Per chi conosce a fondo la cooperazione allo sviluppo e l’aiuto umanitario non è certo una sorpresa leggere le rivelazioni su alcuni cooperanti di Oxfam UK che hanno pagato prostitute ad Haiti durante la missione post terremoto, così come non ci hanno sorpreso anni fa gli scandali sul personale delle Nazioni Unite o sui soldati in missione di peacekeeping dalla Sierra Leone al Sud Sudan, passando per il sud est asiatico e i Balcani. Sono storie disgustose che colpiscono fortemente in particolare l’opinione pubblica, storie con cui i media vanno a nozze perché fanno vacillare quell’immaginario di eroismo e rettitudine che gli operatori umanitari dovrebbero avere perché sono in giro per il mondo a fare del bene. Eppure, proprio perché queste storie non sono una sorpresa, proprio perché la maggior parte delle persone che lavorano nel settore avrà per lo meno sentito parlare di situazioni simili, è importante non far finta di niente, non derubricare questo nuovo caso all’ennesimo polverone che passerà senza lasciare traccia.
Diciamocelo chiaramente, questo settore (fatto da tutte le sue persone) non può dirsi immune da intimidazioni, abusi di potere, razzismo e comportamenti completamente incoerenti con la visione e i valori che le nostre organizzazioni portano avanti. E’ vero, siamo tutti esseri umani, con le stesse debolezze e margini di errore degli altri. Ma le nostre organizzazioni, i nostri volontari e cooperanti sul campo sono la realizzazione di una spinta umana fondamentale, quella ad aiutare chi ha bisogno, gli ultimi, i più disperati. Una spinta alla solidarietà che oggi viene culturalmente messa in discussione dal populismo imperante che demonizza la bontà e insinua sempre il dubbio del complotto o della convenienza.
Non dobbiamo permettere che questi valori e questo enorme patrimonio possa essere messo in discussione o demolito per non aver dedicato la giusta attenzione e fermezza davanti a situazioni come quelle che hanno coinvolto in questi giorni Oxfam UK, che pure ha mostrato di avere la capacità di individuare, isolare e licenziare molte delle persone che hanno commesso i fatti in questione.
Quante organizzazioni italiane sono state in grado in gestire efficacemente situazioni del genere? Quante hanno procedure trasparenti e rigide per trattare questo tipo di non conformità, quante possono dire di aver fatto quanto possibile e di non aver “insabbiato” certi casi di cui sono venute a conoscenza? Quante organizzazioni hanno adeguate misure di stress management per gestire situazioni di crisi e burnout degli operatori?
Allora per evitare che questo diventi il caso Weinstein delle ONG o che si debba ricorrere ai whistleblowers per far emergere questi casi una volta che sono già avvenuti, sarebbe meglio mettere il tema all’ordine del giorno, affrontarlo apertamente e cercare di sviluppare percorsi e strumenti adeguati a prevenire e gestire situazioni del genere che riguardano l’operatività di tutte le nostre organizzazioni.
Quello che è successo ad Haiti, in Ciad e in tanti altri paesi non è solo il frutto delle devianze di poche mele marce, molto si può fare per ridurre il rischio. I contesti dove le nostre risorse umane operano sono contesti delicati nei quali certi comportamenti possono sfuggire di mano se manca un adeguato accompagnamento, policy ad hoc, formazione, motivazione e supporto psicologico degli operatori. Tutte misure che comportano tanti sforzi e costi aggiuntivi che molte organizzazioni non possono neanche sognarsi di affrontare.
Non possiamo permettere che succeda quello che si intravvede già in Inghilterra con lo scandalo Oxfam, che questo diventi l’ennesimo tassello di una guerra culturale contro la solidarietà e l’aiuto. La prima a innescare la dinamica del contagio in malafede è stata Penny Mordaunt, Segretaria di Stato per lo sviluppo internazionale del Regno Unito, che in queste ore sta scrivendo a tutte le ONG finanziate dal governo britannico, chiedendo loro di rivelare qualsiasi caso simile di cui fossero a conoscenza. L’esplicita minaccia alle ONG è che perderanno del tutto i finanziamenti, ma è implicito che tutte le organizzazioni siano sospette. Con l’amplificazione mediatica tutte le organizzazioni diventano contaminate e sospette agli occhi dell’opinione pubblica tanto che il parlamentare tory Jacob Rees-Mogg si è già presentato a Downing Street con 100.000 firme dei lettori del Daily Express secondo cui gli aiuti allo sviluppo sono una “follia” che deve essere bloccata immediatamente.
