In Italia otto intervistati su dieci affermano che è importante aiutare le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo (80%), una percentuale leggermente inferiore alla media UE dell’85%. Una differenza più marcata si riscontra nella risposta alla domanda relativa all’opportunità di aumentare il livello di aiuti ai Paesi in via di sviluppo. Qui la percentuale favorevole in Italia (55%) è ben al di sotto della media UE del 67%. Comunque dal 2013 si è registrato un aumento di cinque punti percentuali nella quota degli intervistati che si sono detti a favore di un aumento superiore a quanto promesso (ora pari al 16%). Gli intervistati in Italia sono meno inclini rispetto al 2013 a pensare che affrontare la povertà nei Paesi in via di sviluppo dovrebbe essere tra le principali priorità della UE (- 4 punti percentuali rispetto al 60%) o del governo italiano (-9 punti percentuali rispetto al 45%). In effetti il calo del consenso nell’opinione, secondo cui questa dovrebbe essere tra le principali priorità a livello nazionale, è stato il secondo in ordine di importanza (dopo quelli osservati in Finlandia, Lituania e Lettonia, tutti con un calo di 10 punti percentuali).
Si è inoltre riscontrato un notevole calo anche nella quota degli intervistati che concordano sul fatto che i singoli individui possano avere un ruolo importante nell’affrontare la povertà nei Paesi in via di sviluppo (-8 punti percentuali rispetto al 49%). Inoltre, gli intervistati in Italia sono anche probabilmente meno pronti a spendere di più per acquistare prodotti provenienti da Paesi in via di sviluppo (-7 punti percentuali rispetto al 33%) e si è registrato un aumento di 12 punti percentuali nella quota di intervistati che non sono pronti a spendere di più. Circa un quarto degli intervistati afferma di stare dando un aiuto personale alle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo (24%), una percentuale ben al di sotto della media UE del 34%.
Tra gli intervistati in Italia il lavoro (48%) e la crescita economica (34%) emergono come le due sfide più pressanti per i Paesi in via di sviluppo, mentre a livello generale UE queste sfide si sono classificate rispettivamente al quinto e all’ottavo posto.
Nella UE gli intervistati più giovani (di età compresa tra 15 e 24 anni) in generale sono più positivi circa le questioni legate allo sviluppo rispetto agli intervistati di età maggiore (25 anni o più). Ciò è meno evidente in Italia. Per esempio, in Italia sono gli intervistati di età maggiore i più inclini ad affermare che affrontare la povertà nei Paesi in via di sviluppo dovrebbe essere tra le principali priorità della UE (62% rispetto al 52%) o del governo italiano (45% rispetto al 38%).
Rispetto all’Anno Europeo per lo Sviluppo 2015 (EYD2015) appena inaugurato in Lettonia, gli intervistati italiani si dicono disinformati. Solo 21 su 100 sanno che il 2015 è stato dichiarato Anno Europeo per lo Sviluppo.
Leggi il rapporto completo di Eurobarometro
La conclusione dello studio, secondo cui ben 21 Italiani su 100 intervistati erano già al corrente del 2015 quale “Anno Europeo dello Sviluppo”, preceduti solo dagli Ungheresi e dai Lettoni, e al pari di Lituani e Maltesi (tutti Paesi che ovviamente parlano di cooperazione allo sviluppo già al mattino al bar, non come gli Svedesi o gli Inglesi con il loro miserrimo 8%!)….un po’ mi fa riflettere sulla obiettività di queste indagini o magari sulla sincerità delle risposte….