Il cambiamento climatico rappresenta una grave minaccia per i paesi di tutta l’Africa, ma soprattutto per gli stati fragili e colpiti da conflitti, è questo il messaggio unanime che è emerso alcune settimane fa dall’African Climate Action Summit che si è tenuto in Kenya.
Dalla Repubblica Centrafricana alla Somalia dal Sudan alla Libia, gli stati fragili soffrono maggiormente di inondazioni, siccità, tempeste e altri shock legati al clima rispetto ad altri paesi, nonostante abbiano contribuito meno al cambiamento climatico. Ogni anno, negli stati fragili, le persone colpite da catastrofi naturali sono tre volte più numerose che in altri Paesi. I disastri verificatisi negli stati fragili provocano lo spostamento di più del doppio della percentuale della popolazione di altri paesi.
Ne è un esempio evidente quanto accaduto a Libia poco più di una settimana fa, a Derna il bilancio delle vittime potrebbe raggiungere quota 20.000, secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni sono almeno 30.000 le persone state sfollate internamente nel paese dopo il passaggio della tempesta Daniel.
Le statistiche metereologiche mostrano che le temperature negli stati fragili sono già più elevate che in altri Paesi a causa della loro posizione geografica. Entro il 2040, gli stati fragili potrebbero trovarsi ad affrontare in media 61 giorni all’anno con temperature superiori a 35 gradi Celsius, ovvero quattro volte di più rispetto ad altri paesi. Il caldo estremo, insieme agli eventi meteorologici estremi più frequenti che ne derivano, metterà in pericolo la salute umana e danneggerà la produttività e l’occupazione in settori chiave come l’agricoltura e l’edilizia.
Un nuovo documento del FMI porta le prove del fatto che il cambiamento climatico infligge effettivamente costi macroeconomici più duraturi nei paesi fragili. Le perdite cumulative del prodotto interno lordo raggiungono circa il 4% negli Stati fragili tre anni dopo gli eventi meteorologici estremi a fronte di una perdita dell’1% in altri paesi. Si prevede che la siccità negli Stati fragili ridurrà di circa 0,2 punti percentuali la crescita del PIL pro capite ogni anno. Ciò significa che i redditi negli Stati fragili diminuiranno ulteriormente rispetto a quelli di altri Paesi.
L’effetto più dannoso degli eventi climatici negli stati fragili non è solo dovuto alla loro posizione geografica nelle parti più calde del pianeta, ma anche a causa dei conflitti, della dipendenza dall’agricoltura pluviale e della minore capacità di gestire i rischi. I conflitti minano la capacità degli Stati fragili di gestire i rischi climatici. In Somalia, ad esempio, le aree più gravemente colpite dall’insicurezza alimentare e dalla fame a causa della prolungata siccità nel 2021-22 erano sotto il controllo di gruppi terroristici che hanno ostacolato la fornitura di assistenza umanitaria.
Gli shock climatici peggiorano anche le fragilità sottostanti, come i conflitti e la fame, esacerbando ulteriormente l’effetto che hanno sull’economia e sul benessere delle persone. Le nostre stime indicano che in uno scenario ad alte emissioni, a parità di condizioni, le morti dovute ai conflitti in percentuale della popolazione potrebbero aumentare di quasi il 10% nei paesi fragili entro il 2060 e oltre 50 milioni di persone arriverebbero a soffrire la fame.
Le maggiori perdite dovute agli eventi climatici riflettono anche la dipendenza degli Stati fragili dall’agricoltura pluviale. L’agricoltura rappresenta quasi un quarto della produzione economica negli Stati fragili, ma solo il 3% delle aree coltivate è irrigato con canali, bacini idrici e simili. Le aziende agricole pluviali sono particolarmente vulnerabili alla siccità e alle inondazioni. Laddove esistono infrastrutture di irrigazione, spesso sono mal progettate, lasciate in rovina o danneggiate da conflitti.
Nel Mali centrale, ad esempio, le inondazioni lungo il fiume Niger sono in parte causate dalla fuga degli agricoltori dai combattimenti e dalla caduta in rovina dei canali di drenaggio. Il sistema di irrigazione Gezira del Sudan una volta copriva 8.000 chilometri quadrati di fertili terreni agricoli, ma si è ridotto a meno della metà di quell’area a causa della scarsa manutenzione.
Infine, le maggiori perdite dovute agli shock climatici sono dovute anche alla mancanza di mezzi finanziari. Con i finanziamenti necessari per l’adattamento climatico ben oltre ciò che i paesi fragili e colpiti da conflitti possono permettersi da soli, è urgente un sostegno considerevole e duraturo da parte dei partner internazionali per lo sviluppo – sia finanziamenti agevolati che sviluppo di capacità – per evitare il peggioramento della fame e dei conflitti che possono alimentare gli spostamenti forzati della popolazione e le migrazioni.
Scarica il rapporto Climate Challenges in Fragile and Conflict-Affected States