La vittoria delle elezioni presidenziali americane da parte di Joe Biden è una buona notizia per la cooperazione internazionale e più in generale per il futuro del multilateralismo, sia perché il nuovo presidente saprà certamente riparare ad alcuni dei danni che il suo predecessore ha causato, sia perché sembra improbabile che possa causarne di peggiori. La cattiva notizia invece è che molto probabilmente, il Senato rimarrà sotto il controllo repubblicano, anche se i senatori repubblicani rappresentano molti meno cittadini rispetto ai senatori del partito democratico. Questi ultimi potrebbero impedire a Biden di attuare un programma di riforme completo e globale: potrebbero bloccare, ad esempio i finanziamenti per l’assistenza sanitaria o potrebbero ostacolare azioni sul clima. L’impatto internazionale di Biden, quindi, dipende da quanto riuscirà ad ottenere a casa propria.
D’altra parte, viviamo in un’epoca in cui la cooperazione internazionale è indispensabile, la pandemia lo sta dimostrando ampiamente se ancora ce ne fosse bisogno. Nessuna nazione, nemmeno gli Stati Uniti, può affrontare da sola le sfide più importanti. La crisi climatica è probabilmente l’esempio più importante, perché il cambiamento che sta apportando è irreversibile. Il commercio globale, la sanità pubblica e la salvaguardia della pace, inoltre, impongono anche ai governi di coordinare la loro azione in modo responsabile. Trump ha dimostrato che è facile distruggere le istituzioni globali, ma non è stato in grado di sostituirle con qualcosa di meglio.
In tutto questo riassestamento generale, però, si possono già intravedere alcune azioni positive che verranno attuate dalla nuova amministrazione della Casa Bianca che ha ufficializzato oggi il nome di Antony Blinken, veterano della politica estera e consigliere di lunga data di Joe Biden, nel ruolo cruciale di segretario di Stato. Gli Stati Uniti, ad esempio, si uniranno nuovamente all’Accordo di Parigi sul clima e all’Organizzazione Mondiale della Sanità, ri-avviando politiche green messe nel cassetto dopo l’epoca Obama. Inoltre, difficilmente Biden continuerà a bloccare la nomina di nuovi giudici per i gruppi di risoluzione delle controversie dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Nel dibattito globale, anche la promozione della democrazia e la lotta contro la corruzione ne trarranno beneficio. La Presidenza Biden, inoltre, ha sottolineato una presa di distanza dalla politica migratoria dell’amministrazione precedente ponendo l’accento sull’importanza della mobilità umana globale.
Ci sarà un ritorno di fiducia nei confronti delle Nazioni Unite, con un sostegno alla democrazia e ai diritti umani come linee guida della politica estera. Dopo il braccio di ferro di Trump con il palazzo di vetro e diverse Organizzazioni Internazionali (in primis l’OMS), potrebbe verificarsi un cambio rotta a partire dell’UNRWA – l’Agenzia dell’Onu che lavora per i rifugiati a Gaza e in Palestina – con la possibilità di poter rifinanziare (o perlomeno bloccare il processo di azzeramento e taglio ai finanziamenti) sia quest’ultima che l’UNFPA.
Infine sull’aiuto allo sviluppo è improbabile che Biden possa continuare il processo di abbattimento progressivo di USAID avviato da Trump con pesanti tagli del budget dell’agenzia.
Insomma il multilateralismo può tirare un sospiro di sollievo ma non sarà certo Biden da solo a salvarlo dall’inesorabile crisi che registriamo ormai da un decennio. Nel frattempo anche in Europa c’è chi ipotizza nuove forme di collaborazione internazionale. A dare l’ultima picconata al multilateralismo tradizionale ci ha pensato pochi giorni fa il presidente francese che ha rilasciato una lunga intervista proprio all’indomani della vittoria di Biden. Secondo Macron le Nazioni Unite non si sono dimostrate da sole all’altezza sulle grandi questioni globali (si allude sicuramente al ruolo dell’OMS sul Covid-19), da qui la necessità di mettere in campo nuove colazioni originali che vedano coinvolte oltre gli Stati, le imprese, gli attori locali, e le associazioni della società civile.