Secondo i dati OECD-DAC nel 2019 l’Italia ha registrato un calo dell’APS dell’11%, passando dai 4,397 miliardi di euro del 2018 a 3,906 miliardi. Il rapporto APS/Reddito Nazionale lordo, parametro che misura la reale crescita degli impegni finanziari nel settore, registrerebbe uno sconfortante 0,22%, ponendo il nostro Paese al di sotto la media dei Paesi OECD-DAC, nonostante l’impegno a raggiungere lo 0,7% più volte reiterato, e disatteso, negli ultimi decenni.
Un calo che va oltre la riduzione considerevole dei costi legati all’accoglienza dei migranti nei confini del nostro Paese prodotta principalmente dalle politiche sempre più restrittive messe in atto dal governo. Che ci hanno permesso di risparmiare 397,37 milioni di euro per il 2019. Eppure al calo della spesa effettiva in accoglienza non segue una proporzionale riduzione degli stanziamenti previsti che, anche nell’ultima Legge di Bilancio (2021-2023), rimangono elevati (1.050 milioni di euro). A nulla sono servite le richieste delle reti della società civile impegnata nella cooperazione internazionale per l’aumento degli stanziamenti e la creazione di uno fondo speciale per la risposta all’emergenza Covid-19 dell’ammontare di 200 milioni di euro all’anno per il successivo triennio.
Un quadro non incoraggiante quello che emerge dai dati analizzati da ActionAid Italia che ha recentemente pubblicato l’edizione 2020 dell’annuario della Cooperazione allo Sviluppo dal titolo “L’Italia e la lotta alla povertà nel mondo: la cooperazione allo sviluppo di fronte alle sfide della pandemia”.
Un rapporto che oltre ad analizzare i numeri dell’aiuto italiano mette in luce le debolezze che caratterizzano il sistema di governance della cooperazione allo sviluppo. A sei anni dalla entrata in vigore della Legge 125 del 2014 il sistema rimane frammentato, la capacità di elaborazione strategica e di programmazione resta limitata, gli organismi chiave per la governance del sistema si riuniscono occasionalmente e l’Agenzia tecnica creata dalla legge stenta a decollare. In sintesi: un sistema di cooperazione in stallo che come certificato anche dall’ultima Peer Review del 2019 condotta dall’OECD/DAC, lascia sostanzialmente sulla carta il grosso potenziale della legge 125.
Da diversi anni, ormai, l’opportunità di assistere ad un aumento degli stanziamenti di APS nella Legge di Bilancio viene sistematicamente disattesa. Nessuno dei numerosi emendamenti presentati negli ultimi anni anche su spinta della società civile ha avuto esito positivo. Pur essendo parte integrante della politica estera del nostro Paese la cooperazione allo sviluppo non rappresenta una priorità per la politica se non quando la si può utilizzare per realizzare altri interessi, come ha mostrato chiaramente il caso del contrasto alla cosiddetta migrazione irregolare.
Il rapporto prende poi in esame le risorse del Fondo per gli interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo con i Paesi africani lungo le rotte migratorie (noto come Fondo Africa) e del Decreto Missioni.
A seguire i dati relativi ai diversi canali dell’aiuto: il canale bilaterale, ovvero quello della relazione diretta fra Italia e Paesi partner, è quello più debole in ragione della cronica mancanza di finanziamenti e la cooperazione multilaterale, ossia le risorse date in gestione a Organismi internazionali, banche e fondi di sviluppo, è stata una componente importante e prevalente della spesa in APS del nostro Paese.
Interessanti anche i dati che delineano la geografia dell’aiuto italiano. Ai 22 Paesi prioritari per la cooperazione allo sviluppo italiana, così come definiti nel Documento triennale di programmazione e indirizzo per la Cooperazione internazionale 2016-2018, sono stati destinati 229 milioni di euro, vale a dire il 69,8% del totale delle erogazioni a dono ripartibili regionalmente (328,69 milioni di euro). I paesi più finanziati sono Afghanistan 30,5 milioni, Palestina 27, Libano quasi 26 milioni così come il Mozambico, primo paese africano.
Infine una disamina dell’APS ripartito per settori di intervento. Il primo settore è quello dell’aiuto umanitario, con un valore di 136,68 milioni rispetto ai 125,89 milioni dell’anno precedente. A seguire Governo e società civile 41,8 milioni, Salute 39, Agricoltura, Foresta e Pesca 36 ed Educazione 22,5 milioni.
Il rapporto si chiude con un capitolo dedicato alle risorse canalizzate attraverso il settore privato profit e uno che riporta le azioni specifiche intraprese per affrontare le sfide della pandemia.