1000 alla Chiesa Valdese?
La trasparenza e la laicità sono merce rara nel nostro paese e forse per questo stupiscono. O meglio hanno stupito 613.000 cittadini che hanno messo la firma per dare il loro Otto per Mille all’Unione delle Chiese Valdesi e Metodiste. Noi li ringraziamo tutti e siamo convinti che insieme possiamo dare speranze e costruire un mondo più giusto e accogliente.
Modulistica per la presentazione dei progetti
L’intervista è utile e interessante, e i chiarimenti del Moderatore Bernardini sono esaustivi.
Ripeto però una domanda già posta, sperando che ci sia modo di ottenere una risposta: lo scorso anno sono stati finanziati progetti per oltre 37 milioni tra Italia ed estero. I progetti approvati quest’anno valgono circa 30 milioni. Restano fondi disponibili? ci sarà un altro bando? dove si possono trovare maggiori informazioni al riguardo? Grazie.