A un anno dall’apertura dell’esposizione universale se dici Expo pensi alle infiltrazioni criminali, ai ritardi del cantiere e alle tangenti. Così è in particolare dopo l’8 maggio scorso, data dell’arresto per presunte tangenti dei faccendieri, Frigerio e Greganti, dell’ex onorevole del Pdl Luigi Grillo e di Angelo Paris, promettente direttore generale e responsabile dei contratti di Expo, praticamente il numero due della società pubblica che deve preparare l’evento. Ma questo sembra essere soltanto l’antipasto, l’esposizione universale del 2015 si sta rivelando una delle più grandi deroghe che lo Stato abbia mai concesso a se stesso, è certo che il lavoro per le procure italiane è solo all’inizio. Secondo una recente inchiesta mezzo miliardo di euro di denaro pubblico sarebbe stato sottratto alle norme e ai controlli in nome dell’emergenza. “Ben 82 disposizioni del Codice degli appalti sono state abrogate con quattro ordinanze della Presidenza del consiglio” – denuncia Sergio Santoro, responsabile dell’Autorità garante per la vigilanza dei contratti pubblici. Sempre in nome dell’emergenza le cronache degli ultimi giorni parlano di 72 appalti assegnati senza previa pubblicazione del bando. Tra questi un mezzo milione a Publitalia per la fornitura di spazi pubblicitari, 78mila euro per 13 quadricicli alla Ducati energia, 881mila euro a Fiera Milano congressi per l’organizzazione di un meeting internazionale.
Anche lasciando da parte il discorso della realizzazione delle opere i fronti critici non mancano.
Più di una settimana fa è partita la grande campagna di reclutamento dei Volontari per l’Expo, la società di gestione ne cerca 10 mila, 7 mila dei quali saranno impegnati fino a 14 giorni. Si tratta del 90% della forza lavoro impiegata direttamente nel grande evento, solo 835 persone, tra stagisti, apprendisti e contrattisti a termine, verranno assunte con contratti a tempo da 7 o 12 mesi. Il programma prevede un doppio binario: un’esperienza breve per chi vuole dedicare all’evento 5 ore e mezza del suo tempo per due settimane. Ci sono poi i volontari di lungo periodo che potranno partecipare a progetti di servizio civile e di Dote Comune Expo per il semestre di Expo per 5 giorni a settimana. Infine i «volontari per un giorno» che sono volontari aziendali e dedicheranno ad Expo 5 ore al giorno. Gli studenti del Progetto scuola faranno da guide ai coetanei nei padiglioni. La selezione verrà gestita dai Centri di servizio per il volontariato (Csv) e dai sindacati che formeranno i volontari selezionati.
Inutile dire quanto questo scenario al limite tra volontariato e sfruttamento strida un po’ con le cifre milionarie degli investimenti infrastrutturali, delle tangenti e degli appalti senza gara nonostante il beneplacito di sindacati e mondo del volontariato.
C’è poi l’ambito tematico dell’esposizione, la sfida della sicurezza alimentare e del diritto al cibo, che a quanto pare interessa solo una stretta cerchia di intellettuali. Su questo fronte sembra che l’elaborazione delle politiche globali per garantire accesso al cibo siano affidate al così detto Protocollo di Milano proposto dalla Barilla attraverso il suo Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN).
“Vogliamo creare un movimento della società civile per incoraggiare i leader politici ad affrontare le sfide dell’alimentazione, con un unico riferimento: il Protocollo di Milano sull’Alimentazione e la Nutrizione. L’Expo Milano 2015, dal tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, sarà l’occasione per dare voce questo bisogno di cambiamento” così recita la mission del Protollo.
Sarà la Barilla, azienda multinazionale italiana del settore alimentare, a raggruppare la società civile e guidare l’elaborazione del protocollo, nel sito si possono già trovare i sostenitori del progetto, tra gli altri Legambiente, WWF e Cesvi. Diversi anche gli endorsement istituzionali ottenuti dall’iniziativa dalla sua presentazione ad oggi. Gli ultimi in ordine di tempo all’evento “Un patto globale per il cibo” organizzato dall’ISPI la settimana scorsa a Milano al quale hanno preso parte i ministri Martina e Mogherini, il sindaco Pisapia, il direttore generale della Fao Da Silva, l’AD di Expo 2015 Giuseppe Sala. In quell’occasione a rappresentare la società civle erano appunto Guido Barilla, Wolfgang Jamann, presidente di Alliance 2015 e Carlin Petrini, fondatore di Slow Food.
Lo stesso Petrini contribuisce a questa leadership che progressivamente viene riconosciuta a Barilla nel percorso di elaborazione politica sui temi dell’Expo da quando, nel marzo scorso, è entrato a far parte del board della Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition. Il suo applauditissimo intervento all’ISPI però è particolarmente critico a partire dai presupposti. “Il sistema alimentare attuale non funziona” e di questo chiede a tutti di prendere atto. Il tema è la fame da azzerare e non il paradosso fame-obesità che invece è l’assunto del protocollo di Barilla.
Petrini si chiede se “Riusciremo a dare un’anima a questo Expo, un Expo che oggi è senza anima!” e che ci costringe a pagare un “prezzo morale (illegalità) oltre che paesaggistico (utilizzo di suolo agricolo)”. Il fondatore di Slow Food chiede che venga messa al centro la difesa della biodiversità sia da un punto di vista ambientale che sociale con il coinvolgimento dei produttori agricoli e dei loro movimenti (“l’Expo non può essere solo il palcoscenico dell’industria alimentare”) e delle realtà associative che rappresentano le diverse esperienze e modelli di agricoltura a livello mondiale.
E’ chiaro a tutti infatti che se una parte del mondo è sfamata da industrie come la Barilla che producono ottima pasta e deliziose merendine, questo non si può dire per la maggior parte della popolazione del Pianeta che conta quotidianamente sull’agricoltura contadina e familiare.
(Ascolta l’intervento di Carlo Petrini dal minuto 1:17:20 del video in basso)
Ci resta meno di un anno di tempo per diventare #Expottimisti e servono ben altro che le campagne pubblicitarie e l’evangelismo di Expo sulla rete, guidato da blogger prezzolati e web influencer. Certo è più facile esserlo per chi guarda a un ritorno economico dall’evento o alle promesse su occupazione, turismo e ripresa dalla crisi.
Per il terzo settore e il mondo della cooperazione in particolare, l’Expo non è mai stato visto come un’opportunità di business ma è stato accolto con favore perché poteva essere una tappa importante per rinnovare l’agenda mondiale sulla sicurezza alimentare e lasciare, come dice Petrini, “qualcosa di buono all’umanità”.
Mentre le procure e le autority vigilano sulla regolarità di appalti e opere, la società civile dovrebbe vigilare su quest’obiettivo, esercitando quel ruolo altrettanto importante che gli anglosassoni chiamano watch-dog, il cane da guardia.
Guarda il video dell’evento “Patto globale per il cibo”
Effettivamente visto con gli occhi del nostro settore l’Expo non sta facendo grandi passi avanti, daltronde credo che la Società sia orientata verso ben altri obiettivi che “lasciare qualcosa di buono all’umanità”. Di questo si dovrebbe occupare di più le istituzioni…se hanno davvero capito che l’esposizione può essere un palcoscenico ottimale per influenzare l’agenda globale dello sviluppo e alzare il potenziale dell’Italia in questo scenario.
Gli #expottimisti sono quelli che ci guadagneranno…quindi non certo il terzo settore. Il fatto che l’expo veda la società civile come partecipante non ufficiale non deve appiattire il nostro ruolo. Dobbiamo chiedere di più!