Per alcune organizzazioni è parte integrante dell’attività di cooperazione, per altre un modo per comunicare e informare l’opinione pubblica sulle proprie iniziative. Chi la chiama Educazione allo Sviluppo (EAS), chi ne ha attualizzato gli obiettivi denominandola Educazione alla Cittadinanza Mondiale (ECM), di fatto comprende una serie di azioni che compaiono nella mission della maggioranza delle ONG italiane e di un numero crescente di associazioni, perché non si tratta solo di educare e formare sui temi dello sviluppo e della povertà, si tratta di rendere protagoniste le persone nel loro percorso di crescita e di consapevolezza, a partire dai giovani nel loro percorso formativo.
Negli ultimi anni la crisi della scuola e della cooperazione ne ha messo a dura prova la semplice sussistenza ma molte ONG non si sono arrese, l’EAS o l’ECM restano centrali sia nelle proprie attività che nel dibattito complessivo sulla cooperazione non solo a livello italiano.Di ECM infatti si è parlato in diversi tavoli di lavoro di preparazione del Forum e lo stesso Ministro Riccardi ne ha sottolineato la centralità nel suo discorso conclusivo.
Ora servirebbe un passo in avanti per trovare il modo di passare dalle parole ai fatti e capire insieme alle istituzioni qual è il ruolo dell’ECM nella nuova cooperazione che l’Italia sta disegnando a partire dall’impegno di Riccardi. Prendiamo spunto proprio da un post del Ministero della Cooperazione sul profilo facebook del Forum Cooperazione per aprire un dibattito che possa portare a riprendere il dialogo su questo fronte magari con la convocazione di un tavolo ad hoc da dove si prendano le fila del discorso. Per partire pubblichiamo volentieri un’analisi sullo stato dell’arte dell’ECM in Italia e in Europa a cura di Christian Elevati di Intervita, animatore, insieme ad altri, del gruppo ECM di Colomba e partecipante alla piattaforma nazionale ECM.
Education First: c’è l’Educazione alla Cittadinanza Mondiale nel futuro della cooperazione italiana?
Dall’Educazione allo Sviluppo alla Cittadinanza Mondiale, quale futuro in Italia?
Da quando esiste la cooperazione internazionale ci si è chiesti che cosa fare per potere incidere in modo efficace sulle cause strutturali della povertà in tutte le sue forme (povertà di risorse economiche e naturali, culturale, di diritti, ecc). Da subito è apparso evidente che la questione – semplificando – ruotava intorno a quattro ambiti di azione:
1. Quello che i “ricchi” possono fare per i “poveri” aiutandoli direttamente nei loro Paesi.
2. Quello che i “poveri” possono fare per sé, in modo autonomo.
3. Quello che i “ricchi” possono fare per i “poveri” agendo nel proprio Paese “ricco”.
4. Quello che i “poveri” possono fare difendendo i propri diritti presso i “ricchi”.
È chiaro che questi quattro livelli sono sempre strutturalmente connessi e che i programmi di cooperazione internazionale che non ne tengono conto vedono ridotta sensibilmente la propria efficacia, quando non finiscono per risultare controproducenti. Per esempio, non ha senso sostenere l’agricoltura locale famigliare in Africa se non si agisce contemporaneamente per una revisione delle politiche agricole dei Paesi ricchi. Così come non hanno senso politiche di governance del fenomeno delle migrazioni che ragionino solo all’interno dei confini dei Paesi di destinazione. Allo stesso modo il diritto all’istruzione non può funzionare se non è fatto proprio dalle comunità (studenti, famiglie, territori).
In altre parole, la cooperazione internazionale non potrà mai incidere sulle cause della povertà se non lavora molto anche “qui”, nei “nostri” Paesi. Ma per incidere a fondo sulle cause della povertà occorre un lavoro eminentemente culturale, trasformativo della politica intesa etimologicamente come gestione del bene comune. È proprio con questo obiettivo che nasce l’Educazione allo Sviluppo (EAS).
Ma negli ultimi vent’anni dei mutamenti cruciali hanno caratterizzato lo scenario mondiale:
La crescita esponenziale dell’interdipendenza globale (fra ecosistemi, mercati, aree geo-politiche, culture, persone ecc.).
La crisi economica strutturale in un contesto di scarsità di risorse sempre maggiore (aumento dei consumi e della popolazione).
Anche il modo di fare cooperazione internazionale è cambiato: dagli aiuti a quello che allora si definiva “terzo mondo” (portati con modalità essenzialmente assistenziali) si è arrivati a parlare di co-sviluppo e di partnership globale.
