Una delle principali conseguenze dell’escalation dei conflitti di questi ultimi anni (Ucraina e Gaza in primis) è il collasso progressivo del diritto internazionale. Lo ha affermato Amnesty International in occasione del lancio del suo rapporto annuale “Lo stato dei diritti umani nel mondo”, che fornisce una valutazione dei diritti umani in 155 paesi del mondo. Il quadro che emerge da questa ricerca è alquanto desolante ed evidenzia fenomeni in crescita come la repressione dei diritti umani e la sistematica violazione delle regole internazionali, in un contesto di crescente disuguaglianza globale, di superpotenze in competizione per la supremazia e di una crescente crisi climatica.
Molti di quei paesi che dopo la Seconda Guerra Mondiale furono gli artefici del sistema giuridico internazionale si stanno mostrando incapaci di difenderlo e farlo rispettare, lo dimostra l’impunita violazione del diritto internazionale da parte di Israele, la continua aggressione della Russia contro l’Ucraina, e il crescente numero di conflitti armati e alle massicce violazioni dei diritti umani testimoniate, ad esempio, in Sudan, Etiopia e Myanmar. Insomma, secondo Amnesty, l’ordine globale basato su regole comuni è fortemente a rischio.
Inoltre l’illegalità, la discriminazione e l’impunità nei recenti conflitti sono state rese possibili anche grazie all’uso incontrollato di tecnologie che oggi sono abitualmente utilizzate come armi da attori militari, politici e aziendali. Le piattaforme di Big Tech hanno alimentato il conflitto. Gli spyware e gli strumenti di sorveglianza di massa vengono utilizzati per violare i diritti e le libertà fondamentali, mentre i governi stanno implementando strumenti automatizzati prendendo di mira i gruppi più emarginati della società. In un mondo sempre più precario, la proliferazione e l’impiego non regolamentati di tecnologie come l’intelligenza artificiale generativa, il riconoscimento facciale e gli spyware sono destinati a diventare un nemico pericoloso, aumentando e aggravando le violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani.
In un anno elettorale così cruciale a livello globale (si pensi alle lezioni in UE, USA, India, ecc) e di fronte alla lobby anti-regolamentazione sempre più potente guidata e finanziata dagli attori delle Big Tech, questi progressi tecnologici non regolamentati rappresentano un’enorme minaccia per le democrazie poiché possono essere utilizzati come armi per discriminare, disinformare e dividere le opinioni pubbliche.
Il rapporto presenta una dura valutazione del tradimento dei principi dei diritti umani da parte dei leader e delle istituzioni di diversi paesi rilevanti. Di fronte al moltiplicarsi dei conflitti, le azioni di molti stati potenti hanno ulteriormente danneggiato la credibilità del multilateralismo e minato l’ordine globale basato sulle regole stabilite a livello internazionale dal 1945 in poi. Le prove ormai largamente disponibili dei crimini di guerra commessi di recente dal governo israeliano in seguito ai terribili attacchi di Hamas e altri gruppi armati il 7 ottobre, non hanno mobilitato adeguatamente la comunità internazionale che ha dimostrato in questa occasione di delegittimare sempre più gli organismi internazionali preposti, un esempio su tutti è l’uso sistematico del veto da parte degli Stati Uniti per paralizzare il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite su una risoluzione necessaria per un cessate il fuoco e il boicottaggio del lavoro della Corte Penale Internazionale.
Il fallimento della comunità internazionale nel proteggere migliaia di civili – soprattutto donne e bambini – dall’essere uccisi nella Striscia di Gaza militarmente occupata rende palese che le stesse istituzioni create per proteggere i civili e sostenere i diritti umani non sono più adatte allo scopo. Ciò che abbiamo visto nel 2023 conferma che molti stati potenti stanno abbandonando i valori fondanti dell’umanità e dell’universalità sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani.
Il rapporto documenta anche la flagrante violazione delle regole da parte delle forze russe durante la continua invasione su vasta scala dell’Ucraina. Evidenzia attacchi indiscriminati contro aree civili densamente popolate, nonché infrastrutture per l’esportazione di energia e grano; l’uso della tortura o di altri maltrattamenti contro i prigionieri di guerra e la vasta contaminazione ambientale causata da azioni mirate dall’esercito russo.
Anche l’esercito e le milizie del Myanmar hanno condotto attacchi contro i civili, provocando oltre 1.000 morti civili solo nel 2023. Né l’esercito del Myanmar né le autorità russe si sono impegnati a indagare sulle segnalazioni di evidenti violazioni ed entrambi hanno ricevuto sostegno finanziario e militare dalla Cina.
Infine in Sudan, entrambe le parti in guerra, le Forze Armate del Sudan e le Forze di Supporto Rapido, hanno dimostrato poca attenzione per il diritto umanitario internazionale poiché hanno effettuato attacchi mirati e indiscriminati che hanno ucciso e ferito civili e hanno lanciato armi esplosive da quartieri densamente popolati uccidendo 12.000 persone nel 2023. Ciò ha innescato la più grande crisi di sfollamenti al mondo con oltre 8 milioni di persone costrette a fuggire. Senza una fine del conflitto in vista, la crisi alimentare che attanaglia il Sudan da mesi è ormai pericolosamente vicina a trasformarsi in carestia.