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Gli africani sono meno sicuri rispetto a dieci anni fa

Quasi il 70% dei cittadini africani vive oggi in un paese in cui i conflitti armati e la violenza sono peggiorati rispetto a 10 anni fa. L’ultima edizione dell’Ibrahim Index of African Governance ha rilevato infatti che quasi il 70% (69,3%) della popolazione africana registra una tendenza all’aumento dei livelli di violenza contro i civili e alle morti causate dai conflitti armati in tutto il continente.

Numerosi paesi e intere regioni sono assediati ormai da anni da conflitti che rendendo quasi impossibile qualsiasi progresso verso una migliore qualità della vita e il rafforzamento di governi democratici. Il rapporto elenca i 23 colpi di stato riusciti e tentati nel continente africano dal 2012 a oggi in Mali, Malawi, Guinea-Bissau, Costa d’Avorio, Niger, Sudan, Eritrea, Benin, Repubblica Centrafricana, Libia, Comore, Burundi, Ciad, Egitto, RDC, Lesotho, Gambia, Burkina Faso, Zimbabwe, Guinea Equatoriale, Gabon ed Etiopia.

Conflitto armati, terrorismo e criminalità organizzata sono i tre fenomeni che tengono in ostaggio milioni di cittadini africani e li costringono spesso a lasciare le proprie case per cercare rifugio in altre zone del loro paese o peggio a migrare nei paesi vicini o altrove.

Il più recente è il conflitto in Sudan scoppiato lo scorso 15 aprile tra le forze armate sudanesi e il Rapid Support Forces. In meno di un mese si registrano oltre 700 morti e circa 730.000 sfollati interni. Secondo IOM la maggior parte si sono spostate negli stati di Khartoum, Northern, Blue Nile, North Kordofan, North Darfur, West Darfur e South Darfur – oltre 120.000 persone sono invece fuggite nei paesi vicini.

Resta attivo il conflitto nella parte orientale della RDC tra il governo e i ribelli dell’M23. Gli ultimi scontri hanno causato ulteriori 300 morti e costretto altre 60.000 persone a lasciare i propri villaggi, queste si aggiungono ai 5,5 milioni di sfollati già presenti in RDC.

In Etiopia si è raffreddata solo parzialmente la situazione conflittuale con la regione separatista del Tigray, iniziata nel 2020, ha provocato la cifra record di 5,1 milioni di sfollati (circa 2,5 milioni nel solo 2021), secondo le stime delle Nazioni Unite.

Per quanto riguarda il terrorismo, negli ultimi 12 anni, i militanti di Al-Shabaab sono stati la più grande minaccia alla sicurezza nell’Africa orientale. Il gruppo ha orchestrato una serie di attacchi terroristici, uccidendo civili in Somalia, Kenya, Uganda, Tanzania ed Etiopia.

Nel nord della Nigeria, più di 35.000 persone sono state uccise dal 2009, quando il gruppo militante Boko Haram ha lanciato un’insurrezione per rovesciare il governo del paese e stabilire uno stato islamico. Almeno 3 milioni di persone sono fuggite dalle loro case.

Altri gruppi estremisti violenti – come Da’esh, Al-Qaeda e i loro affiliati – continuano a sfruttare l’instabilità in paesi come Mali, Burkina Faso, Niger e Guinea per espandere la loro influenza.

Le migrazioni interne causate da questi conflitti aggravano le tensioni sociali ed economiche nelle regioni coinvolte. Le risorse limitate vengono sottoposte a maggiori pressioni, creando sfide per i governi nel fornire assistenza e sostegno adeguati ai migranti interni. La dislocazione delle comunità ha anche conseguenze a lungo termine sull’economia, sulle infrastrutture e sullo sviluppo dei paesi coinvolti.

Da alcuni anni infatti si registrano diverse ondate mortali di violenza xenofoba contro gli africani di altre nazioni spesso aizzate da politici locali di stampo populista.  È il caso dell’attuale governo sudafricano accusato di aver incitato agli attacchi contro la popolazione migrante, e del presidente tunisino Kais Saied che ha accusato gli immigrati africani di portare nel Paese violenza, criminalità, A partire dai primi di febbraio la polizia tunisina ha preso di mira gli stranieri neri africani, almeno 850 persone sono state arbitrariamente arrestate nel paese.

Il rapporto del Ibrahim Index stila anche una classifica dei paesi più insicuri del continente. Il Sudan, la Repubblica Democratica del Congo (RDC), l’Eritrea, la Somalia e il Sud Sudan sono i paesi meno sicuri in cui vivere a causa dei prolungati conflitti armati, del terrorismo e della crescente criminalità organizzata. I paesi più sicuri sono Seychelles, Mauritius, Botswana, Capo Verde e Namibia.

Insomma dal rapporto emerge una situazione molto preoccupante nel continente per quanto riguarda la sicurezza e lo stato di diritto. Ne è una riprova la mancata assegnazione, negli ultimi due anni, del premio annuale della fondazione che realizza questo studio, la Mo Ibrahim Foundation, fondata dal magnate miliardario delle telecomunicazioni di origini sudanese.

Il premio viene attribuito al leader africano, democraticamente eletto, che più si è battuto per il rispetto dello stato di diritto, che più ha dato prova di buon governo. Dal 2007 a oggi il riconoscimento, che comporta una premio di 5 milioni di dollari, è stato assegnato soltanto 6 volte. L’ultima volta è stata nel 2020, con il premio conferito al presidente del Niger, Mahamadou Issoufou.


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