La crisi economica mondiale ha infine rotto definitivamente le distinzioni fra “primo” e “secondo” o “terzo” mondo, fra “Nord” e “Sud”, mettendo in chiaro da subito che la povertà e la ricchezza, in tutte le loro forme, sono presenti ovunque e che viviamo in un pianeta con risorse limitate, caratterizzato da enormi sprechi e da consumi e inquinamento insostenibili. In questo scenario il paradigma tradizionale di “sviluppo” (quello sorto in un contesto nel quale la crescita sembrava lineare e le risorse infinite, benché mal distribuite) è venuto meno. Da cui la necessità di abbandonare l’EAS per arrivare a costruire una vera e propria Educazione alla Cittadinanza Mondiale (da qui in poi ECM) o Globale.
L’importanza di educare tutti – a partire da noi stessi – alla cittadinanza mondiale è stata recentemente ribadita in modo estremamente forte dalla campagna lanciata a settembre 2012 dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon: Education First.. La campagna, pensata per chiedere un ultimo sforzo in vista della scadenza del 2015 (Obiettivi del Millennio) e dell’Agenda Post-2015, evidenzia tre priorità, fra le quali la promozione della cittadinanza globale. È la prima volta che a livello mondiale si sottolinea un tale obiettivo e sono proprio le Nazioni Unite a farsene carico.
Ma a livello europeo già molto è stato fatto o detto. Anche l’OCSE ha invitato il MAE-DGCS a collaborare con il Ministero dell’Istruzione sia per giungere a inserire quella che si chiamava Educazione allo Sviluppo nel sistema d’istruzione formale sia per portare a sistema la ricchezza di esperienze che a livello nazionale sono promosse da ONG ed Enti Locali. (vedi elenco documenti alivello europeo). E in Italia non mancano documenti programmatici e proposte, anche a livello ministeriale. (vedi elenco documentia livello italiano)
Per quel che riguarda le ONG, la Piattaforma Italiana ECM (AOI), sulla base di quanto già detto e scritto a livello europeo e italiano, ha redatto e diffuso un documento che vuole porre le basi per una definizione nazionale condivisa. Si tratta del Documento di Riferimento “Educare alla Cittadinanza Mondiale”, all’interno del quale si dice molto chiaramente che l’ECM:
– rende protagoniste le persone nel loro percorso di crescita e di consapevolezza;
– permette di comprendere e vedere le connessioni che esistono tra i grandi problemi che la comunità internazionale deve affrontare per un futuro umano ed ecosostenibile;
– mette in contatto i territori e le persone del mondo per un apprendimento reciproco e per instaurare relazioni di cooperazione e scambio interculturale;
– rende capaci di agire come cittadine/i, a livello individuale e collettivo, per innescare cambiamenti;
– promuove l’integrazione dei saperi e delle metodologie, per costruire nuove conoscenze;
– intende influenzare le politiche economiche, sociali ed ambientali nazionali e internazionali, affinché siano basate sul rispetto dei diritti umani e quindi più giuste ed ecosostenibili.
Recentemente, infine, al Forum della Cooperazione Internazionale organizzato dal Ministro Riccardi a settembre 2012 a Milano, l’ECM ha avuto un ruolo da protagonista in numerosi dei 10 tavoli di discussione e compare anche nel documento finale (con particolare attenzione ai giovani e al rapporto scuola-cooperazione). Ciò è stato possibile anche grazie al lavoro del Gruppo ECM di CoLomba(l’associazione di secondo livello che si occupa di cooperazione in Lombardia), che ha diffuso capillarmente un documento nel quale si ribadiva che “l’ECM è parte fondante, costitutiva, arricchente e imprescindibile della cooperazione” e si facevano le seguenti raccomandazioni specifiche:
A livello di educazione formale, si costituisca un tavolo interministeriale Cooperazione Internazionale/MIUR/Esteri insieme alle ONG e agli altri attori nazionali che si occupano di ECM, per una revisione dei curricula e, conseguentemente, della formazione iniziale e permanente degli insegnanti, in ottica interculturale e basata sui diritti.
L’Educazione alla Cittadinanza Mondiale sia riconosciuta come ambito di attività con una sua autonomia (benché intrinsecamente connessa alla cooperazione internazionale) e pertanto sia oggetto di specifiche linee di finanziamento e disponga di risorse dedicate da parte di tutti i Ministeri competenti.
