Il commissario europeo per la gestione delle crisi, il diplomatico sloveno Janez Lenarčič, è stato chiaro: “l’Unione europea non preleverà fondi da altre crisi in tutto il mondo per rispondere all’escalation del conflitto in Ucraina”, così ha affermato martedì scorso parlando ai membri del Parlamento europeo a Bruxelles.
La Commissione europea ha messo sul tavolo 90 milioni di euro in risposta al cosiddetto appello lampo delle Nazioni Unite che ha punta a raccogliere 1,7 miliardi di dollari di “fresh fund”, ovvero nuovi finanziamenti. Pochi giorni prima la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen aveva annunciato un sostegno all’Ucraina con oltre 450 milioni di euro in attrezzature militari, 50 milioni in aiuti non letali e ulteriori 500 milioni di euro per far fronte alle conseguenze umanitarie del conflitto, sia nel Paese che all’esterno per i profughi che verranno accolti negli stati dell’unione. Dal 2014 ad oggi l’UE ha stanziato oltre 193 milioni di euro in aiuti umanitari all’Ucraina, secondo quanto si legge in un recente comunicato stampa della Commissione.
“Non abbiamo preso alcun finanziamento da nessun altro programma umanitario che stiamo finanziando in tutto il mondo, ha assicurato il commissario, e contiamo di continuare con questo approccio”.
Inutile dire che tra gli operatori della cooperazione e dell’umanitario, impegnati dalla prima ora sulla crisi Ucraina, cresce la preoccupazione che il conflitto e la conseguente situazione umanitaria portino a una diminuzione dei fondi stanziati per altri contesti di emergenza e conflitto. A lanciare un primo appello in tal senso sono quattro grandi family internazionali come Oxfam, Norwegian Refugee Council (Nrc), Action Against Hunger e Médecins du Monde France. In teatri complessi come il Burkina Faso nel solo mese di gennaio sono state registrate 160.000 nuove persone che hanno dovuto abbandonare le loro case che si sommano a 1,7 milioni di sfollati burkinabè, di cui due terzi minori; sarebbero oltre tre milioni le persone che si trovano in una condizione di insicurezza alimentare.
In Siria. 333 persone sono state uccise solo a febbraio nella guerra civile in corso da circa 11 anni. Lo riferisce l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, secondo cui nel bilancio si contano 161 vittime civili, di cui 34 tra bambini e adolescenti e 11 donne. L’Osservatorio denota anche un aumento dei bombardamenti nella «de-escalation zone» che si estende tra la periferia di Aleppo e il governatorato di Lattakia e che ha visto oltre 1.400 missili caduti su obiettivi civili e militari.
L’appello delle organizzazioni è rivolto ovviamente ai governi e alle istituzioni affinché non dimentichino gli altri scenari di conflitto in questa fase in cui l’attenzione è giustamente rivolta alla crisi Ucraina e assicurino che i fondi dedicati non saranno sottratti da altri capitoli di spesa altrettanto necessari.
Una preoccupazione condivisa da molte OSC italiane che hanno assistito allo stanziamento del governo italiano di 110 milioni di euro in “budget support” all’Ucraina. Si tratta di denaro dato direttamente per le esigenze del governo ucraino, non vincolato a specifiche emergenze che il ministro Di Maio ha disposto di trasferire direttamente a Kiev dai fondi dell’Agenzia per la Cooperazione (AICS). Risorse sottratte nello specifico dal fondo per l’Aiuto pubblico allo sviluppo destinate al bilaterale, in pratica il denaro che l’Italia assegna al MAECI per finanziare gli interventi di cooperazione nei Paesi terzi, spesso anche attraverso le ONG.
Un fondo che con le integrazioni della legge di bilancio sarebbe dovuto arrivare a 300 milioni di euro – ricorda Silvia Stilli, portavoce di AOI. “Ma per ora siamo a soli 240 milioni, una cifra contenuta rispetto alla mole di interventi che andrebbero fatti all’estero, e noi, per raggiungerla, ci siamo dovuti battere a lungo. Ora, circa la metà viene decurtata e assegnata a un governo che affronta una guerra, e che sarà quindi libero di impiegarla come meglio crede”.
La richiesta è che questi fondi vengano re-integrati al più presto e che futuri stanziamenti necessari per supportare la popolazione ucraina nel paese e fuori siano stanziato con risorse nuove e aggiuntive e che non vadano a intaccare l’impegno dell’Italia su altri fronti di emergenza e di crisi umanitarie.