Il mese scorso, il Presidente americano Joe Biden ha presentato un nuovo piano di budget dell’Unione di 6.8 triliardi di dollari per rilanciare e consolidare l’economia e rimettere gli USA in grado di far fronte alle grandi sfide internazionali. Con il fine ultimo di ridurre il deficit, in questa roboante somma sono compresi ampi programmi di tassazione ai super-ricchi e grandi compagnie, che andrebbero a coprire le spese dei nuovi programmi di welfare sociale per le classi più povere. Inoltre, non mancano nuove e ingenti spese militari e in politica estera.
Il budget destina $70.5 miliardi a programmi di politica estera ed internazionale per il solo 2024, un aumento dell’11% rispetto al 2023. Questa somma includerebbe $63.1 miliardi per l’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID).
Tale incremento si inserisce in una visione più ampia dell’amministrazione Biden rispetto alle grandi problematiche a livello internazionale. Innanzitutto, di primo piano è il fattore di competizione con la Cina, che negli ultimi anni ha assunto un ruolo sempre più centrale nell’aiuto ai paesi in via di sviluppo, consolidandosi di fatto come la prima potenza mondiale in termini di investimenti nel continente africano e nell’area dell’Indo-Pacifico. Per questo motivo, il budget assegna $2 miliardi al Fondo Internazionale per le Infrastrutture, che supporti la costruzione di infrastrutture essenziali, altrettanti alla Compagnia Finanziaria degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale, al fine di aumentare la capacità di investimenti di capitali nelle regioni più arretrate, e $2.3 miliardi a USAID per “supportare un Indo-Pacifico aperto, sicuro ed interconnesso”. In aggiunta, viene fatta richiesta per stanziare più di $8 miliardi per gli sforzi diplomatici ed umanitari nell’Africa Subsahariana, oltre a fondi destinati alle crisi migratorie in Centro-Sud America e la grande crisi istituzionale ed umanitaria ad Haiti.
Dopo un brusco stop, viene rilanciato il programma Prosper Africa, grande progetto ideato dal governo Trump in chiave anti-cinese ed anti-russa, e ripreso dall’amministrazione Biden in prospettiva di uno sviluppo commerciale dei paesi africani. Tale programma stanzia i fondi per le ricerche sui mercati locali, con l’identificazione di investimenti validi, simboleggiando uno sforzo pubblico per creare comunicazione tra imprese americane e africane.
Sul fronte umanitario, diversi sono gli stanziamenti messi in campo dal programma di budget. La priorità energetica e climatica viene evidenziata dai $3 miliardi al fondo PREPARE (Piano Energetico Presidenziale per l’adattamento e la resilienza), col fine di supportare più di mezzo miliardo di persone nell’adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici nei paesi in via di sviluppo. Più di $10 miliardi saranno destinati ad operazioni umanitarie, e più di un miliardo a programmi per la sicurezza alimentare nelle zone più colpite da carestie e avversi eventi climatici.
Altra priorità chiave dell’amministrazione Biden sono il rafforzamento della salute globale e la sicurezza sanitaria, per i quali vengono richiesti $10.9 miliardi, che comprendono $2 miliardi destinati al Fondo Globale per la Lotta all’AIDS, Tubercolosi e Malaria. Inoltre, vengono destinati $500 milioni al Fondo Pandemico, per accelerare i miglioramenti sulla sicurezza sanitaria globale e sulla preparazione in caso di altri rischi pandemici. Nota critica riguarda invece i fondi destinati al PEPFAIR (Piano d’Emergenza del Presidente per il Soccorso all’AIDS), la più grande iniziativa sanitaria globale e bilaterale, per i quali i fondi diminuiscono di $25 milioni di dollari nel nuovo budget, provocando il disappunto degli addetti ai lavori, secondo i quali “il presidente sa che siamo vicini a sconfiggere l’HIV, ma ha deciso di non assecondare l’urgenza di questo momento importante per porre fine una volta per tutte a questo virus”. Altri fondi vengono infine stanziati per programmi destinati alla democrazia e alla difesa dei diritti umani ($3.4 miliardi) e per la parità di genere ($3 miliardi).
Gli Stati Uniti hanno sempre speso ingenti somme in assistenza umanitaria, rappresentando il primo paese in termini di donazioni assolute calcolate sull’indice dell’Aiuto Pubblico alla Sviluppo (APS). Dal 2012 al 2021 la spesa per gli aiuti umanitari è più che triplicata. Ciò nonostante, gli USA figurano solo al ventitreesimo posto tra i donatori OSCE, se si considerano le spese umanitarie in rapporto al reddito nazionale lordo (RNL). L’assistenza è aumentata consistentemente da quando Biden è diventato presidente, mentre l’amministrazione Trump aveva cercato di tagliare i fondi ad alcune iniziative, registrando una decrescita dei livelli di APS.
Sebbene i piani umanitari nell’Agenda di Sviluppo Globale continuino ad avere un forte supporto bipartisan nelle camere del Parlamento, il budget dovrà passare per la Camera dei Rappresentati (a maggioranza repubblicana) e per il Senato, che esamineranno le proposte e rilanceranno con nuove iniziative, ma anche possibili tagli. Mentre alcuni repubblicani appoggerebbero la maggior parte delle proposte, c’è chi chiede una sostanziale riduzione dei fondi destinati agli aiuti. La strada per l’approvazione e la successiva implementazione del budget è ancora lunga e si presenta tortuosa, per chiudere questa importante partita l’amministrazione Biden dovrà essere capace di allargare quanto più possibile il consenso sulle misure proposte facendo leva sulla sfida sempre più tesa con la Cina, unico argomento in grado di catalizzare un sostegno bipartisan sempre più necessario. (Articolo a cura di Giovanni Colombo)