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Italia in prima linea per una missione di pace a Gaza

Tutti sappiamo quando la guerra è iniziata, quel disastroso 7 ottobre rappresenta un punto di non ritorno per la fragile convivenza di due popoli che non hanno mai trovato pace. Al contrario, nessuno sa quando la guerra finirà. Un’escalation del conflitto per ora sembra scongiurata, ma Israele non sembra intenzionata a fermare l’assedio a Gaza finché l’ultimo dei capi di Hamas non sarà eliminato, e da parte sua Hamas farà resistenza armata a oltranza.

Nelle ultime settimane le diplomazie sono a lavoro per arrivare a un cessate il fuoco temporaneo basato sullo scambio di prigionieri, un lasso di tempo che consentirebbe l’accesso di aiuti umanitari e l’evacuazione dei civili nel sud della Striscia. Parallelamente cominciano a delinearsi su più livelli i tentativi di dialogo per immaginare lo scenario post Hamas di Gaza che non puo’ che partire da un’operazione di peacekeeping. La scorsa settimana, il primo ministro Israeliano Benjamin Netanyahu aveva dichiarato ad Abc che “Israele manterrà la responsabilità della sicurezza nella Striscia per un tempo indefinito”. Il presidente USA Biden e l’Alto Rappresentante dell’UE per gli Affari Esteri Borrell hanno tuttavia espresso la propria disapprovazione per le intenzioni di Israele sulla Striscia, temendo che si possa replicare il costante regime di ostilità che tutt’oggi dilaga in Cisgiordania, minando ulteriormente la stabilità della regione.

Generalmente, la comunità internazionale sostiene la soluzione “due popoli, due stati” come la più equa e realizzabile. Tuttavia, tale disegno non potrà essere attuato senza una missione di pace nella regione, finalizzata inoltre alla ricostruzione della Striscia dopo i massicci bombardamenti di Israele e all’instaurazione di una leadership Palestinese preparata, credibile e riconosciuta, possibilmente puntando sul rafforzamento dell’Autorità Nazionale Palestinese (visione espressa dal Segretario di Stato americano Blinken e dall’Alto Rappresentante UE Borrell). Tale soluzione, seppur con differenze nella gestione effettiva, è suggerita dalla Conferenza di Parigi convocata dal presidente Macron (che ha ottenuto lo stanziamento di 1.2 miliardi di dollari per l’immediato aiuto umanitario a Gaza) e dal G7, i cui ministri degli Esteri si sono riuniti la scorsa settimana a Tokyo. La ministeriale ha rilasciato una dichiarazione congiunta in cui si afferma che “una soluzione a due Stati, che prevede che Israele e uno Stato palestinese vivano fianco a fianco in pace, sicurezza e riconoscimento reciproco, rimane l’unica via verso una pace giusta, duratura e sicura”.

Negli Stati Uniti si dibatte in Senato riguardo un possibile invio di forze multinazionali e internazionali a Gaza, sebbene Washington abbia ribadito che un invio di truppe americane è al momento fuori discussione. L’Alto Rappresentante dell’UE Borrell ha dichiarato che si cerca di costruire una visione del dopoguerra a partire da punti fermi, tra i quali i “no” ad una rioccupazione della Striscia da parte di Israele e ad uno spostamento forzato della popolazione palestinese, a cui si contrappongono dei “sì” in riferimento agli attori interessati, con ruoli di primo piano preposti per l’ANP, i paesi arabi del Medio-oriente (come Arabia Saudita, Qatar e Giordania), gli USA e l’UE.

Per il processo di transizione in una Striscia post-Hamas, l’Italia sta cercando di ricavarsi un ruolo chiave. Il ministro degli Esteri Tajani ha riferito alle commissioni Esteri di Camera e Senato che “in ambito Ue e G7, l’Italia è in prima linea nel sostenere la presenza di una missione delle Nazioni Unite sul terreno, sul modello Unifil in Libano o Unmik in Kosovo”. Si lavora ad un “amministrazione internazionale transitoria” che coinvolga forze ONU, prepari il ritorno e rafforzamento dell’ANP, e favorisca la ripresa di un negoziato politico con Israele. Nel frattempo, è salpata verso Gaza la nave Vulcano della Marina Militare, con un ospedale e sala operatoria a bordo che si occuperà di accogliere e medicare i feriti della Striscia. Il ministro della Difesa Crosetto ha definito l’operazione come “un segnale concreto di vicinanza al popolo palestinese”.

Maggioranza di governo e opposizione concordano sul bisogno di coinvolgere i Caschi Blu e pacificatori dell’ONU che preparino la strada per l’attuazione della soluzione a due stati. Il governo ha confermato l’invio a Gerusalemme di due nuclei specializzati di carabinieri, che agiscono nei teatri di instabilità col compito di addestrare le polizie locali e capacità di dialogo e cooperazione tra le parti. Queste sezioni saranno inserite nel US Coordination Center e saranno deputate all’addestramento della polizia palestinese. Come affermato dal ministro Crosetto, “la stima che ci siamo guadagnati nelle missioni di pace vogliamo sfruttarla anche in questo momento. […] Vogliamo essere i capofila di questo percorso di umanità e aiuto alla popolazione”.

Il precedente Italiano a cui Crosetto fa riferimento è la missione UNIFIL in Libano, con la quale i Caschi Blu hanno presenziato la zona di confine con Israele dal 1978, portando a sviluppi cruciali per la stabilità, e nella quale l’Italia è stata una delle maggiori contribuenti dalla spinta significativa del 2006. Anche in questo caso, le forze armate italiane hanno addestrato quelle libanesi, facendo di Roma un partner importante per Beirut. Il governo è convinto che l’Italia possa svolgere un ruolo chiave nella creazione di una forza internazionale ONU, sfruttando la credibilità guadagnata nel teatro libanese.

Tali prospettive si rivelano comunque intricate, date le crescenti frizioni tra le Nazioni Unite e il governo di Israele, che ha accusato il Segretario generale Guterres di aver giustificato il terrorismo e aver capovolto la realtà dei fatti. Inoltre, gli stati membri dell’UE hanno idee diverse su cosa possa e debba accadere nel dopoguerra, poiché qualcuno sostiene che chiedere all’ANP di riprendere il controllo su Gaza non sia un’idea desiderabile. Alcuni analisti suggeriscono che gli stati EU si stiano mostrando molto cauti nell’iniziare una discussione su una missione di pace a Gaza.

In questo contesto il governo italiano vuole prendere in mano la situazione e guadagnarsi un posto di rilievo che lo porrebbe come protagonista nel teatro medio-orientale e nei processi di stabilità e pacificazione.  (Articolo di Giovanni Colombo)


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  1. Il nostro coinvolgimento per la ricerca e gestione della Pace in quella parte di mondo disastrata è importante e significativo. Lo abbiamo dimostrato in tante occasioni. Il nostro saper fare in questi casi è accolto dalle popolazioni che hanno bisogno di tutto. In particolare dei bambini che hanno perso i loro cari e non possono rimanere soli nel caos posti bellico. Sono contento del nostro impegno anche in questa occasione e sono sicuro che faremo del nostro meglio che ci verrà riconosciuto a livelli internazionale. Forza Italia, la Palestina ci aspetta.

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