Lo scorso luglio gli stati membri delle Nazioni Unite hanno finalizzato il testo del primo accordo internazionale sulle migrazioni globali. Il “Global Compact per una Migrazione sicura, ordinata e regolare” (GCM) è il risultato di quasi due anni di trattative. Gli Stati Uniti hanno lasciato il tavolo dei negoziati quando la discussione era appena iniziata, e l’Ungheria si è tirata indietro alla fine dei negoziati. Finora il patto sembra tenere anche se crescono i paesi (soprattutto europei) che hanno deciso di defilarsi nelle ultime settimane: Israele, Austria, Repubblica Ceca, Polonia, Croazia, Slovenia, Bulgaria e Svizzera. In Italia il clima si sta surriscaldando intorno alla posizione da tenere al prossimo vertice di Marrakech dove si voterà per l’approvazione del GCM nonostante il premier Conte abbia assicurato nel suo discorso alle Nazioni unite di settembre il sostegno italiano all’accordo. Nei giorni scorsi però sono scattati i primi pronunciamenti aggressivi da parte di leader della Lega e di Fratelli d’Italia per fare pressione sul ministro Moavero con conseguenti appelli perché il Governo si schieri per il no.
Ben più aperta e possibilista è infatti la posizione attuale del ministro degli Esteri che il 21 novembre, rispondendo a un’interrogazione parlamentare sulla sottoscrizione del Global Compact, ha dichiarato che l’Italia ha “un orientamento favorevole”, anche se un ulteriore approfondimento è necessario prima di procedere con l’adozione. “Il Global Compact non sarà un atto giuridicamente vincolante – ha poi specificato – L’Italia ha sempre tenuto presente l’elemento importante di arrivare a una condivisione degli oneri nella gestione dei fenomeni migratori e una cooperazione rafforzata con i paesi di origine e di transito.
I cinque stelle ora tacciono, non c’è una posizione ufficiale dell’ultima ora anche se è evidente l’imbarazzo, il timore di Di Maio è che riesploda la protesta dei dissidenti vicini a Roberto Fico, sia alla Camera sia al Senato, come già accaduto sul Dl Sicurezza. Eppure a New York il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano era intervenuto a palazzo di vetro spiegando che il Global Compact rappresenta un’occasione senza precedenti per affrontare a livello globale il problema dei rifugiati. Anche la vice ministra Emanuela del Re ha espresso più volte posizioni del tutto compatibili con il contenuto del Global Compact.
Anche la società civile italiana e le ONG in testa si stanno mobilitando in queste ore a sostegno dell’accordo chiedendo al governo di assicurare il voto positivo dell’Italia al vertice del 10 e 11 dicembre.
A dire la verità l’accordo raggiunto l’estate scorsa non era stato accolto con entusiasmo dagli esperti di migrazioni e dalla comunità non governativa internazionale. Il GCM è infatti un accordo volontario e non legalmente vincolante, a differenza della Convenzione sui Rifugiati del 1951. Non tutte le questioni sul tavolo in tema di migrazioni sono state affrontate o risolte adeguatamente, prima fra tutte il rapporto fra migrazione irregolare e la necessità di mantenere vie legali per permettere alle persone di migrare.
Il Global Compact però ha una rilevanza politica importantissima soprattutto a livello internazionale, nonostante i suoi limiti. L’accordo può essere un’occasione per cambiare il modo con cui ci si approccia alle migrazioni, proponendo modelli di cooperazione e rimettendo al centro il multilateralismo. Nel clima politico odierno, questo non deve apparire un risultato scontato soprattutto davanti alla disarmante spaccatura che negli ultimi due anni si è consumata sui tavoli europei. Il significato del processo politico e diplomatico che ha portato all’accordo sul GCM non va quindi sottovalutato. Gli stati si sono impegnati nel dialogo e nel negoziato, hanno discusso e hanno raggiunto importanti compromessi.