A oggi non è arrivata alcuna risposta a tali sollecitazioni da parte delle Istituzioni. Ma non si può aspettare oltre. Tanto più con le elezioni politiche alle porte e una riforma della Legge 49/87 in stand-by per la prossima legislatura. È giunto il momento di aprire un dibattito nazionale per trasformare quella che è ormai una necessità a livello globale in azioni concrete anche qui in Italia. Come fare? La proposta è di aprire un confronto aperto e partecipato qui su BandiONG fra tutti gli attori dell’ECM, a partire dai Ministeri competenti. In primis – ma non in via esclusiva – Esteri, Cooperazione e Istruzione. Ma coinvolgendo anche Enti Locali, ONG e organizzazioni della società civile che si occupano di cooperazione internazionale, scuole, aziende, migranti.
Ecco alcune delle domande cui si potrebbe cercare di rispondere insieme (ma altre sono possibili e i lettori sono invitati a partecipare anche in questo senso):
– Esiste davvero una definizione comune in Italia di ECM? Condivisa, radicata?
– L’ECM si rivolge solo ai giovani o a tutte le generazioni?
– Che relazione intrattiene con la comunicazione istituzionale, l’advocacy e il fundraising?
– Chi dovrebbe finanziarla e come?
La proposta è di iniziare a parlarne qui tra operatori della cooperazione internazionale per trovare tempi e modi adeguati per riportare l’ECM nel dibattito chiamando a raccolta tutti gli attori coinvolti intorno ad un tavolo.
Come sempre il dibattito è aperto con i commenti qui di seguito e le email che potete inviare a redazione@bandiong.it
Grazie ancora a bandi ONG per l'attenzione che dedica al tema dell'Educazione alla Cittadinanza Mondiale.
Abbiamo rilanciato il dibattito anche sulla Piattaforma ECM (http://piattaformaitaliana.ning.com/), aggiungendo una domanda che pongo anche qui: con quali modalità integrare/confrontare le esperienze di ECM in Italia -realizzate con grande difficolta ma spesso molto innovative -con quelle Europee?
Come saprete è in corso la “ristrutturazione” della Piattaforma Europa delle Ong Italiane -ora ConcordItalia -e il tema del confronto con l'Europa (intesa come istituzione e come altre ONG)anche sul tema Educazione è molto sentito.
Credo che un ricco dibattito aiuterebbe molto a portare un posizione più chiara ai tavoli di Concord
Pino Giordani, per la Piattaforma ECM
Gtazie per gli spunti sempre utili. Io credo che il Ministero di Riccardi dovrebbe provvedere a convocare un tavolo con le ONG, le scuole e il Miur per avviare un dialogo sull'Eas o Ecm, questo credo si aspettino da anni le associaioni che se ne occupano. Peccato che ora il ministero sia in campagna elettorale…non credo ci si possa aspettare granchè. Magari fare pressione su qualche candidato alle elezioni che tiene a queste tematiche.
saluti Giorgio R
Grazie per aver lanciato il dibattito. Condivido la necessità di individuare un programma quadro per l'ECM attraverso un tavolo interministeriale che favorisca il dialogo tra ONG, MAE-DGCS e MIUR.
A livello europeo l'Italia è tra i pochi a non avere una strategia nazionale, anche se è vero che dalle ONG e dagli EELL arrivano a Bruxelles progetti spesso molto innovativi (avevamo scritto un post su questo, se volete approfondire lo trovate qui http://www.manitese.it/blog-educazione/2012/09/verso-un-sistema-nazionale-per-lecm/).
Un tavolo nazionale potrebbe finalmente dare al lavoro che svolgiamo in Italia un riconoscimento come ambito di attività autonomo e complementare alla cooperazione, così come succede in molti paesi europei.
Giacomo Petitti Mani Tese
Un tavolo interministeriale è ormai una necessità non più rinviabile.
L'ECM non riguarda solo le giovani generazioni e il mondo della scuola, riguarda la consapevolezza di tutti in merito a tutti i temi, i problemi, le ipotesi e le buone pratiche per risolverli, che la cooperazione internazionale e ECM propongono.
Abbiamo necessità di una nuova legge sulla cooperazione e su ECM in particolare è necessario un cambiamento di rotta che vada verso un inserimento nei programmi scolastici e di governo sia locale che nazionale del tema e delle modalità formative che le ONG impegnate in questo campo propongono e hanno sperimentato insieme agli insegnanti e ai cittadini che hanno coinvolto nel loro lavoro sul territorio.
