Secondo un recente rapporto della Bill & Melinda Gates Foundation, la pandemia Covid-19 ha causato un incremento del 7% della povertà estrema, con altri 37 milioni di persone che vivono al di sotto di 1,90 dollari al giorno. La quarta edizione di questa ricerca presentata a latere dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, si basa su un set di dati aggiornato che mostra come la pandemia stia influenzando i progressi verso il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
Mentre nei primi tre rapporti Goalkeepers, la Fondazione Gates aveva registrato progressi costanti sugli SDGs, dalla riduzione della malnutrizione al miglioramento dell’alfabetizzazione, il rapporto 2020 illustra come Covid-19 abbia bloccato e invertito questa tendenza positiva. Ad esempio, l’Institute for Health Metrics and Evaluation, partner nella raccolta e analisi dei dati della Fondazione Gates, ha scoperto che la pandemia farà scendere la copertura vaccinale a livelli che erano stati osservati l’ultima volta negli anni ’90. Secondo i primi trend registrati, nell’Africa sub-sahariana lo shock economico causato dal Covid-19 è destinato a incidere sul numero di persone che soffrono di insicurezza alimentare che dovrebbe aumentare da 83 a 132 milioni.
Dati che spingono il magnate americano a denunciare un potenziale arretramento di 25 anni in poco più di 25 settimane; questo il messaggio dirompente che è stato presentato a New York alcuni giorni fa durante la presentazione di questo lavoro di ricerca.
Le proiezioni presentate da Gates si innestano su altri dati allarmanti recentemente presentati sempre in ambito Nazioni Unite. Lo studio di Philip Alston, già relatore speciale delle Nazioni Unite sulla povertà estrema e i diritti umani (incarico che ha ricoperto tra il 2014 e il 2020), presentato a luglio scorso, ha messo in discussione i progressi proclamati da alcuni leader mondiali. Il rapporto sostiene che il valore minimo dell’indicatore, al di sotto del quale scatta la categoria di povertà estrema, e che al momento corrisponde all’equivalente di 1,90 dollari al giorno in valuta locale, sia esageratamente basso, ben lontano dal soddisfare le esigenze fondamentali delle persone, come quella di seguire una dieta giornaliera di 2100 calorie e di vivere in uno spazio dignitoso. Secondo il Rapporto, la cifra minima sarebbe di 2,63 dollari nei Paesi in via di sviluppo e 3,96 dollari in quelli ad altro reddito. Elementi che mettono fortemente in discussione la misurazione della povertà da parte dei grandi attori internazionali e che potrebbero moltiplicare i numeri reali dei poveri a livello globale.
La questione è stata affrontata anche dalla Oxford Poverty and Human Development Initiative presso l’Università di Oxford e dal Development Programme delle Nazioni Unite nell’Indice Globale della Povertà Multidimensionale (MPI), un indicatore che sintetizza 10 indicatori relativi a tre dimensioni ugualmente ponderate: salute, istruzione e standard di vita. Lo studio ha esaminato la situazione in 107 Paesi in via di sviluppo, cercando di identificare sia i soggetti poveri che le tendenze nella povertà e mostrando “la natura e l’entità delle privazioni sovrapposte per ogni persona” in un’ottica che tenga conto degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
Tra tutti i Paesi presi in esame, circa il 22% della popolazione (pari a 1,3 miliardi di persone) appartiene alla categoria dei poveri multidimensionali. Un problema che incide negativamente anche su molti altri indicatori: 803 milioni di persone multidimensionalmente povere vivono in una famiglia in cui qualcuno è denutrito, circa 476 milioni hanno un bambino che non riceve un’istruzione adeguata, mentre ancora 1,2 miliardi di persone non hanno accesso a un combustibile pulito per cucinare, 687 milioni mancano di elettricità e 1,03 miliardi vivono in abitazioni fatiscenti. Lo studio esamina anche come la povertà multidimensionale abbia inciso anche sul raggiungimento degli SDGs fissati dall’Agenda 2030.
Anche la Banca Mondiale percorre la strada della preoccupazione, affermando in un rapporto che la pandemia porterà alla prima recessione economica registrata in 25 anni nell’Africa subsahariana, con una crescita in calo dal -2,1 al -5,1% nel 2020, contro il 2,4% in 20 anni, secondo il presidente David Malpass, il numero di persone che vivono in condizioni di estrema povertà è già aumentato di oltre 100 milioni.
L’impatto immediato della recessione si potrebbe sentire soprattutto nelle aree urbane e nel settore dell’economia informale, che occupa circa l’80% della popolazione nei paesi a basso reddito. Le perdite di produzione associate alla pandemia di Covid-19 vengono stimate dalla Banca Mondiale trai 37 e i 79 miliardi di dollari nel 2020, a causa di una combinazione di fattori quali l’interruzione degli scambi commerciali e delle catene del valore, che penalizza gli esportatori di materie prime e i paesi altamente integrati nelle catene del valore globale; la riduzione dei flussi finanziari esteri (rimesse dei migranti, entrate del turismo, investimenti diretti esteri, aiuti esteri); la fuga di capitali; l’impatto diretto della pandemia sui sistemi sanitari e le interruzioni dovute alle misure di contenimento e alla risposta della popolazione.