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Le ONG britanniche chiedono più risorse, senza misure straordinarie il 40% potrebbero non arrivare a fine anno

Il 43% delle ONG del Regno Unito afferma che potrebbe chiudere i battenti da qui a sei mesi se non arrivasse un nuovo sostegno finanziario straordinario da parte del governo, a soffrire di più la crisi saranno le ONG di piccole e medie dimensioni, quelle con bilanci annuali al di sotto dei 25 milioni di euro. E’ uno dei dati più significativi contenuti in un sondaggio condotto da Bond, la rete britannica delle ONG di cooperazione a e aiuto umanitario, sugli effetti della crisi scatenata dalla pandemia di Covid-19 sul settore della cooperazione internazionale.

Il mondo delle charity vede nero per il futuro e la preoccupazione sembra crescere con il passare delle settimane nonostante il Dipartimento per lo Sviluppo Internazionale – DFID abbia già a fine aprile messo in campo un bando straordinario da 25 milioni di euro da erogare a 36 organizzazioni già accreditate per attività legate alla pandemia in 15 specifici paesi partner. Già prima di Pasqua DFID ha dato il via a una serie di pagamenti anticipati alle ONG per sostenere il loro flusso di cassa e ha annunciato un pacchetto di misure da 200 milioni di sterline per combattere il Covid-19 nei paesi a basso reddito, con 130 milioni di sterline destinati alle agenzie delle Nazioni Unite, 50 milioni alla Croce rossa, e 20 milioni alle ONG.

Ma questa prima risposta non ha tranquillizzato il management delle organizzazioni inglesi che temono l’avverarsi della una pesantissima previsione di un ulteriore sondaggio effettuato nel Regno Unito poche settimane fa in merito alla propensione dei donatori privati. In piena emergenza Covid-19 infatti, solo il 13% dei britannici dichiara di essere disposto a fare una donazione alle ONG che operano all’estero, il 76% del campione dichiara invece che sosterrà enti di beneficenza nazionali e locali per contrastare gli effetti della pandemia.

La situazione di emergenza sembra toccare anche le mega charity, otto grandi organizzazioni appartenenti a Bond hanno infatti dichiarato che potrebbero non arrivare a fine anno se le istituzioni non mettessero in campo altre risorse per sostenere le finanze in difficoltà e aiutare le organizzazioni a coprire i costi di struttura.

ll 53% degli intervistati ha dichiarato che l’organizzazione sta pianificando di ridurre i programmi all’estero per contenere i costi e quasi tutte stanno ricorrendo a una serie di misure per ridurre i costi del personale. Il 10% degli intervistati ha dichiarato di aver già proceduto a licenziamenti, il 28% ha affermato che la propria organizzazione ha chiesto al personale di accettare riduzioni temporanee delle retribuzioni e il 58% ha congelato le nuove assunzioni.

Le perdite sono ingenti. Secondo il direttore di Bond le sole charity che si occupano di cooperazione internazionale e aiuti umanitari stanno accumulando perdite per oltre 320 milioni. Oxfam UK ha dichiarato perdite per oltre 5 milioni di sterline al mese dalla chiusura dei suoi charity shop sparsi per tutto il paese, mentre Christian Aid la scorsa settimana ha dichiarato un calo di 6 milioni di sterline della sua raccolta fondi annuale.

Le ONG chiedono alle istituzioni di esplorare nuovi meccanismi di finanziamento, incluso un fondo di stabilizzazione, che consenta alle ONG, sia grandi che piccole, di coprire i loro costi principali in modo che possano continuare a fornire servizi essenziali e garantire assistenza alle persone in difficoltà in tutto il mondo.

Nel frattempo DFID ha reso noto che oltre ai primi 20 milioni messi a disposizione delle ONG con il Rapid Response Facility, altri 26 milioni saranno mobilizzati attraverso un programma di igiene finanziato congiuntamente con dalla multinazionale Unilever.


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