Si tratta di un testo lungo e complesso che cerca di fissare i 10 principi guida e i 23 obiettivi per un governo sostenibile dei movimenti migratori:
- proteggere i diritti umani di tutti i profughi e i migranti, indipendentemente dal loro status.
assicurare che tutti i minori rifugiati e migranti ricevano un’educazione entro pochi mesi dal loro arrivo; - prevenire e contrastare la violenza sessuale e di genere;
- supportare quei Paesi che salvano, ricevono e ospitano grandi numeri di rifugiati e migranti;
- lavorare per far finire la pratica di detenzione dei minori con lo scopo di determinare il loro status migratorio;
- condannare con forza la xenofobia contro rifugiati e migranti e supportare una campagna globale per contrastarla;
- migliorare l’assistenza umanitaria e allo sviluppo per i Paesi più colpiti, anche attraverso soluzioni finanziarie innovative, con l’obiettivo di colmare tutte le mancanze di fondi;
- implementare una risposta generale sui rifugiati, basata su una nuova cornice che definisce le responsabilità degli Stati membri, dei partner della società civile e del sistema delle Nazioni Unite ogni volta che c’è un grande movimento di rifugiati e una situazione che si protrae nel tempo;
- espandere le opportunità per i rifugiati di essere ricollocati in altri Paesi ad esempio attraverso la mobilità del lavoro o programmi di studio;
- rafforzare la governance globale delle migrazioni inglobando l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) nel sistema delle Nazioni Unite”.
Per quanto riguarda più nello specifico il ruolo della cooperazione allo sviluppo è utile notare che il testo ricade nella retorica dell’“aiutiamoli a casa loro” suggerendo che le politiche di sviluppo, i programmi e gli aiuti allo sviluppo possano risolvere le cause avverse della migrazione, a fronte di una mancanza di dati e valutazioni che dimostrino che gli aiuto allo sviluppo possano contribuire a contenere la migrazione irregolare.
Su questo aspetto le ONG europee attraverso Concord si erano espresse criticamente da tempo chiedendo che gli accordi “evidenziassero meglio che la cooperazione internazionale non può essere utilizzata in modo strumentale per rispondere a esigenze di sicurezza e controllo delle frontiere dei Paesi di destinazione».
Nonostante questo le ONG italiane disegnano un bilancio positivo dell’accordo e chiedono al governo con una lettera unitaria di sostenere il GCM perché conviene al paese. Serve in particolare
- come riferimento per una definizione complessiva, coerente e lungimirante della propria politica migratoria, superando l’approccio emergenziale e settoriale.
- come strumento per rafforzare le proprie ragioni nelle relazioni e negoziazioni con gli altri paesi europei,
- come tramite per facilitare le trattative nella definizione dei necessari accordi bilaterali con i paesi di provenienza e di transito che occorre moltiplicare nel prossimo futuro.
Ecco l’intervento di Conte a settembre scorso presso le Nazioni Unite nel quale annunciava il supporto italiano all’accordo:
Sono favorevole ad un aiuto agli immigrati nel loro paese, perché le persone non vengano separate da ciò che costituisce la loro cultura, la loro lingua e le loro abitudini. Penso che ci si debba impegnare per creare stabilità politica ed economica nei paesi del terzo mondo, favorendo uno sviluppo locale, in modo da far sì che queste persone non siano costrette per necessità ad abbandonare il loro paese ed i loro cari.
Caro Elias, è così disdicevole “dare a Cesare quel che è di Cesare”? E’ così problematico, cioè, citare la fonte della posizione delle Ong, cioè Link 2007, che da mesi ha studiato il Global Compact, con incontri anche all’Onu, e ha prodotto un documento diffuso alle istituzioni governative e a tutti i parlamentari, che è stato ripreso da media e centri studi? Lo segnalo ai lettori di Info-Cooperazione, anche perché, dopo il no del governo, la battaglia ora continua in parlamento (quando il governo lo deciderà). Grazie, Nino
http://www.link2007.org/wp-content/uploads/2018/11/Documento-LINK-2007.-Perch%C3%A9-s%C3%AC-al-global-compact-19.11.18.pdf