Dinamiche non lontane da quelle già viste nel 2017 in Italia quando l’opinione pubblica è stata sollecitata strumentalmente per oltre sei mesi sul caso ONG e migranti.
C’è molto lavoro da fare per riguadagnare il consenso dell’opinione pubblica. Credo che il primo passo sia mettere un pò di ordine ognuno in casa propria…magari con percorsi comuni che ci aiutino a migliorare sul fronte dell’accountability.
O magari scegliendo sempre più donne come esperti da inviare. La mia non vuole essere un’ulteriore polemica, ma è un dato di fatto che questo tipo di “incidenti” non hanno mai come protagoniste cooperanti donne. Certamente sono in numero inferiore rispetto agli uomini che fanno questo mestiere, ma anche questo è un problema su cui si dovrebbe lavorare.
Sono d’accordo su tutto, ma una cosa va detta a voce altra: la prostituzione minorile è un reato. Costringere un beneficiario è ributtante ed è un reato. Non è una Policy a dire cosa si deve fare in questi casi, ma la legge.
Molto spesso i soldi che i governi danno, o semplicemente le persone donano per una causa o una associazione, non vanno a quella mission o aiuto mirato e capita perché le persone che ci lavorano se ne approfittano con scandali di vario genere. Questo peró non si deve confondere con l’impegno vero di certe persone o associazioni che davvero aiutano.
Non sarebbe male un articolo di quanti soldi i governi danno a enti o associazioni per fare niente , ci sarebbe più lavoro anziché discorsi inutili su media o stampa.
Accurate selezioni iniziali con focus sul profilo umano del candidato (motivazioni, equilibrio personale, gestione dell’emotività); accompagnamento di qualità prima, durante e dopo la missione (Solidarités International, ad esempio, prevede nel dipartimento HR risorse specifiche dedicate al supporto psicologico degli operatori espatriati); formazione pre-partenza PSEA (Prevention of sexual exploitation abuse); denuncia dei colpevoli nei paesi rispettivi da parte dell’ONG; black list condivise tra ONG e agenzie di sviluppo, in modo che chi ha commesso reati simili non possa più lavorare più in cooperazione; potenziamento del tavolo di concertazione inter-ONG legato a PSEA per fissare misure comuni. Gli strumenti esistono e andrebbero applicati…
Mi vengono in mentre tre cose:
1) E’ vero, le ONG devono dotarsi di tutti gli strumenti necessari ad evitare questi episodi ed eradicare la cultura che li accetta. Senza se e senza ma, dobbiamo essere chiarissimi.
2) Va cambiata la narrazione che a volte fa nostro comodo, che gli operatori umanitari siano delle specie di missionari laici o di eroi. Siamo semplici professionisti, d’una professione atipica e difficile quanto si vuole, ma come tali dobbiamo essere considerati.
3) Detto tutto questo però un dubbio mi viene: possibile che proprio poco dopo il lancio del report di oxfam sulle disuguaglianze e le chiare raccomandazioni di usare il pugno duro sull’elusione fiscale, e di critica fortissima alle grandi società, salti fuori questo scandalo? Non credo a complotti e non credo ci sia nessun complotto neppure in questo caso, dico solo che dare addosso alle ONG fa comodo a tanti e per questo dobbiamo essere irreprensibili.
