È stato lanciato ripetutamente dalla premier Meloni in occasione di tutte le missioni effettuate all’estero a partire dalle visite in Algeria, Libia, Tunisia ed Etiopia, ma i contenuti reali del cosiddetto Piano Matteri per l’Africa sono ancora misteriosi, nessuna rappresentanza degli attori coinvolti nella cooperazione internazionale è stata mai consultata o informata in questi mesi.
Eppure a sentire il governo, già gli accordi siglati con Algeria e Libia rientrano nella cosiddetta “formula Mattei per l’Africa”, una promessa contenuta nel programma elettorale di Fratelli d’Italia per le elezioni politiche del 2022. Il nome di questa iniziativa riprende quello di Enrico Mattei, ex presidente dell’ENI morto in un’incidente aereo nel 1962 e considerato uno dei più importanti dirigenti d’azienda italiani nel settore energetico.
Anche la visita in Italia della delegazione angolana di maggio scorso è stata comunicata come un ulteriore step del piano, che sarebbe basato su un “modello di cooperazione non predatorio in cui entrambi i partner devono poter crescere e migliorare creando catene di valore e aiutando le nazioni africane a vivere meglio delle risorse che hanno a loro disposizione”. Secondo quanto dichiarato in diverse occasioni il piano prevederebbe di arrivare entro due anni al totale sganciamento dal gas russo, per poi crescere progressivamente come hub di distribuzione di energia dal Nord Africa al cuore dell’Unione europea.
Ma allora il Piano Matteri è già in fase di implementazione? O deve essere ancora scritto?
A quanto abbiamo avuto modo di ascoltare nelle ultime occasioni pubbliche, il lancio del piano sarebbe slittato a ottobre, periodo in cui si svolgerà a Roma il Forum Italia-Africa, Summit intergovernativo che si svolge ogni due anni. Secondo quanto dichiarato da Meloni questa “potrebbe essere l’occasione giusta per presentare definitivamente in nostro Piano Mattei. Intanto ci stiamo lavorando in cooperazione con i Paesi africani perché non puoi pretendere di sapere quali siano le soluzioni migliori. Ottobre è l’occasione per arrivare alla presentazione definitiva del Piano”.
Se gli accordi firmati fino ad oggi con diversi stati africani sono un’anticipazione del Piano Mattei allora è abbastanza chiara l’intenzione politica, meno chiari invece gli strumenti che verranno messi in campo e gli attori che saranno chiamati a interagire. Non c’è solo l’energia, l’altro tema consistente, è la gestione dei flussi migratori che ha riguardato accordi distinti ma paralleli. Su questo la Meloni resta in linea con le politiche del passato, con l’idea che in cambio di affari e aiuti si possa chiedere ai paesi africani di reprimere il fenomeno per eliminare il “problema” all’origine.
Di tutto comunque si è sentito parlare in questi ultimi sei mesi a riguardo del Piano Mattei, eccetto di una cosa: della Cooperazione italiana, quel sistema che con la legge 125 si è guadagnato un posto addirittura nella denominazione del ministero presieduto oggi da Antonio Tajani.
A sentire le diverse constituency che lo compongono, nessuno ha finora avrebbe ricevuto informazioni, richieste di contributo, nessuna consultazione è stata messa in campo a pochi mesi dall’ufficiale presentazione, in un mondo che dovrebbe essere il laboratorio unico di un piano del genere. Gli organi preposti per legge, il Consiglio Nazionale per la Cooperazione, il Comitato interministeriale per la Cooperazione, sono fermi da mesi in attesa che dall’alto arrivi il fantomatico piano, così come silente è il Vice Ministro con delega alla Cooperazione, Edmondo Cirielli.
Ma qualunque cosa contenga il Piano Mattei, non potrà certo essere un compendio di accordi bilaterali firmati, al di là nell’ENI e della Guardia Costiera dovrà pur coinvolgere gli attori che la cooperazione italiana la fanno sul campo da oltre 50 anni.
La premier ha vantato in questi mesi lo sforzo di ascolto nei confronti dei paesi africani in un’ottica “decolonizzata” e “non predatoria” ma per ora non si è preoccupata di coinvolgere anche gli altri attori che con quei governi ci interagiscono quotidianamente, il mondo dell’impresa che investe all’estero, della ricerca, della società civile che cooperano in maniera stabile e intrattengono rapporti istituzionali molto strutturati oltre a vantare una forte presenza su quei territori.
Dal Piano Mattei potremo capire dove vuole arrivare Giorgia Meloni, in Africa e nel Mediterraneo. Capiremo anche se la legge 125 resterà al centro della politica estera italiana o se la direzione sarà quella di tornare a un Ministero degli Esteri (MAE) nella quale la CI (Cooperazione Italiana) sarà ridimensionata e resa completamente strumentale alla politica estera.