In attesa che si chiuda la fase di costituzione della Cabina di regia e che il Piano Mattei si concretizzi in un documento prima strategico e poi attuativo, è invece in fase avanzata il processo di riconversione di programmi e progetti già in corso con il brand “Piano Mattei”.
Il nuovo Piano d’investimento italiano in Africa è infatti un’operazione ampia che parte dal cambiamento della narrazione. Non è un caso che da oltre un anno quello che viene veicolato dal governo e dalle istituzioni siano prevalentemente parole chiave, suggestioni e nuove ”etichette” che dovranno caratterizzare questa iniziativa. Un’operazione di immagine necessaria ma anche frettolosa che rischia però di cambiare la sostanza di interi programmi di cooperazione senza che sia stato effettuato alcun passaggio decisionale formale e che siano stati rispettati iter di confronto e condivisione legittimati e consolidati.
Partiamo dalle risorse, quei 5,5 miliardi di euro tra crediti, operazioni a dono e garanzie che arriveranno dal Fondo italiano per il clima (3 miliardi) e dai fondi per la Cooperazione allo sviluppo (2,5 miliardi). Si tratta di risorse convertite al Piano Mattei da altri canali che prevedono governance e procedure consolidate. I fondi della Cooperazione allo sviluppo, per esempio, sono spesi secondo una programmazione strategica pluriennale che per il triennio 2023-2026 non è stata ancora né finalizzata né formalizzata. È il Documento Triennale di Programmazione e Indirizzo, elaborato dal MAECI in collaborazione con gli attori del sistema italiano della cooperazione, che individua le priorità strategiche e geografiche dell’azione italiana. Eppure nonostante questo iter di programmazione non sia stato portato a termine, le priorità tematiche e geografiche del Piano Mattei sono state già applicate senza passaggi formali.
Un caso evidente è il bando da 180 milioni per la concessione di contributi a iniziative promosse da Enti Territoriali e dalle Organizzazioni della Società Civile lanciato recentemente dall’AICS e dichiaratamente etichettato come primo atto del Piano Mattei. Il bando ne recepisce le priorità tematiche (in particolare la formazione professionale e l’energia) e il focus geografico sull’Africa (85% dei fondi), modificando de facto la lista dei paesi prioritari della Cooperazione Italiana.
ELENCO PAESI DOCUMENTO TRIENNALE DI PROGRAMMAZIONE E DI INDIRIZZO DELLA POLITICA DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO PER IL 2021- 2023
- Africa: Egitto, Tunisia, Etiopia, Kenya, Somalia, Sudan, Burkina Faso, Mali, Niger, Senegal, Mozambico
- Medio Oriente: Giordania, Iraq, Libano, Palestina
- Balcani: Albania
- America latina e Caraibi: Cuba, El Salvador
- Asia: Afghanistan, Myanmar
ELENCO PAESI BANDO AICS 2023
Una dinamica simile è stata applicata recentemente ai fondi dell’otto per mille dell’IRPEF a gestione statale dedicati annualmente alla categoria “fame nel mondo”. Un capitolo di spesa gestito direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri che fino ad oggi era destinato senza indicazioni specifiche sulle aree geografiche. Nei parametri di valutazione pubblicati per il prossimo anno viene specificato che i progetti destinati alla categoria “Fame nel mondo” devono essere localizzati nel continente Africano nei Paesi con i quali il Governo ha inteso concludere accordi. Una modifica che di fatto cambierà profondamente anche la natura di questo strumento finora destinato a finanziare interventi straordinari e di urgenza legati alla malnutrizione e alla sicurezza alimentare.
Il re-branding del Paino Mattei si evince anche da una serie di progetti che la premier Meloni ha elencato durante la recente Conferenza Italia-Africa come interventi già avviati nell’ambito del Piano.
- La realizzazione di «un grande centro di eccellenza per la formazione professionale sul tema delle energie rinnovabili» in Marocco: missione a cui da anni lavora la fondazione RES4Africa, fondata nel 2012 e sostenuta da grandi aziende pubbliche e private tra cui Enel, Terna, Intesa Sanpaolo e PwC.
- L’impegno in Costa d’Avorio per migliorare l’accesso ai servizi sanitari, «un progetto di monitoraggio satellitare sull’agricoltura» in Algeria, la costruzione di un centro agroalimentare in Mozambico, il sostegno alla produzione di grano, mais, soia e girasole in Egitto, la realizzazione di impianti di depurazione delle acque in Tunisia (programma avviato già nel 2020 da ENI).
- L’iniziativa sulla filiera dei biocarburanti in Kenya che è partita già nel 2021, durante il governo Draghi con ENI che attiva attualmente 50mila agricoltori in territorio keniota.
- L’interconnessione elettrica ELMED tra Italia e Tunisia, ovvero la costruzione di un cavo sottomarino di 220 chilometri a cui lavorano Terna, la società pubblica italiana responsabile della trasmissione dell’energia elettrica, e l’omologa tunisina Steg. Per la sua realizzazione la Banca mondiale ha stanziato di recente quasi 270 milioni di dollari in favore della Tunisia.
- Il Corridoio H2 Sud, che prevede la realizzazione di migliaia di chilometri di condotti per portare l’idrogeno dal Nord Africa all’Europa tramite l’Italia: l’opera coinvolge l’azienda pubblica SNAM (Società nazionale metanodotti), nel contesto di una strutturata di cooperazione tra l’Italia e la Germania.
Da questo elenco si capisce come il “Piano Mattei” venga inteso al momento come una sorta di cornice all’interno della quale vengono inseriti progetti in programma da tempo e su cui importanti aziende pubbliche avevano già investito.
Una cornice della quale la Cooperazione italiana ha probabilmente bisogno ma che dovrebbe essere più condivisa se vuole essere capace di inquadrare e valorizzare l’intero sistema paese. Partire con il bicchiere mezzo pieno è del tutto condivisibile e servirà a dare forza e reputazione al Piano Mattei ma questo non può avvenire con troppe scorciatoie o saltando gli ostacoli formali.
Da quanto letto ho notato che Somalia-Etiopia-Kenya sono annoverate fra i Paesi che avranno parte nel Piano Mattei, mentre non è presente l’Eritrea. Forse una svista, una dimenticanza, lo spero visto che questa è la Nazione che l’Italia conosce bene essendo stata una colonia costruita dal nulla. Il Presidente Isaias Afeworky ha sostenuto che l’Italia deve ricominciare il lavoro da quando è stato interrotto e danneggiato dagli inglesi (1941). Spero vivamente, da vecchio asmarino, che il popolo eritreo venga tenuto nella giusta considerazione; sono più di 80/anni che aspettano il ritorno degli italiani.