Secondo la terminologia fissata dall’OCSE DAC (Development Assistance Committee), quando nella logica progettuale si parla di risultati (results) ci riferiamo a tutta la catena dei risultati composta da outputs, outcomes e impact di un intervento di sviluppo. Sono questi i tre livelli di risultati che possono essere rappresentati in una catena che si riflette nella struttura della matrice del quadro logico composta da obiettivo generale, obiettivo/i specifico/i e risultati attesi. Una catena quindi che deve essere obbligatoriamente costruita sulla base di collegamenti logici causali accompagnati da indicatori SMART (Specifici, Misurabili, Accessibili, Rilevanti, definiti nel Tempo) con relative fonti di verifica che può consentirci di migliorare la qualità degli interventi sia in termini di progettazione che di implementazione, monitoraggio e rendicontazione.
E’ questa la fase cruciale della progettazione di questo periodo storico in cui l’attenzione di donatori e stakeholders è sempre più indirizzata (forse eccessivamente e in modo poco realistico) alla rendicontazione dell’impatto e alla misurazione del cambiamento e gli operatori delle organizzazioni sono chiamati a tenere insieme le esigenze del field con la necessità di inserire i propri interventi in un disegno strategico più ampio tenendo conto anche degli obiettivi fissati a livello internazionale (vedi SDGs).
La complessità di questo “periodo di transizione” verso una cooperazione più “result based” è sempre più chiara agli operatori del settore a partire dagli enti donatori fino alle organizzazioni che operano sul campo. Si sente forte il bisogno di un cambiamento anche culturale che necessita però di maggior chiarezza sulle priorità e sui metodi di finanziamento oltre che di misure di accompagnamento importanti a tutti i livelli, che non si limitino quindi alla somministrazione di nuove procedure, linee guida e formulari da compilare.
Se sul fronte delle organizzazioni sono tante quelle che iniziano ad investire in formazione ad hoc e accompagnamento alla pianificazione strategica (ad esempio utilizzando l’approccio della Teoria del Cambiamento) anche dal lato donatori qualcosa si sta muovendo per elaborare e mettere a disposizione degli operatori strumenti formativi, documenti di indirizzo e linee guida.
Appena prima della fine del 2019 la Commissione Europea, nello specifico DEVCO – la direzione generale che ha in carico la cooperazione internazionale – ha messo in rete una utilissima guida interattiva all’identificazione di risultati e indicatori da utilizzare nella fase di progettazione di interventi di sviluppo in linea con le priorità della cooperazione europea e con gli SDG e relativi indicatori. Per ciascun settore identificato dall’unità “Valutazione e risultati” di Devco, la guida fornisce un diagramma della catena dei risultati, che riflette le priorità politiche dell’UE a partire dai documenti chiave della politica di sviluppo, una breve narrazione che spieghi l’approccio sottostante e una serie di indicatori chiave associati a ciascun risultato atteso dalla catena dei risultati.
Per ora i settori tematici identificati sono otto collegati agli SDG, nello specifico:
- Digitalisation
- Education
- Food & Agriculture
- Governance
- Green Economy
- Investment Climate
- Migration
- Peace and security
Il “Diagramma a catena dei risultati” è proposto in modo interattivo e consente agli utenti di avere una visione dei collegamenti logici tra output e risultati e di come il loro raggiungimento porterebbe all’impatto desiderato. Selezionando un Output, un Outcome o un Impact si possono visualizzare i relativi collegamenti suggeriti all’utente. Nella sezione “Risultati e Indicatori” vengono proposti per ogni livello di risultato i possibili indicatori con relativi riferimenti internazionali e link a fonti di dato e altri approfondimenti.
Uno strumento interessante che può essere utile alla comunità degli operatori della cooperazione soprattutto se sarà ulteriormente implementato da Devco in modo da coprire i settori tematici mancanti. E’ però ancora da approfondire l’aspetto legato alle fonti di verifica (data source), mancanti in alcuni casi, e alla raccolta dei dati, ai vari livelli. Anche in questo caso la riflessione passa dalla necessità di prevedere risorse adeguate, da parte di donatori e stakeholder, per poter provvedere a questi aspetti.
Vai alla “Guida Results and Indicators for Development”
Un esercizio simile è stato pubblicato anche dall’Agenzia spagnola per la cooperazione che nel suo percorso per dotarsi di un sistema cosiddetto “result based” ha elaborato una pianificazione strategica pluriennale. Per facilitare una pianificazione e progettazione più coerente dei diversi attori coinvolti nel sistema della cooperazione spagnola e rafforzare la capacità di monitorare i progressi in termini di risultati ha messo a disposizione una guida ai risultati e indicatori tipo per la cooperazione bilaterale e multilaterale.
Scarica il “DIRECTORIO DE RESULTADOS-TIPO DE LA COOPERACIÓN ESPAÑOLA – Edición 2019”
Anche l’Agenzia italiana è a lavoro per impostare un sistema basato sui risultati, è questo uno degli impegni principali che la cooperazione italiana dovrà portare avanti anche alla luce dei risultati della Peer review 2019 recentemente resi noti dall’OCSE/DAC.
La speranza è che anche l’AICS prenda coscienza che questo processo ha una portata culturale e non si risolve nell’elaborazione di nuove procedure di progettazione, gestione e rendicontazione. Questi sono il punto di arrivo del percorso che dovrebbe partire dalla pianificazione strategica, accompagnata da formazione di quadri e operatori dell’Agenzia stessa e di tutti gli stakeholder, per poi arrivare a settare risultati a cui tendere e relativi indicatori per misurarli. Un percorso che ha bisogno di tempi medio lunghi e che non può essere fatto partendo dalla fine.
Non so chi possa considerare questo “oggetto” interessante. Da un punto di vista di metodologia della progettazione è una autentica follia: invece di promuovere l’analisi dei problemi come base per la progettazione e di promuovere una formulazione “determinata” dei risultati, si definiscono legami astratti tra “entità astratte” (i risultati definiti in questi termini lo sono, almeno quanto lo sono gli obiettivi specifici e gli impatti così definiti)…. Non riesco a capire a chi possa servire uno strumento di questo genere, se non a un burocrate che rifiuta di conoscere il mondo che si trova di fronte… quanto poi agli “indicatori”. Forse sarebbe bene ricordare cosa è un “indicatore”: di per sè un indicatore deve consentire di effetturare una misura e quindi non può essere astratto (piuttosto deve essere oggetto di una convenzione determinata tra i soggetti coinvolti in un processo di misurazione). Non da ultimo vale la pena di mettere in evidenza che un approccio come quello proposto da una definizione “standard” di obiettivi, risultati e indicatori è in evidente conflitto con qualsiasi approccio fondato su “teorie del cambiamento” (infatti sotto la falsa “logica” su cui è basato occulta la presenza di teorie del cambiamento che guardano alle società umane e ai processi di sviluppo come se rispondessero a regole meccaniche, a “logiche standard” e – soprattutto – come se politiche, soggetti e interessi non fossero coinvolti e non avessero nessun impatto sulla realtà.