L’analisi dei risultati del questionario che abbiamo rivolto due settimane fa agli operatori e operatrici della cooperazione internazionale e dell’aiuto umanitario in Italia conferma che il dibattito sulla “decolonizzazione” e sulla “localizzazione” dell’aiuto è molto dinamico specialmente tra le organizzazioni della società civile. Degli oltre 350 operatori e operatrici del settore che hanno voluto dire la loro sul tema, il 73% lavora per una OSC, 10% per istituzioni pubbliche ed enti locali, 5% università ed enti di ricerca, 3% organizzazioni internazionali, 1% imprese. Infine l’8% sono consulenti e liberi professionisti.
I dati forniscono una panoramica interessante sulla percezione e sul livello di attuazione dei principi della decolonizzazione dell’aiuto, un processo che negli ultimi anni ha guadagnato crescente attenzione a livello globale e mira a spostare l’equilibrio di potere e risorse dai tradizionali attori internazionali verso i partner locali, mettendo in discussione una sistema ormai consolidato da diversi decenni.
L’85% degli operatori e operatrici intervistati ritiene molto importante che il sistema della cooperazione metta in campo strategie e azioni concrete per favorire la leadership locale. Solo il 6% non lo ritiene necessario. Nonostante questo la stragrande maggioranza dei rispondenti valuta il grado di attivazione degli attori della cooperazione italiana molto deludente. Per il 68% è basso, 30% medio, 2% alto.
Le sfide percepite come più importanti sono la creazione di partenariati equi e paritari, il cambiamento culturale di tutti gli attori e l’accesso ai fondi da parte delle organizzazioni locali.
Nonostante gli operatori percepiscano un basso livello di attivazione del sistema della cooperazione italiana in merito, testimoniano una certa mobilitazione all’interno delle organizzazioni di provenienza. Il 54% dichiara che la propria organizzazione/ente ha già avviato un dibattito interno sulla “decolonizzazione” della cooperazione internazionale e sulla “localizzazione” dell’aiuto e nel 63% dei casi le organizzazioni hanno già intrapreso azioni concrete in merito.
Il 70% delle organizzazioni stanno lavorando sul riconoscimento e valorizzazione delle leadership e delle risorse umane locali, il 57% a rendere i partenariati più equi e paritari, il 46% a favorire l’acceso ai fondi da parte delle organizzazioni locali. Il 37 % delle organizzazioni infine sta promuovendo un cambiamento culturale anche attraverso la “decolonizzazione” del linguaggio e della comunicazione (32%).
Restano però diversi ostacoli sulla strada della “decolonizzazione”, la stragrande maggioranza dei rispondenti li individua nei meccanismi di finanziamento che mettono in forte competizione gli attori del sistema. Per il 68% degli operatori il primo problema risiede nella dipendenza finanziaria delle organizzazioni e nelle condizioni imposte dai donatori. Il secondo ostacolo percepito consiste nella fragilità delle strutture locali e la loro scarsa capacità operativa (40%). Seguono la burocrazia eccessiva e il dominio delle organizzazioni internazionali (35%).
Ma chi sono gli attori più influenti per favorire un processo di “decolonizzazione” della cooperazione internazionale? Su questo i rispondenti non hanno dubbi: la metà del campione individua gli enti donatori come gli attori che più potrebbero favorire processi virtuosi (50%). Seguono i decisori politi (25%) e le stesse organizzazioni della società civile (20%).
Moltissimi colleghi e colleghe che hanno risposto al questionario hanno lasciato commenti e raccontato alcune azioni messe in campo dalla propria organizzazione. In generale emerge una crescente consapevolezza dell’importanza della decolonizzazione dell’aiuto nella cooperazione internazionale e umanitaria, ma anche una significativa distanza tra la consapevolezza teorica e la messa in pratica. Gli operatori e le operatrici sottolineano la necessità di un cambiamento sistemico, che comprenda la revisione dei modelli di finanziamento e una maggiore valorizzazione della leadership locale.
Le tre principali raccomandazioni che emergono dalle risposte sono le seguenti:
- Maggiore Supporto ai Partner Locali: Gli operatori suggeriscono di destinare una quota maggiore dei finanziamenti direttamente ai partner locali, evitando intermediari internazionali e facilitando processi decisionali inclusivi. Questo cambiamento potrebbe rafforzare la capacità di leadership delle organizzazioni locali, riducendo la dipendenza dai donatori esterni.
- Riforma dei Meccanismi di Finanziamento: Molti intervistati propongono di rivedere i criteri di assegnazione dei fondi, incentivando modelli di finanziamento pluriennale e più flessibili che permettano alle OSC locali di pianificare e attuare strategie a lungo termine, piuttosto che focalizzarsi su obiettivi a breve termine dettati dai donatori.
- Sostegno alla Formazione Continua: È essenziale rafforzare le capacità di tutti gli attori coinvolti tramite percorsi di formazione continua. Questo include non solo gli operatori delle OSC internazionali, ma anche i partner locali, al fine di garantire una comprensione comune degli obiettivi di decolonizzazione e degli strumenti per attuarla.
- Collaborazione e Condivisione del Potere: Un altro punto chiave è promuovere una maggiore collaborazione e co-creazione di progetti tra OSC internazionali e locali. Gli intervistati propongono la creazione di spazi di dialogo in cui i partner locali possano contribuire attivamente alla progettazione e alla gestione delle iniziative, anziché essere semplici esecutori di progetti pianificati esternamente.
Di seguito un elenco di azioni ricorrenti che sono in corso di attuazione presso le organizzazioni italiane:
- Formazione dello staff su questi temi
- Gestione del partenariato senza presenza della ONG italiana in loco (criticità oggettiva nella gestione)
- Discussione interna sulla tematica, paper di posizionamento, linee guida, cambiamento del linguaggio
- Rappresentanza legale in loco affidata ad una risorsa umana locale
- La realtà operativa in loco si sta strutturando come autonoma da un punto di vista giuridico e burocratico
- Sollecitazione alle organizzazioni locali a partecipare autonomamente ai bandi di finanziamento
- Riduzione impiego di figure espatriate
- Implementazione di pratiche di cooperazione Sud-Sud
- Supporto finanziario al partner locale per la copertura dei suoi costi correnti con totale autonomia sull’utilizzo dei fondi
- Re-granting e/o sub-granting a entità locali.
- Gestione di quote significative/prevalenti di budget dei progetti ad attori locali con ruolo di capofila nei progetti comuni