A pochi giorni dal Forum della Cooperazione internazionale, che si terrà a Milano i primi di ottobre, scoppiano le prime scintille tra il ministero della Cooperazione internazionale e l’Integrazione e il ministero degli Affari esterisul tema della cooperazione. L’occasione è stata l’incontro “La cooperazione internazionale allo sviluppo che vogliamo”, organizzato dall’associazione delle Ong italiane, Cini e Link proprio in vista dell’appuntamento voluto dal ministro Riccardi. Attori della discussione, sotto gli occhi dei responsabili delle diverse organizzazioni riunite presso la Sala conferenza di Piazza Montecitorio, Marta Dassù, sottosegretario del ministero degli Affari esteri e Mario Giro, Consigliere del ministro per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione. A riscaldare un convegno fino a tarda mattinata pacato, la questione dei tagli alla Cooperazione. Tagli, ha spiegato Giro, che quando toccano le questioni estere finiscono sempre per finire sulla cooperazione. Immediata la risposta del sottosegretario. “Non stiamo dando un bellissimo spettacolo – ha detto Dassù rivolgendosi a Giro -. Purtroppo il ministero degli Esteri non ha molte voci comprimibili. Quando da un giorno all’altro ti chiedono di tagliare, succede quello che è successo. Ci sforzeremo di rimediare”.
Tra i due non sono mancate diversità di vedute sul futuro della cooperazione. Per Giro, non si tratta soltanto di un problema di mancanza di fondi. “La malattia è più profonda – ha spiegato Giro -. Ci siamo trovati a toccare con mano, una volta giunti al ministero, un senso di declino nel nostro Paese molto preoccupante. I nostri partiti e i nostri sindacati hanno smantellato gli uffici internazionali, ne sono personalmente testimone, in questi vent’anni. Per questo il ministro Riccardi ha voluto la convocazione del Forum, anche in maniera immediata”. Sulla questione delle risorse, Giro ha confermato l’impegno del ministero della Cooperazione internazionale e l’Integrazione nella ricerca di nuovi fondi, attraverso strade “innovative che possano creare dei ruscelli che si connettano al grande fiume della cooperazione”. Ma per Giro, è necessaria, oggi più che mai, una mobilitazione tra i cittadini. “Dobbiamo tornare a parlare alla gente e dire che la cooperazione serve, che è utile all’Italia. Non è un lusso, non è buonismo. Abbiamo lavorato molto perché il Forum diventi un grande evento nazionale, ma il Forum dovrà essere incarnato in iniziative successive. Pensiamo che un paese che non coopera declina interiormente e si spegne. Dobbiamo avere il coraggio di lavorare con altri attori e con le imprese, soprattutto medie e piccole”. Per il sottosegretario Dassù, invece, “la prima cosa essenziale per avere un sistema efficace è avere una quantità risorse sufficienti e spese in modo uniforme”. Risorse, ha spiegato il sottosegretario, su cui occorre sviluppare nuove idee. “L’idea è quella di un fondo unico – ha spiegato Dassù -. Mi piacerebbe che si chiamasse Fondo unico per la democrazia e lo sviluppo, dove convogliare le risorse di tutti gli attori che fanno cooperazione a vario titolo, sotto l’indirizzo politico del ministero degli Esteri, e anche le risorse private. Sarebbe una cosa nuova e giusta”. Per Dassù, quindi, il futuro della cooperazione è sotto l’ala del ministero degli Esteri. “Noi puntiamo ad un ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale proprio perché, per un Paese come il nostro, separare la politica estera dalla politica di cooperazione non ha senso. Se arrivassimo ad una totale separazione, avremmo in realtà due politiche estere con pochissimi strumenti e pochissimi mezzi”. Per l’Italia, ha spiegato Dassù, la cooperazione “è una politica assolutamente essenziale. Una politica di sicurezza, di cooperazione, di politica estera”. A giustificare questa scelta “la situazione geopolitica dell’Italia fortemente esposta verso delle aree dove la cooperazione è indispensabile – ha spiegato Dassù -. L’unica vera politica estera che l’Italia deve condurre è la politica di cooperazione, il fondamento della politica estera dell’Italia, perché siamo un paese di frontiera verso un’area di instabilità”. Per questo, ha aggiunto il sottosegretario, nei prossimi anni occorrerà concentrarsi soprattutto su Mediterraneo e sull’Africa. (fonte Redattore Sociale)