Il MAECI ha da pochi minuti pubblicato la lista dei 56 candidati alla direzione dell’AICS quando abbiamo il piacere di risentire Laura Frigenti che da Washington ci confessa di seguire con attenzione e un po’ di preoccupazione gli sviluppi politici italiani oltre a quelli in casa AICS. “Esperienza tematica, capacità manageriali e gestionali, capacità di relazione, ci vogliono molte doti per ricoprire un ruolo come quello di direttore dell’Agenzia, ma un po’ di tutto si sa, è davvero difficile trovarlo nella stessa persona”. “Spero però che il nuovo direttore non sia un burocrate, serve una persona di contenuti sulla cooperazione, non qualcuno arrivato alla cooperazione per caso solo attraverso cammini burocratici”. Competenza ed esperienza in tema di cooperazione sono le caratteristiche principali che Laura Frigenti individua per il suo successore oltre a mettere in fila le sfide più importanti che attendono la compagine di via Contarini nei prossimi anni.
Prima di lasciare l’Agenzia ha avuto modo di tracciare il bilancio del suo secondo anno di operatività. Può raccontarci brevemente i successi più importanti che rivendica?
Fin dal principio la situazione dell’Agenzia è stata complicata ed erroneamente definita come una start up. L’Aics infatti ha ereditato sin dal primo giorno un portafoglio di oltre 1000 iniziative a cui garantire continuità operativa e gestionale. Siamo riusciti a fare questo con poche procedure, poco personale, zero dirigenti, (nei primi 4 mesi sono stata l’unica dirigente), insomma un accavallarsi di grandi responsabilità in un momento di fragilità istituzionale. Questi sono stati per me gli aspetti più difficili da navigare. Nonostante questo siamo riusciti a garantire continuità, non abbiamo ricevuto nessuna lamentela e siamo riusciti a preservare l’immagine del paese nei contesti in cui abbiamo operato.
In secondo luogo abbiamo fatto un grande passo avanti nel definire una nostra strategia su temi sviluppo, aree strategiche su cui ci siamo focalizzati, l’Italia era assente in questi scenari da tanto tempo. Lo abbiamo fatto in modo collegiale ed ecumenico attraverso tavoli che hanno coinvolto diversi attori. Bisogna continuare su questo fronte, credo che questa sia una strada importante che abbiamo intrapreso.
Un terzo successo, portato a termine pochissimi giorni fa è l’accreditamento con l’Unione europea per la cooperazione delegata. Un processo di audit che abbiamo completato in tempi record rispetto ad altri, questo ci conferma che siamo una macchina che può operare al pari con le altre agenzie secondo gli standard internazionali.
Spero che il trend di crescita delle risorse destinate alla cooperazione sia confermato anche in futuro, nonostante le incertezze a livello politico, ma laddove ci fosse un’inversione di tendenza, questo accreditamento ci potrà garantire importanti fondi di compensazione.
Quali sfide aperte lascia al suo successore?
Chi mi succederà non trova per sua fortuna la situazione difficile dei primi mesi ma troverà ancora una certa fragilità dell’assetto del personale, del quadro organico, con dirigenti ancora carenti e un concorso delicato da gestire. I primi due anni sono stati di assestamento, la divisione del lavoro tra agenzia e DGCS è stato un processo che ha richiesto attenzione da entrambe le parti. Chiarita questa fase, ora c’è la possibilità di rendere l’Aics più agile e snella come il legislatore l’aveva pensata, mettendo mano alle una parte dell’insieme di regole dell’impianto normativo che oggi ne limitano il funzionamento. Questo è un percorso da esplorare e spero che venga preso in carico a breve.
Ci sono anche tante altre strade da sperimentare, non escludo che in futuro l’Aics non possa aumentare la propria capacità di operare in collaborazione con altri attori esterni per cogliere al meglio alcune sfide, per esempio quella che avete giustamente citato del settore privato profit. Sono sicura che i colleghi e il futuro direttore valuteranno anche l’opportunità di delegare alcune attività ad altri o aprire nuove collaborazioni operative con altri enti.
Cosa consiglierebbe al nuovo direttore?
Credo che serva dare continuità ai cammini che abbiamo intrapreso. Temi come quello delle migrazioni, l’incrocio tra emergenza e sviluppo, la cooperazione culturale e l’attenzione alla food security, sono alcuni di questi. Per una cooperazione di medie dimensioni come quella italiana è indispensabile essere selettivi, scegliere dei temi e investire sul medio lungo periodo. In questi due anni mi sono resa conto che anche la componente caratteriale ha il suo peso per reggere il contesto in cui il direttore opera. Tenacia e pazienza sono le doti più importanti, purtroppo le procedure della pubblica amministrazione hanno i loro tempi i loro modi, c’è bisogno di saper aspettare, di saper procedere nei tempi e nei modi corretti. Quindi raccomando una buona dose di pazienza a chi verrà dopo di me.
In questi due anni è sembrato che le sorti dell’Agenzia si siano giocate soprattutto intorno al piazzale della Farnesina. Vedendo la lista dei candidati sembra che questo possa essere il trend anche per il futuro. A suo parere sarebbe meglio un candidato interno, oppure una persona che come lei arriva da un ambiente esterno a quello degli esteri?
Non ho ancora guardato bene la lista dei candidati pubblicata poche ore fa sul sito degli esteri, ma credo che la persona giusta per guidare l’agenzia non debba essere un burocrate. Questo non è un lavoro come gli altri, è un lavoro in cui non si può guardare solo alle regole, pur rispettandole, credo che il driver debba essere l’impatto. Serve una persona di contenuti sulla cooperazione che abbia competenza ed esperienza specifica, non una che è arrivata alla cooperazione per caso solo attraverso cammini burocratici.
A già qualche impegno professionale fissato per il prossimo futuro? La rincontreremo ancora negli scenari internazionali che riguardano la cooperazione internazionale?
Ho lavorato nel mondo dello sviluppo dagli anni 90 e non saprei fare alto, probabilmente non troverei neanche nessuno disposto ad assumermi per fare altro. Sto lavorando qui negli Stati Uniti nel settore privato su questi temi delle partnership pubblico privato, sto ragionando anche su temi più di sostanza. Ieri ho aperto i lavori di una grossa commissione composta da membri delle istituzioni americane, da grandi aziende e da enti di ricerca, sul tema dell’impatto dell’innovazione tecnologica sul mercato del lavoro nei paesi partner.
La mia esperienza in Italia è stata difficile anche dal punto di vista personale, come sapete ho preferito alla fine ritornare qui negli Stati Uniti per motivi familiari, ma mi sono molto affezionata a diverse realtà italiane con cui sono entrata in contatto grazie al questo mio ruolo all’Aics, per cui spero davvero di mantenermi in contatto e di sapere come si svilupperanno tante delle iniziative che ho visto nascere e potuto conoscere da vicino.