Il gruppo di lavoro di Info-cooperazione sulla Teoria del Cambiamento ha da poco concluso la prima edizione del workshop sull’applicazione della ToC nella progettazione per la cooperazione internazionale. 4 città, 100 partecipanti, la maggior parte provenienti da ONG e associazioni, 5 funzionari pubblici, 4 funzionari di organizzazioni internazionali, 6 consulenti. Tutti i partecipanti – con rarissime eccezioni – hanno espresso un’alta soddisfazione sul corso, in particolare rispetto alla situazione d’aula, alle esercitazioni, all’alternanza tra plenaria e lavori in gruppo e tra lezioni e discussioni. Ottimi anche i giudizi sull’organizzazione generale.
Altri punti di forza ricorrenti nelle valutazioni dei partecipanti sono stati la chiarezza rispetto ai contenuti e a come si possono applicare; la possibilità di scambio e confronto con i colleghi; l’interazione con i docenti e la loro capacità di coinvolgere. Tutti hanno dichiarato che consiglierebbero il workshop a colleghi e collaboratori, sia per la qualità della formazione, la rilevanza dei contenuti, la bravura dei docenti, sia perché la ToC:
- è fondamentale per la progettazione e per il miglioramento del proprio lavoro;
- permette di sviluppare un pensiero critico, guardare al cambiamento come a un’opportunità per acquisire una metodologia di lavoro che ci riporti al senso di quello che facciamo;
- lascia spazio alla complessità con cui la cooperazione internazionale si deve confrontare.
Ora, una delle complessità che abbiamo maggiormente sperimentato, affrontato e discusso nel corso dei workshop è stata l’individuazione degli indicatori di risultato, in particolare per il livello più assente in molta progettazione e valutazione, e cioè quello degli outcome. Qui definiamo outcome quei cambiamenti di medio periodo nel comportamento delle persone o delle organizzazioni/istituzioni, generati grazie a specifici input (le risorse), attività e relativi output. Mentre dimostrare la realizzazione di un output (pozzi o scuole costruite, ore di formazione erogate, kit e vademecum stampati e distribuiti… ) è relativamente semplice, dimostrare se questi output abbiano effettivamente generato gli outcome desiderati (le persone smettono di recarsi al fiume per recuperare l’acqua e si servono al nuovo pozzo; i bambini della zona interessata dalla costruzione della scuola iniziano a frequentarla; i community health workers formati praticano le azioni di primo soccorso nei villaggi target di progetto… ) non lo è affatto. Questa difficoltà, naturalmente, non ci dice solo che i cambiamenti nei comportamenti sono difficili da misurare. Ci dice anche che spesso ci aspettiamo magicamente che alcuni output producano un outcome, quando invece occorrerebbe un intervento più incisivo e su più livelli rispetto alle semplificazioni del nostro Quadro Logico.
Qui però vorrei concentrarmi su una tecnica tutto sommato semplice per aiutarci a capire se gli indicatori che abbiamo scelto funzionano, descritta in un articolo recentemente pubblicato da Kasia Kedzia e Chris Gegenheimer. Consiste nel porci la seguente domanda: “Mi crederesti se ti dicessi che i community health workers che ho formato stanno praticando le azioni di primo soccorso nei villaggi target di progetto” semplicemente se ti dimostrassi che “i community health workers hanno partecipato alla formazione” e/o “hanno acquisito le competenze richieste”? Ovviamente la tua risposta sarebbe NO!
Fonte: “The “Do You Believe Me?” Test for Choosing Indicators”, Kasia Kedzia and Chris Gegenheimer
Se invece andassi a misurare “il numero di azioni di primo soccorso realizzate nei villaggi target di progetto dai community health workers formati ” e/o “il numero di persone curate/salvate dai community health workers formati”, allora potrei rispondere: Sì!
Ma vediamo questo altro esempio: “mi crederesti se ti dicessi che i contadini hanno migliorato le fonti di reddito” se ti dimostrassi che “l’80% di loro ha adottato pratiche agricole più efficaci?”. Ora, certamente qui è più facile vedere una connessione, ma non basta per rispondere con certezza “Sì!”. L’adozione di pratiche agricole più efficaci infatti è una condizione necessaria ma non sufficiente per concludere che i contadini hanno migliorato le fonti di reddito. Infatti, se quello stesso 80%, per esempio, non riuscisse a vendere i propri prodotti (perché costano troppo rispetto al prezzo medio di mercato oppure perché non riescono a raggiungere i punti vendita dalla loro zona, che è lontana dalle principali vie di comunicazione), dovrei rispondere “NO!”.
Ora prendete i vostri Quadri Logici o le vostre matrici di monitoraggio e chiedetevi “Mi crederesti se ti dicessi che…” [risultato] perché ti ho dimostrato che “…” [indicatore] e vedete un po’ che cosa vi rispondereste. E, se ne avete voglia, diteci come è andata qui nei commenti. Buon test!
A cura di Christian Elevati