Cari amici di info-cooperazione, siamo tutti indignati da quanto successo come ogni volta che fatti simili vengono alla luce. Ma permettetemi di essere indignato anche dalle parole che aprono il commento di Info-Cooperazione: “Per chi conosce a fondo la cooperazione allo sviluppo e l’aiuto umanitario non è certo una sorpresa leggere le rivelazioni su alcuni cooperanti di Oxfam UK”. Penso di conoscere anch’io la cooperazione allo sviluppo e il mondo umanitario e posso dire che per me è sempre una sorpresa quando scopro simili comportamenti che contraddicono i valori, i principi e le regole di comportamento che le organizzazioni hanno adottato. Il mondo umanitario che conosco, pur con i limiti e gli errori che contraddistinguono la nostra condizione umana, è nella grandissima parte un mondo sano e dedicato, con chiari valori che lo guidano, con regole, procedure e strumenti per prevenire e gestire severamente qualsiasi abuso. Penso che sia bene non ignorare la foresta che cresce mentre un albero cade facendo rumore.
Caro Nino, come immaginerai non ignoro la foresta e ci tengo molto a preservarla, è un polmone di ossigeno fondamentale per la vita di tutti.
Però credo che ci sia un problema è che questo vada affrontato al netto dei numeri fisiologici. Ho lavorato 4 anni nella missione di peacekeeping più grande della storia delle Nazioni Unite e qualche anno in Africa da “cooperante”. Sarò stato sfortunato io, ma in quegli anni sono incappato in diversi personaggi (uomini e donne) che avevano comportamenti al limite con i valori e la mission delle loro organizzazioni.
In più ho raccolto un bel campionario di storie (spero immaginarie) che non hanno niente da invidiare a quelle di Oxfam ad Haiti.
Ovviamente non voglio assolutamente generalizzare, solo dire che un problema da affrontare c’è, cosciente del fatto che molte organizzazioni sono già in grado di affrontarlo (vedi oggi il comunicato di MSF).
Grazie comunque per il contributo. Ciao Elias
Amici di Info-cooperazione, condivido totalmente quanto detto da Nino Sergi. Questa è la posizione della Social Change School, che forma tanti professionisti in ambito umanitario: “Il Consiglio Direttivo e tutto lo staff della Social Change School all’unanimità ritengono i comportamenti accertati ed ammessi da Oxfam UK, o analoghi che dovessero essere accertati in altre ONG, “intollerabili, ingiustificabili e gravemente lesivi”.
Non solo ed in primis per le vittime degli abusi, ma anche lesivi per:
– I milioni di lavoratori del settore: persone che in tanti casi hanno pagato con la vita per la missione in cui credono, mentre un ristretto nucleo copriva dietro la stessa missione squallidi comportamenti personali. Persone che in questo momento vivono un profondo dolore.
– I milioni di donatori che ripongono fiducia e sono coinvolti con le ONG
– Le migliaia di persone, come quelle che si affidano alla Social Change School per seguire i loro sogni e costruire una carriera di senso cambiamento sociale nel nonprofit.
– Le altre ‘affiliate OXFAM’ nel mondo che, come OXFAM Italia, lavorano con onestà e pulizia.
– Il settore delle ONG in generale e la sua credibilità, sempre più sotto attacco da parte di stampa, politica, ed opinione pubblica, per la funzione scomoda di denuncia ed intervento su temi oggi impopolari. ” Madrid, 12/02/2018
La nostra posizione, con delle proposte, è stata anche riflessa il 13/2/2018 sull’Huffington Post:http://www.huffingtonpost.it/marco-crescenzi/oxfam-e-ong-uk-nella-tempesta-come-uscirne_a_23360506/
Non so se ci si debba indignare, anche io non sono affatto sorpresa seppur amareggiata, come mi sembra che tutti noi ci sentiamo in questi giorni.
Ho lavorato all’estero come cooperante per 7 anni in 4 diversi paesi e ho sentito e visto diverse situazioni molto simili a quelle di cui sono accusati i cooperanti di Oxfam GB. Il tutto ovviamente riguarda operatori di organizzazioni italiane così come di altri paesi.
C’è qualcuno che ha fatto il cooperante per un periodo importante della sua vita che non abbia mai sentito o affrontato direttamente casi problematici di abuso di potere/prostituzione/uso di droghe/molestie ?
Normalmente ci si sorprende quando qualcosa accade in modo inaspettato. Qui di inaspettato non credo si sia niente, tanto che il caso Oxfam Haiti è già scoppiato diversi anni fa.
C’è solo da rimboccarsi le maniche per minimizzare questi fenomeni con tutti gli strumenti a nostra disposizione.