E' necessario prevedere linee di finanziamento dedicate, così come far crescere le opportunità per destinare fondi per questo specifico settore della cooperazione che da sempre si trova a gestire somme che rappresentano poche briciole, quasi non si veda l'importanza dell'argomento e tutti gli sviluppi positivi che l'ECM porta anche per la crescita di uno sviluppo sostenibile.
Insieme possiamo dire basta a una vecchia visione di un'EaS, ora ECM, che le ONG hanno abbandonato da tempo e vorrebbero vedere cambiata anche nei testi delle leggi sulla cooperazione.
Mariangela Q.
Come contributo al dibattito alleghiamo uno dei suggerimenti emersi dalla valutazione effettuata dalla DGCS su 3 iniziative di Info/Eas finanziate negli ultimi anni.
La valutazione completa è disponibile in rete a questo indirizzo(pag 26 e seg). http://www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/pdgcs/Documentazione/PubblicazioniTrattati/2012-12-21_CoopItaInformaN.11.pdf
“Sviluppare la riflessione sul significato stesso di Educazione allo Sviluppo. Nella sua accezione originaria
essa doveva stimolare la presa di coscienza delle disparità tra il Nord e il Sud del mondo, analizzandone le cause e indicandone possibili soluzioni, anche sulla base dell’esperienza della Cooperazione italiana. Ma in questi anni
il concetto si è dilatato, più che di Info/EaS forse dovremmo parlare di Educazione alla Mondialità o meglio di Educazione alla Cittadinanza Globale, che include le conoscenze e le competenze che si ritiene siano indispensabili per far fronte alla globalizzazione dell’economia, della politica, della cultura, dell’informazione. Ad esempio l’accelerarsi dei fenomeni migratori in Italia e in Europa, l’ingresso nella scuola di allievi provenienti da altri Paesi e culture, richiedono la rilettura delle strategie Nord Sud in termini di cultura, partenariato e di reciprocità, nuovi strumenti di interculturalità, opportunità, sedi d’inclusione, ecc.
Le ONG sono già consapevoli dei cambiamenti in corso nei modelli e nelle tecniche comunicative e cercano
di attrezzarsi di conseguenza, ma con un apparato e una strumentazione concettuale e strumentale non sempre adeguati che potrebbe essere potenziati da occasioni di riflessione promosse dalle istituzioni”.
Grazie per la segnalazione del documento di valutazione della DGCS, che non conoscevo. L'ho letto con molto interesse e ho individuato altri spunti a mio parere importanti per il dibattito sul futuro dell'ECM in Italia. Vi ho trovato, per esempio, raccomandazioni sull'individuazione di indicatori qualitativi (più che quantitativi, comunque fondamentali) sull'efficacia della sensibilizzazione e dell'educazione, così come inviti a una maggiore attenzione alle caratteristiche dei beneficiari, ai loro linguaggi/contesti. Ma in questa sede vorrei in particolare segnalare – oltre al passaggio giustamente evidenziato dalla Redazione di BandiONG – anche i seguenti 4 punti:
1. “Nonostante l’esiguità delle risorse disponibili da destinargli, il settore INFO-EAS rimane uno dei pochi spazi di informazione, formazione e dibattito sulle tematiche internazionali e sullo sviluppo.”
2. “Il primo limite [nell'uso dello strumento attuativo INFO/EAS] è un’insufficiente distinzione tra l’ambito specificamente informativo (comunicazione unidirezionale senza o con bassa interazione) e quello educativo, che invece prevede l’adozione di processi intenzionali e strutturati finalizzati all’apprendimento (nel senso ampio del termine)”.
3. “Il secondo limite è una sottostima dell’evoluzione che la cultura e le tecnologia delle comunicazioni hanno avuto, con l’introduzione di nuovi linguaggi e modalità formative (ad esempio l’interattività… ).”
4. “La durata delle iniziative più specifi camente di EaS dovrebbe essere aumentata (portandola a due/tre anni) proprio per la maggior complessità che il processo formativo (sia collegato con le scuole sia strutturato ad hoc) comunque
comporta. Questo incremento permetterebbe di:
a) negoziare con le scuole l’inserimento delle tematiche nei piani didattici (POF) o extracurriculari in modo che possano coordinarsi ed integrarsi nei percorsi formativi ordinari;
b) svolgere un’attività di aggiornamento verso il personale scolastico (docenti innanzi tutto);
c) concorrere alla defi nizione di mezzi e metodologie innovative;
d) coinvolgere il contesto e l’ambiente scolastico, dalle famiglie ai soggetti sociali presenti sul territorio.”
Christian Elevati
Responsabile ECM Intervita