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Le nuove norme OCSE sul settore privato potrebbero inquinare i numeri dell’aiuto allo sviluppo

Nel mese di ottobre scorso, il DAC – Comitato per l’assistenza allo sviluppo dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha concordato una serie di nuove regole per classificare gli strumenti del settore privato, i cosiddetti PSI – private sector instruments (es. prestiti, investimenti, garanzie, ecc) come aiuto ufficiale allo sviluppo (APS). Con questo accordo, i membri del DAC si sono impegnati a adottare un nuovo modo di trattare gli strumenti del settore privato nelle statistiche del DAC, aprendo la strada, secondo i proponenti, a un maggiore impegno con il settore privato e consentendo una gamma più diversificata di strumenti di investimento per catalizzare la finanza privata per lo sviluppo sostenibile.

Un ambito dell’APS sempre più rilevante anche per l’Italia che si appresta a rivoluzionare il suo ruolo di “donatore” con l’impegno del Piano Mattei per l’Africa che metterebbe in campo un mix di strumenti provenienti da diverse fonti finanziarie con il settore privato in prima linea.

La vera novità delle nuove regole sta nel fatto che il DAC riconoscerà come APS operazioni del settore privato di carattere non concessionale abbandonando definitivamente il concetto base che vedeva l’APS come un trasferimento netto di risorse ai paesi in via di sviluppo. Da ora in avanti potrebbero essere contabilizzate come APS anche operazioni che generano rientri e quindi debito da parte dei paesi partner beneficiari.

Il DAC si attende da questi nuovi strumenti un effetto leva e una sostanziale addizionalità in termini di sviluppo, ma la sua scarsa capacità di verifica e controllo potrebbe rendere molto difficile il compito di misurare e contabilizzare l’impatto e ogni paese donatore potrebbe regolarsi a suo modo soprattutto davanti a possibili guadagni e rientri di investimento.

Un vulnus che lascia aperti molti dubbi sull’efficacia delle nuove regole in termini di incentivo e coinvolgimento del settore privato nello sviluppo, soprattutto nei paesi più poveri. Diversi osservatori ed ex funzionari del DAC sostengono che al contrario mineranno l’integrità e la solidità delle statistiche dell’APS riducendo nel medio periodo i finanziamenti a settori di vitale importanza – tra cui sanità, istruzione e cambiamento climatico – che fanno molto affidamento sulle sovvenzioni (grant).

A detta dell’ex capo della Divisione Statistica sui finanziamenti allo sviluppo dell’OCSE Simon Scott, è difficile credere che le nuove regole sui PSI possano sopravvivere a lungo perché non misureranno nulla. “Produrranno semplicemente numeri arbitrari con il simbolo del dollaro davanti. La stragrande maggioranza delle transazioni alla base di questi numeri non comporterà alcun trasferimento netto di risorse verso i paesi in via di sviluppo, e molte produrranno un sostanziale ritorno netto al paese donatore”.

Inoltre, secondo la rappresentanza della società civile, l’incremento dei PSI difficilmente andrebbe a beneficio dei paesi che hanno più bisogno di aiuto, le statistiche del DAC infatti mostrano che negli ultimi anni solo il 4% degli aiuti attraverso i PSI ha sostenuto investimenti nei paesi meno sviluppati.

Un’altra criticità rilevata riguarda la trasparenza e accountability delle statistiche dell’APS riguardanti i PSI. Le nuove regole lasciano aperte ulteriori scappatoie per sovrastimare l’APS non concessionale, ovvero diverso delle pure sovvenzioni, rendendo impossibile confrontare gli sforzi di aiuto reali per donatore, strumento, settore o obiettivo. Il DAC infatti consente anche ai donatori di scegliere tra diverse opzioni per rendicontare l’APS su determinati strumenti PSI, opzioni che producono risultati molto diversi per investimenti identici con rendimenti identici. In questo modo le statistiche OSCE potrebbero perdere ulteriormente rigore e credibilità, già indeboliti dalla dubbia contabilizzazione del cosiddetto “aiuto gonfiato” relativo ai costi di assistenza ai rifugiati e richiedenti asilo.

Anche secondo Stephen Cutts, già Deputy Head of Export Credits all’OSCE, il graduale allontanamento dalle sovvenzioni – già osservabile, ma sicuramente accelerato da questo nuovo accordo – avrà un impatto particolare su quei settori in cui gli investimenti non generano entrate finanziarie, come la sanità e l’istruzione. Questi settori, vitali per lo sviluppo economico e sociale a lungo termine dei paesi più poveri, fanno necessariamente affidamento sulle sovvenzioni e soffriranno il passaggio al sostegno del PSI. “In breve, meno sovvenzioni e più PSI nei paesi a medio reddito danneggeranno quelli che il DAC afferma di voler aiutare maggiormente”.

Sul banco degli imputati vengono messi la gran parte dai ministeri delle finanze dei paesi donatori che spingerebbero per queste nuove regole con l’obiettivo di poter incrementare l’APS del proprio paese con meno esborsi di bilancio.

Nonostante la disponibilità del DAC a una futura revisione in corso d’opera delle nuove regole, c’è chi, come Simon Scott, esorta la comunità umanitaria a iniziare a guardare oltre il DAC per ottenere una misurazione più oggettiva e indipendente della performance degli aiuti allo sviluppo.


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