Un rappresentante del Ministero dell’Economia in ogni Società, Fondazione, Cooperativa o Associazione che riceva più di 100 mila euro di contributi pubblici in forma diretta o indiretta. È questo il dettame che sta suscitando sconcerto contenuto nell’articolo 112 del disegno di legge di Bilancio presentato dal governo alla Camera per l’esame parlamentare. Un rappresentate del governo dovrà entrare nel collegio dei sindaci di questi enti privati, al fine di rafforzare i controlli sulle aziende beneficiarie di soldi pubblici. L’obbligo di integrare il «collegio di revisione o sindacale» riguarda, si legge ancora, «società, enti, organismi e fondazioni che ricevono, anche in modo indiretto e sotto qualsiasi forma, contributi a carico dello Stato, di entità significativa», definita in via transitoria in almeno 100mila euro annui e che poi sarà determinato, entro il prossimo marzo, con un decreto del presidente del Consiglio.
Il rappresentante del ministero dell’Economia, che dovrà entrare alla prima scadenza del collegio sindacale, non si aggiungerà ai membri dello stesso, ma ne sostituirà uno e la sua remunerazione sarà a carico dell’ente o società (la sostituzione anziché l’aggiunta è finalizzata proprio a non aggravare i costi). Il suo compito sarà quello di monitorare la spesa e riferire alla Ragioneria generale dello Stato.
La soglia dei 100 mila euro di aiuti pubblici, che fa scattare l’ingresso del Mef nel collegio sindacale, fa riferimento, dice l’articolo 112 della manovra, «a contributi a carico dello Stato» ricevuti «anche in modo indiretto e sotto qualsiasi forma». Una definizione molto ampia, quindi, che va oltre le sovvenzioni dirette e potrebbe riguardare qualche decina di migliaia di società ed enti non profit.
Una norma che sembra voler commissariare gli organi di controllo e mettere in discussione il ruolo dei professionisti che li compongono. È una norma che “desta sgomento e preoccupazione”, affermano i rappresentanti di categoria di sindaci e revisori, che rimarcano come i profili di critica del dettato normativo siano molteplici: dalla libertà di nomina dei componenti dell’organo di controllo da parte dell’assemblea dei soci; al contrasto normativo con il Codice Civile e potenziale scavalcamento dei requisiti professionali previsti; all’introduzione di un potenziale e confuso doppio binario nei doveri degli organi di controllo. Le attività previste dall’art. 112 non potranno sottrarre il Sindaco “ministeriale” da tutti gli altri doveri del Collegio Sindacale o del Revisore di un’azienda o una organizzazione.
Nello specifico degli enti di terzo settore, che hanno come istituzione di controllo il Ministero del Lavoro con il neonato RUNTS, questa norma rappresenta un attacco al principio di sussidiarietà stabilito dalla Costituzione Italiana (art. 118). Secondo AVSI, tra le prime a sollevarne le criticità, questa norma si configura come una misura anacronistica e illiberale di controllo e ingerenza dello Stato nel settore privato e lede il principio di libera espressione della società civile in quanto viola la libertà di nomina dei componenti dell’organo di controllo da parte dell’assemblea dei soci.
Un’imposizione del genere sembra poi non tener conto degli innumerevoli sistemi di controllo e monitoraggio delle risorse pubbliche già esistenti che obbligano le organizzazioni a rendicontare ogni contributo pubblico ricevuto secondo precise regole e sono spesso soggetti ad audit finanziari.
La società civile e il mondo dell’impresa hanno già intrapreso una serie di azioni appellandosi a tutti i parlamentari e chiedendo che questo articolo sia integralmente soppresso nel dibattito in aula.
Una prima rassicurazione è arrivata in serata da una dichiarazione di Maria Teresa Bellucci, viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del Governo Meloni, resa a Vita, nella quale ha voluto ribadire il suo impegno a favore del Terzo Settore durante l’iter parlamentare della Legge di Bilancio per intervenire sull’articolo 112 che rischia di mettere in difficoltà molti enti. “Ci tengo a ribadire che il nostro obiettivo è quello di semplificare la vita degli enti e lo abbiamo già dimostrato con la legge 104 del 2024, contenente il primo significativo pacchetto di semplificazioni che lo stesso mondo del Terzo settore chiedeva da tempo. Il ministro Giorgetti si è dichiarato apertissimo a qualsiasi proposta, mantenendo il principio del buon uso dei denari pubblici. Come viceministro con specifica delega alle Politiche Sociali, continuerò a impegnarmi per sostenere il valore della solidarietà” ha dichiarato la viceministra.
Ma non si tratta solo del controllo “ministeriale” dei collegi, l’articolo 112 prevede anche un altro intervento altrettanto preoccupante che potrebbe limitare la capacità operativa delle organizzazioni. La norma, infatti, introduce, per gli enti che ricevono contributi pubblici superiori a 100mia euro annui, un tetto di spesa per l’acquisto di beni e servizi, basato sui valori medi sostenuti nel triennio 2021 – 2023. Si tratta di una misura di contenimento della spesa già sperimentata per le amministrazioni pubbliche e che, se estesa senza criterio, si presta a diverse criticità.
Si riporta per esteso l’art. 112 del disegno di legge di bilancio 2025.
ART. 112. (Misure di potenziamento dei controlli di finanza pubblica)
- Ferme restando le disposizioni dettate dall’articolo 16 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, al fine di potenziare le funzioni di controllo e di monitoraggio della finanza pubblica, è assicurata la presenza di un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze nei collegi di revisione o sindacali di società, enti, organismi e fondazioni che ricevono, anche in modo indiretto e sotto qualsiasi forma, contributi a carico dello Stato, di entità significativa. Il livello di significatività del contributo è stabilito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. In sede di prima applicazione il predetto livello di significatività è stabilito nell’importo di 100.000 euro annui. Le disposizioni del presente comma non si applicano alle società di cui agli articoli 11-quater e 11-quinquies del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118.
- L’obbligo di integrazione della composizione del collegio di revisione o sindacale con il rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze decorre dalla prima scadenza del collegio successiva all’esercizio in cui si verificano le condizioni stabilite ai sensi del comma 1 e cessa dalla prima scadenza del collegio successiva al venir meno delle medesime condizioni. Rimane fermo il numero dei componenti del collegio dei revisori o sindacale come definito dagli ordinamenti che disciplinano le società, gli enti, gli organismi e le fondazioni di cui al comma 1. Per le finalità di cui al primo periodo gli enti, gli organismi e le fondazioni di cui al comma 1 adottano, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le conseguenti modifiche statutarie, regolamentari e organizzative.
- I rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze nei collegi dei revisori dei conti e sindacali delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché delle società, gli enti, gli organismi e le fondazioni di cui al comma 1, nell’espletamento dei compiti demandati dalla normativa vigente, assicurano le necessarie attività di monitoraggio della spesa e di resoconto al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato delle risultanze delle verifiche effettuate, in conformità alle direttive individuate dal Ministero dell’economia e delle finanze fornite al fine di garantire il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti in accordo con l’ordinamento dell’Unione europea.
- A decorrere dal 1° gennaio 2025, l’applicazione delle misure di contenimento della spesa di cui ai commi 591, 592, 593, 597, 598 e 599 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, è estesa alle società, enti, organismi e fondazioni di cui al comma 1. Conseguentemente, detti soggetti a decorrere dall’anno 2025 non possono effettuare spese per l’acquisto di beni e servizi per un importo superiore al valore medio sostenuto per le medesime finalità negli esercizi finanziari 2021, 2022 e 2023, come risultante dai relativi rendiconti o bilanci deliberati.