Il Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo riunitosi la scorsa settimana ha varato le attese linee guida che regolano l’eleggibilità delle organizzazioni della società civile e gli altri soggetti senza finalità di lucro ai sensi della nuova legge 125. Si tratta nello specifico delle modalità con cui i diversi soggetti potranno iscriversi all’elenco dei soggetti senza finalità di lucro previsto dall’art. 26 della legge e dal decreto ministeriale 113/2015, quello che di fatto sostituisce l’idoneità delle ONG della legge 49/87. Sarà un elenco unico che vede un’iscrizione quasi automatica per le ONG già idonee al 31 dicembre scorso e descrive i requisiti richiesti per gli altri soggetti. Di fatto per essere iscritti nell’elenco servono gli stessi requisiti e la stessa documentazione che era richiesta per ottenere l’idoneità ONG.
Sarà stata la fretta per varare i regolamenti nei tempi previsti dalla legge, o il mancato coinvolgimento del neo vice ministro, nominato solo alcuni giorni fa, ma quello che si legge chiaramente tra le righe delle Linee Guida approvate dal Comitato Congiunto è un’inattesa continuità rispetto alla vecchia normativa della 49/87.
Rispetto ai regolamenti della DGCS del MAECI a cui eravamo abituati cambia di fatto solo la carta intestata che oggi è quella dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, peraltro ancora in attesa di un logo e di un sito internet. Della nuova legge 125 si ritrovano solo i rimandi normativi e non certo lo spirito riformatore del sistema della cooperazione.
Come anticipato per le ONG idonee il percorso sarà in piena continuità. Il nuovo sistema non richiede la sottomissione di nuovi documenti, è ritenuta valida, fino a prossima revisione, l’idoneità della 49. Molto deludente invece è il livello di coinvolgimento che si potrà ottenere con queste regole per gli altri attori della società civile e gli altri soggetti senza finalità di lucro che la 125 vuole inserire nel sistema della cooperazione. Le organizzazioni di varia natura che si occupano di sensibilizzazione, educazione alla cittadinanza mondiale, commercio equo, adozione a distanza, co-sviluppo, microcredito non avranno vita facile e molto probabilmente saranno escluse dall’elenco unico, così come dalle risorse.
La richiesta fatta dalle ONG di individuare criteri inclusivi di accesso all’elenco, specialmente per i nuovi soggetti, non è stata presa in considerazione.
Leggete i requisiti richiesti e pensate a quante nuove organizzazioni (non ONG) potranno accedere all’elenco. Di fatto le linee guida prefigurano uno sbarramento all’ingresso che non sembra in linea con l’inclusività della riforma e la volontà di facilitare la creazione di un sistema fatto da attori di diverse tipologie.
Scarica le Linee Guida
La reazione delle ONG
Non si sono fatte attendere le reazioni delle rappresentanze e reti di ONG sulle linee guida recentemente pubblicate. In generale si tratta di un coro critico abbastanza univoco che si appella al neo vice ministro Mario Giro per una possibile riconsiderazione delle norme approvate.
Molto categorica la posizione espressa dall’AOI, costituency che rappresenta anche diversi attori della cooperazione non-ONG. “Con le linee guida definite da MAECI e Agenzia è impossibile per molte associazioni di volontariato e promozione sociale, tanto più per un’aggregazione della diaspora, non soltanto gestire un progetto, ma addirittura acquisire competenze spendibili nel curriculum con un partenariato a pari livello nei consorzi. Non è più difendibile, dicono da tempo le Ong, uno “status” acquisito nel passato che non risponde alla costruzione di sinergie e relazioni del presente”.
Simile la posizione espressa in questo senso anche dalla rete LINK 2007 che raggruppa nove importanti ONG italiane. “Lo spirito della legge va nella direzione di rendere il nostro sistema di cooperazione internazionale più forte, anche tramite partenariati paritetici tra soggetti associativi con storie, tradizioni, competenze differenziate e complementari. Può essere il caso, ad esempio, di partenariati tra ONG e associazioni di migranti in programmi di co-sviluppo e per la gestione positiva dei processi migratori. I documenti approvati non sembrano andare in queste direzioni; l’impressione è che la complessità della sfida abbia alla fine ispirato l’adozione di una “scorciatoia”, ovverosia la riproposizione dei medesimi criteri previsti dalla precedente legge per il riconoscimento dell’idoneità alle ONG”.
Leggi il comunicato di Link 2007
Altri commenti sulle linee guide, più da un punto di vista legale e normativo, sono stati pubblicati in un articolo di Quinonprofit
Almeno cambiare il font! E poi basta con questi pdf scannerizzati!!
Confermo: le organizzazioni di volontariato piccole e medio-piccole sono completamente tagliate fuori, persino nelle loro eventuali organizzazioni a rete formalmente costituite.
All’elenco dei soggetti senza finalità di lucro previsto dall’art. 26 della legge 125 non ci saranno che pochissime, forse persino nessuna, aggiunte rispetto alla precedente situazione di idoneità delle Ong prevista dalla L. 49 e in ciò si può candidamente riconoscere un tradimento dell’originale spirito della L. 125, che avrebbe voluto e dovuto ‘ ‘ includere ‘ ‘ e non proseguire negli steccati protettivi. Non è solo una questione di esclusione da provvidenze pubbliche (che sembra l’unico criterio ispiratore del censore che ha redatto la norma) ma è un vulnus profondo e inaccoglibile al lavoro, all’esistenza pluridecennale e al contributo dato da centinaia di piccole associazioni alla cooperazione italiana, da cui continueranno a essere non riconosciute, estromesse, ignorate e marginalizzate. Non è una dichiarazione di guerra ma quasi, poichè si confermano una polarizzazione e una brutta virata della cooperazione, che abortisce lo spirito della stessa legge, laddove prevedeva che < > e che, invece, riconosce de facto solo le grandi organizzazioni già esistenti (quelle della lettera a dell’art. 26) in grado di mostrare grandi bilanci e grandi costi di gestione, ovvero proprio il contrario della grande e bellissima peculiarità del volontariato italiano.
Si potrebbe suggerire un secondo elenco per organizzazioni più piccole che potrebbero entrare in Consorzio con quelle più grandi e con il settore privato.
La comunità internazionale vede ONG molto più grandi di quelle Italiane e quindi da un lato si puo’ capire la strada intrapresa. Dall’altra pero’ bisogna dare spazio alla società civile.
Per me non dovrebbe proprio esserci un elenco. In USA c’è? Non mi sembra. E dovrebbero sempre vincere la migliore o il Consorzio migliore.
Invece che fare elenchi io farei calls ad hoc.
Se io fossi il Vice Ministro farei toglere completamente gli elenchi. Suonano come delle lobby ed in una civiltà democratica come quella italiana non ci dovrebbero essere. Anche le organizzazioni piu’ piccole hanno bisogno di crescere. INTRODURREI IL CRITERIO DELLA ROTTAMAZIONE anche in questo ambito!
Non per dire, forse le aspettative che fosse piu’ includente potevano esserci, ma non trovo pero’ sbagliati i criteri minimi per l’accreditamento: bilancio certificato (mi pare piu’ che giusto), conoscenza della tematica/materia (la questione di almeno 150mila euro di progetti in 3 anni) e la capacita’ di attrarre fondi privati. Non concordo sul fatto di un solo dipendente (accettato addirittura se con contratto da volontario). Mi sembrano criteri che dovrebbero almeno garantire le capacita’ delle organizzazioni nell’attuare iniziative sostenibili e mirate. Una cosa e’ essere inclusivi un altra e’ distribuire fondi per progetti ad organizzazioni che potrebbero non avere la capacita’ di cofinanziamento ne di realizzarli con competenza.
Ciao Enrico,
quello che intendo é che i requisiti possono essere definiti bando per bando. E che quindi ci siano dei bandi a cui anche le associazioni piu’ piccole possano partecipare.
Perchè un elenco? In esiste in altri Paesi? E se si fa un consorzio con un privato?
Continuiamo ancora con i promossi? O è ora di passare ad altro tipo di bandi?
Comunque puo’ essere che al momento non ci fosse scelta per non lasciare il 2016 girare a vuoto.
Molto probabilmente ci vorrà almeno un anno affinché si vedano dei cambiamenti.