Le ONG britanniche hanno ricevuto nel 2015 oltre 145 milioni di euro dal dipartimento per gli aiuti di emergenza della UE, ECHO. Una volta che l’Inghilterra lascerà ufficialmente l’UE a seguito del referendum, le charity registrate come organizzazioni non-profit non potranno più beneficiare di questi finanziamenti comunitari. Anche il bilancio annuale di ECHO è destinato a ridursi in assenza dei contributi britannici. I maggiori beneficiari dei finanziamenti umanitari di ECHO sono le family internazionali che in diversi casi hanno filiali o ramificazioni in altri paesi europei, per quanto riguarda l’Inghilterra nel 2015 le più finanziate sono state International Rescue Committee, Oxfam e Save the Children.
Secondo il direttore di HelpAge, ONG britannica che ha ricevuto più di 1,6 milioni di euro da ECHO nel 2015, i raggruppamenti transnazionali di ONG saranno facilitati e potranno evitare l’ostacolo della Brexit ricevendo i finanziamenti attraverso le entità collegate negli altri paesi europei. Tuttavia, tra le 25 agenzie finanziate da ECHO l’anno scorso, non tutte saranno in grado di riorganizzarsi e perderanno diversi contratti con ECHO ed EuropeAid. Saranno le ONG più piccole, che ricevono una quota più elevata del loro bilancio dalla UE, a subire un impatto maggiore in un futuro senza finanziamenti europei. A rendere ancora più instabile il panorama del settore non governativo inglese potrebbe aggiungersi il problema della fluttuazione dei tassi di cambio della sterlina. I fondi ECHO rappresentano, in media, solo il sei per cento del reddito totale delle prime 25 organizzazioni finanziate. Di seguito l’elenco completo dei beneficiari e gli importi in euro:
Ma i fondi europei non sono solo quelli di ECHO. Secondo il consorzio delle ONG inglesi BOND, i suoi 400 membri ricevono, in media, il 39 per cento del loro bilancio da parte dei governi, il 12 per cento arriva dall’UE.
BOND ha espresso anche preoccupazione al di là della dimensione finanziaria. L’uscita dell’Inghilterra dall’UE pone alla società civile inglese una serie di sfide e interrogativi rispetto all’agenda internazionale. Il dibattito animato da BOND in collaborazione con ODI intorno alla Brexit si incentrato sulla capacità della società civile inglese di continuare ad agire efficacemente nel panorama internazionale in termini di advocacy e lobbying. Il timore di molte organizzazioni, soprattutto quelle piccole con scarsa propensione globale, è quello di essere marginalizzate e sfavorite nei partenariati oltre che indebolite economicamente.
Il tema è stato recentemente affrontato anche dalla confederazione europea delle ONG Concord in un webinar che ha visto la partecipazione di rappresentanti della società civile inglese e della stessa BOND. Anche i timori espressi da Concord riguardano non tanto la salute economica delle organizzazioni inglesi quanto il messaggio che l’opinione pubblica inglese ha espresso, un messaggio che mette in discussione quei valori dell’unione che sono alla base del tessuto della società civile stessa: pluralismo, non discriminazione, tolleranza, giustizia, solidarietà e uguaglianza, sono concetti che escono perdenti dal referendum inglese. Un campanello dall’allarme che richiede ancora più sforzi e più unità per le sfide future, in particolare quelle dell’agenda 2030 e delle migrazioni.