Sono gli elettori di centrodestra e i cittadini con un titolo di studio più basso gli italiani che tendono a sovrastimare in modo maggiore la presenza di immigrati extracomunitari sul territorio italiano. Questo il quadro che emerge da un’analisi dell’Istituto Cattaneo resa pubblica ieri. La ricerca evidenzia che lo scarto tra la percentuale di immigrati presenti in Italia e quella percepita dagli intervistati è altissima. Gli immigrati in Italia sono il 7% (9 se consideriamo quelli provenienti da altri Paesi della stessa Unione europea), ma il 70% degli italiani crede siano circa il quadruplo. La percezione cambia significativamente tra elettori di centrodestra o di destra. In quest’ultimo caso, infatti, la percezione è del 32,4%, superiore di oltre sette punti rispetto alla media nazionale. All’opposto, tra chi si definisce di sinistra, centrosinistra o di centro la differenza tra il dato reale e quello stimato si riduce notevolmente.
Ad esempio, per gli intervistati di sinistra gli immigrati presenti in Italia sono “solo” il 18,5%, rispetto a una media nazionale di percezione che li stima attorno al 25%. Dunque, gli orientamenti politici dei cittadini “orientano” anche le loro valutazioni sulla presenza, più o meno diffusa, degli immigrati.
Non solo politica
Secondo i ricercatori oltre a questo fattore politico in grado di spiegare, almeno in parte, la distanza tra realtà e percezione, bisogna tenere conto del livello di informazioni posseduto dai cittadini. Dai dati emerge che gli intervistati con un maggiore grado di istruzione (probabilmente quelli più informati sulla società e sulla politica) sono più capaci di fornire un’indicazione più precisa sul fenomeno dell’immigrazione. Per chi non è andato oltre la scuola dell’obbligo nel suo percorso di istruzione, l’immigrazione percepita in Italia supera il 28%, mentre tra i laureati la stima si riduce di oltre 10 punti percentuali, attestandosi al 17,9%. L’istruzione e, tramite essa, la predisposizione a una maggiore informazione politica sembrano dunque in grado di limitare l’errore percettivo dei cittadini italiani sulla questione.
Ci rubano il lavoro
Un altro fattore in grado di spiegare i diversi livelli nella percezione del fenomeno migratorio è la sfera professionale dei cittadini. I lavoratori manuali o a bassa qualifica considerano maggiormente a rischio la loro occupazione e sembra avvertano come una minaccia la presenza o l’arrivo di persone straniere. Al contrario, i lavoratori che svolgono mansioni più qualificate non vedono necessariamente messo in pericolo il proprio posto di lavoro dagli immigrati. Infatti i lavoratori appartenenti alle classi medio-alte tendono a sottostimare di circa 5 punti percentuali – rispetto al valore medio nel campione italiano (25%) – la presenza di immigrati in Italia. Invece, tra chi ha una professione riconducibile alla classe operaia (specializzata e non-specializzata) la percentuale di immigrati tende ad essere ulteriormente sovrastimata, superando il 28%.
Geografia della percezione
Se si passa a osservare la stima sulla presenza di immigrati in Italia in base alle zone geografiche di appartenenza degli intervistati, si può notare una differenza netta tra i residenti al nord e quelli al centro-sud. Sia a est che a ovest, gli intervistati del nord Italia stimano un livello di immigrazione di circa il 20%, mentre nelle altre zone la percentuale di immigrati è indicata, in media, attorno al 26%, con uno scarto di 6 punti percentuali tra nord e sud. Questo dato è particolarmente significativo perché contrasta completamente con la realtà della diffusione degli immigrati nelle regioni/zone italiane.
Poi la percezione sulla diffusione dell’immigrazione è maggiore nelle grandi città rispetto ai piccoli comuni o alle aree rurali: nelle prime la stima raggiunge quasi il 31%, mentre nei secondi si ferma al 21,9%. Questo dato, tra l’altro, sembra essere in linea con la realtà dell’immigrazione italiana, maggiormente concentrata nelle grandi metropoli e tendenzialmente più diluita nei piccoli paesi lontani dai centri urbani.
