ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Vuoi ricevere ogni giorno i bandi e le news?

La UE critica gli altri paesi per aver represso la società civile ma sta per fare lo stesso

Migliaia di persone si sono radunate per le strade della capitale georgiana Tbilisi nel marzo scorso per protestare contro un disegno di legge che chiede alle organizzazioni no profit per i diritti umani e ai media di registrarsi come “agenti di influenza straniera” se ricevono più del 20% dei loro finanziamenti dall’estero. Le proteste sono risuonate fino a Bruxelles, e il Servizio europeo per l’azione esterna, responsabile per gli affari esteri dell’UE, ha prontamente avvertito il governo georgiano che una tale legge sarebbe “incompatibile” con i valori e gli standard dell’UE e andrebbe “contro l’obiettivo dichiarato della Georgia di aderire all’Unione europea”. Una posizione simile aveva riguardato le famose «Leggi anti-Soros» di Orban in Ungheria che imponevano alle Ong attive sul territorio ungherese di denunciare e rendere pubblici tutti i dati personali dei loro donatori stranieri se i loro contributi annuali superavano ai 1.300 euro. Una legge che fu poi dichiarata incompatibile con il diritto comunitario dalla Corte di giustizia dell’UE.

Queste legislazioni sulla “trasparenza dell’influenza straniera” hanno spesso sollevano serie preoccupazioni a livello europeo e la UE stessa ha sempre preteso dai paesi candidati di intraprendere riforme per garantire la libertà di stampa e della società civile se volessero entrare a far parte dell’UE.

Eppure, mentre l’Europa castigava la Georgia, per le organizzazioni non governative europee si preparano a livello comunitario delle proposte legislative simili, qualcosa di non molto diverso dalla legge statunitense sulla registrazione dei cosiddetti “agenti stranieri”. Recentemente diverse direzioni generali dell’Unione Europea hanno già iniziato a inviare dei questionari alle ONG con sede a Bruxelles chiedendo informazioni sulle loro fonti di finanziamento, specialmente su eventuali contributi che arrivano dall’esterno dell’UE.

L’UE che rivendica la sua autorità morale in tutto il mondo per aver mantenuto una società civile aperta e dinamica, con questa proposta di legge che cerca di regolamentare le ONG, rischia di ricadere in una flagrante ipocrisia.

La proposta di legge europea è ancora in una fase preliminare e fa parte di un pacchetto legislativo che la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha definito necessario per difendere la democrazia delle istituzioni. La burocrazia dell’UE si è consultata con alcune ONG e con le loro reti di rappresentanza sui dettagli della legge. Emerge una diffusa preoccupazione tra i rappresentanti della società civile perché è evidente come da un punto di vista puramente politico la Commissione stia assecondando la posizioni di alcuni governi di destra populista che governano importanti paesi europei, l’Italia in primis, che per anni hanno alimentato pregiudizi anti-ONG per guadagnare consensi sul tema migrazione e promuovere la propria agenda politica identitaria.

Gli attivisti accusano il Partito popolare europeo (PPE), il più grande gruppo politico al Parlamento europeo, di aver deliberatamente utilizzato le ONG come capro espiatorio dello scandalo Qatargate e sta usando il coinvolgimento della associazione di Antonio Panzeri, Fight Impunity per infangare la reputazione di tutto il mondo non governativo.

Ieri il parlamento europeo, sempre su spinta del PPE, ha votato a favore della creazione di una “lista nera pubblica” delle ONG. L’elenco includerebbe le ONG “impegnate in attività come l’incitamento all’odio, l’incitamento al terrorismo, l’estremismo religioso che sostiene o glorifica la violenza” o che “hanno abusato o si sono appropriate indebitamente di fondi dell’UE”. Il Parlamento si è detto “profondamente preoccupato” che i fondi dei contribuenti possano andare a sostenere progetti realizzati da o che coinvolgono “ONG con legami con organizzazioni religiose e politiche radicali”.

Il voto non vincola necessariamente la Commissione europea, di fatto si tratta più di una risoluzione che “deplora” o “condanna” certi comportamenti e a quanto pare prende spunto non solo dal caso Qatargate ma anche da un’indagine interna in corso sul potenziale abuso di fondi UE da parte di ONG palestinesi accusate di essere in qualche modo affiliate al terrorismo.


Leggi anche






Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *