È arrivato il giorno dell’attesa Conferenza Internazionale su sviluppo e migrazioni, fortemente voluta dal governo italiano che si è tenuta ieri alla Farnesina. Combattere il traffico di esseri umani, gli sbarchi illegali e fermare le reti di trafficanti sono gli obiettivi che Giorgia Meloni vuole raggiungere lanciando il “Processo di Roma”, un dialogo tra pari che la premier vuole istaurare con i Paesi del nord Africa, del Vicino Oriente e del Golfo per arrivare a inizio novembre al lancio del Piano Mattei per l’Africa.
Le parole d’ordine sono cooperazione, partenariato, fondi per lo sviluppo e migrazione legale attraverso partnership economiche in sei settori: agricoltura, energia, infrastrutture, educazione-formazione, sanità, acqua-igiene.
L’Italia si vuole fare da apripista di un modello nuovo che la Meloni e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, identificano nel memorandum d’intesa firmato con presidente tunisino Kais Saied poco più di una settimana fa.
È proprio l’autocrate Saied il protagonista della conferenza al quale viene concesso un palcoscenico internazionale dal quale rivendica un primato della Tunisia nella protezione dei diritti umani, intesta al colonialismo la responsabilità delle migrazioni e bacchetta le organizzazioni umanitarie che “purtroppo non hanno fatto nulla e si sono accontentate di fare dichiarazioni che non hanno nessun valore”.
Saied chiede un nuovo Fondo monetario internazionale, che “possa essere finanziato dai crediti dopo che vengono cancellati, dai soldi rubati, per gettare la base di un nuovo sistema umano, per creare la speranza e il benessere a favore di tutti”. Con il Fondo monetario internazionale (Fmi), quello esistente, Saied sta negoziando un prestito da 2 miliardi di euro per superare la profonda crisi economica e finanziaria in cui si trova la Tunisia, processo che si trova oggi a un punto morto a causa delle condizioni poste al prestito, ossia una serie di riforme e pesanti tagli alla spesa pubblica.
Mentre il Senato americano blocca i fondi per la Tunisia finché non verranno intraprese riforme democratiche, il Team Europeo guidato dalla von derl Leyen ha promesso aiuti a lungo termine per 900 milioni di euro e un aiuto aggiuntivo di 150 milioni da destinare “immediatamente” al Paese a condizione che si renda disponibile a riprendersi i richiedenti asilo che dalle sue coste raggiungono quelle europee. Una scommessa che Meloni e von derl Leyen sperano di vincere mettendo sul piatto anche ingenti progetti di cooperazione economica e commerciale soprattutto sul fronte energetico.
Una posizione di forza quella che oggi l’Italia e l’Europa concedono a Saied, forse non proprio un rapporto tra pari. Il rischio è l’innalzamento continuo della posta come già successo nel 2016 con la Turchia di Erdogan con cui la UE siglò l’accordo miliardario per mettere fine all’esodo di migranti dalla rotta balcanica. Dichiarare la Tunisia ”paese sicuro”, come allora si fece con la Turchia, sembra essere la posta in gioco e la ragione di un corteggiamento che dura ormai da oltre sei mesi e che ha visto ben quattro incontri bilaterali tra Italia e Tunisia.