I numeri più alti d’Europa
Rispetto a una media europea del 57%, gli intervistati italiani che ritengono che gli immigrati peggiorino la situazione della criminalità rappresentano il 74% dell’intero campione, con una differenza di 17 punti percentuali. Allo stesso modo, gli italiani che pensano che una maggiore immigrazione comporti una riduzione dell’occupazione per i residenti in Italia corrispondono al 58% sul totale, mentre la media europea si ferma al di sotto del 41% (con uno scarto sempre di 17 punti percentuali). Infine, le differenze tra gli atteggiamenti degli italiani e quelli europei sono più sfumate quando si tratta di valutare il contributo – positivo o negativo – dell’immigrazione per il welfare state. In Italia, la percentuale di chi pensa che gli immigrati siano un peso per lo stato sociale è pari al 62%, mentre tra i cittadini europei questa percentuale è inferiore solo di 3 punti percentuali (59%).
Se fosse stato chiesto agli intervistati dove abitano probabilmente si sarebbe acquisita un’ulteriore chiave di lettura del fenomeno.
Nella città dove vivo, i centri di accoglienza non sono nei quartieri della media e alta borghesia dove risiedono le persone mediamente più istruite che svolgono lavori mediamente stabili. I centri di accoglienza sono nelle periferie, in quelle che soffrono il maggiore degrado, dove l’istruzione e un lavoro stabile sono meno accessibili, dove lo Stato e le istituzioni, non sono presenti quando si tratta di tutelare i diritti. In questi luoghi, a prescindere dagli immigrati, vigono regole diverse da quelle che operano negli altri quartieri. In questi luoghi nessuna istituzione interviene quando i servizi pubblici sono insufficienti o non vengono erogati, né per ristabilire l’ordine difronte a chi non rispetta le regole del vivere civile. Lì non rispettare le regole è il modello vincente e rispettarle è stupido. Sono le persone che vivono in questi luoghi che sperimentano la convivenza con gli immigrati, e sono le condizioni di vita che, in questi luoghi, generano i conflitti.
Chi vive in altri quartieri incontra qualche immigrato ai semafori o davanti al supermercato e, nella maggior parte dei casi, lo ignora e tira dritto.
Se vogliamo comprendere quello che sta succedendo alla nostra società per provare a costruire una politica dell’accoglienza e dell’integrazione partire con l’affibbiare in giro etichette di reazionario e ignorante è poco lungimirante.
Quello che gli Italiani percepiscono è dato dalle informazioni che ricevono, informazioni contrastanti e contraddittorie, alcuni politici parteggiano per un’accoglienza senza limiti,in un intervista giornalistica rivolta ad alcuni esponenti della sinistra si è potuto constatare che secondo il loro parere occorrerebbero 30 milioni di immigrati per equilibrare il deficit di nascite e ripristinare alcuni valori economici nazionali, per altri sono già troppi quelli già arrivati sino ad oggi, un sentimento che va da “accogliamoli tutti a casa nostra” a rimandiamoli tutti a casa loro… premesso che i rifugiati reali, attualmente ancora in terre africane sono circa 200 milioni, e che il 90 per cento degli sbarchi è costituito da immigrati economici (non rifugiati) come si pensa di gestire questo fenomeno…? ciò che conta è la realtà dei numeri che si possono generare se non si prendono le giuste precauzioni, e non mi sembra che la complessità del fenomeno non possa essere lasciata a continue provocazioni di testate mediatiche che non fanno altro che gettare panico e alimentare tensioni. Se si vuole risolvere realmente il problema degli immigrati occorre fare scelte strategiche che partono dai loro paesi e non continuare a fargli credere di poter venire in Italia o in Europa con gli attuali falsi garantismi
I dati degli immigrati cui fanno riferimento questi studi non tengono conto dei clandestini ma solamente di quelli regolari questo produce la differenza di percezione insieme ai quartieri diversi frequentati da istruiti o meno.