Tra novembre e dicembre 2016, i cittadini europei sono stati intervistati circa i loro atteggiamenti nei confronti degli aiuti allo sviluppo. In generale, rispetto ai dati dell’indagine 2015 gli intervistati in Italia hanno manifestato un atteggiamento meno positivo circa la cooperazione allo sviluppo. Ad esempio, rispetto al 2015, gli intervistati in Italia sono meno propensi nel convenire sul fatto che la lotta alla povertà nei paesi in via di sviluppo dovrebbe essere una delle principali priorità dell’UE (65%, -7 punti percentuali rispetto al 2015). Si tratta della maggiore diminuzione registrata tra gli Stati membri dell’Unione. Scarsa la conoscenza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, solo quattro intervistati su dieci in Italia dichiarano di aver sentito parlare degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (39%).
Quasi nove su dieci intervistati in Italia ritengono che aiutare le persone nei paesi in via di sviluppo sia importante (87%), ma questo risultato è inferiore di tre punti rispetto a quello del 2015. Gli italiani sono meno propensi rispetto al passato anche nel convenire che la lotta alla povertà nei paesi in via di sviluppo sia anche nell’interesse dell’UE (74%, -7 punti).
La maggioranza degli intervistati in Italia (53%) ritiene che la spesa per assistere finanziariamente i paesi in via di sviluppo dovrebbe rimanere invariata, mentre il 13% pensa che dovrebbe essere incrementata e il 18% dichiara che dovrebbe essere speso meno denaro in questo ambito. Tuttavia, più di sette persone su dieci pensano che fornire assistenza finanziaria ai paesi in via di sviluppo sia un modo efficace per combattere la povertà (73%) e contrastare la migrazione irregolare (73%).
In Italia, il 50% degli intervistati è d’accordo con l’idea di poter giocare un ruolo nella lotta alla povertà nei paesi in via di sviluppo. Si tratta di una diminuzione di tre punti percentuali rispetto al 2015. Sei persone su dieci sostengono che l’impegno individuale è efficace nel contribuire a ridurre la povertà nei paesi in via di sviluppo (60%), anche se una percentuale inferiore (37%) dichiara di essere personalmente coinvolta nell’aiutare i paesi in via di sviluppo. Solo il 15% devolve donazioni a favore di organizzazioni di aiuto ai paesi in via di sviluppo (ONG, organizzazioni benefiche, ecc.)
Circa sette intervistati su dieci (66%) dichiarano che le azioni degli Stati membri dell’UE sono efficaci nel contribuire a ridurre la povertà nei paesi in via di sviluppo.
Metà degli intervistati in Italia dichiara che la lotta alla povertà nei paesi in via di sviluppo dovrebbe essere una delle principali priorità del proprio governo nazionale: anche in questo caso si registra una diminuzione rispetto al 2015 che, ancora una volta, è la maggiore nella UE.
La ricerca “Cittadini dell’UE e aiuti allo sviluppo” è stata svolta in Italia tra il 26 novembre e il 5 dicembre 2016 attraverso 1.018 interviste individuali.
Che “rispetto ai dati dell’indagine 2015 gli intervistati in Italia hanno manifestato un atteggiamento meno positivo circa la cooperazione allo sviluppo” non deve sorprendere. L’atteso rilancio della cooperazione italiana allo sviluppo, si fa ancora attendere. La legge di Riforma varata nel 2014 ha mancato una grande opportunità essendo piena di impedimenti per una gestione dinamica del settore e mantenendo la confusione dei ruoli di indrizzo e attuazione, come mettevo già in luce in un mio studio http://eduardomissoni.info/?p=1553 Peraltro, nonostante la buona volontà dei singoli, nelle istituzioni responsabili sembra mancare ancora visione e passione; non emerge un pensiero strategico chiaro e la gestione arranca… non si percepisce affatto quell’aria frizzante di trasformazione e rinnovato impegno che ci si dovrebbe aspettare dall’attuazione di una riforma attesa per almeno due decenni! Queste debolezze immancabilmente si riflettono nell’opinione pubblica.