Arriva dal mondo della filantropia privata l’ennesima provocazione che fa discutere il terzo settore italiano già in pieno subbuglio da riforma. A riaprire il dibattito ci ha pensato il segretario generale di Assifero (associazione nazionale delle Fondazioni e degli Enti filantropici italiani) con un interessante articolo recentemente pubblicato sul giornale delle Fondazioni. Carola Carazzone parla ai donors privati italiani con l’intenzione di sfatare due miti che ben conosciamo e che condizionano nel bene e nel male la quotidianità delle organizzazioni italiane del terzo settore, ONG in primis. La prima questione riguarda il mito del contenimento dei costi di gestione, quelli che gli anglosassoni chiamo overhead e che le ONG fanno a gara a tenere al di sotto del 10% con stratagemmi contabili più o meno imbarazzanti (il famoso eurino): il mainstream dice “più bassi sono i tuoi overhead e più sei virtuoso”. La seconda provocazione riguarda l’uscita dal progettificio, quella spirale che costringe il terzo settore a lavorare e finanziarsi esclusivamente sulla base di cicli progettuali e che porta alla deriva della competizione per bandi e partenariati perdendo di vista la missione e l’impatto da generare.
La spirale tra progettazione e rendicontazione che impoverisce le organizzazioni
“Il mantra che il terzo settore in sé debba costare poco e che tutti i finanziamenti debbano essere destinati ai progetti con la correlata formula magica della percentuale dei costi di struttura/costi generali come unico indicatore di efficienza degli enti del terzo settore, da decenni li strangola, riducendoli in “progettifici”, con organizzazioni, strutture e staff inadeguati, da cui i cervelli migliori, pur se estremamente motivati, vanno via”. Una realtà che le ONG conoscono bene e che spesso rende davvero difficile sopravvivere soprattutto per chi lavora in un contesto internazionale come quello della cooperazione e dell’aiuto umanitario.
Eppure la percentuale dei costi generali sul finanziamento complessivo di un progetto riconosciute dai donatori oscilla tra il 7% e il 15%, comunque irrisoria rispetto a una media del 35% che caratterizza i settori profit.
La spirale del produrre e rendicontare progetti all’inseguimento delle priorità dei bandi e delle mode sbandierate nelle iniziative da parte di finanziatori pubblici e privati e la perpetuazione di un sotto-investimento cronico nelle organizzazioni, capacità e staff degli enti del terzo settore ha portato al mancato sviluppo delle sue migliori potenzialità.
Un ruolo distintivo per la filantropia privata
La proposta per invertire la tendenza del cosiddetto “Nonprofit Starvation Cycle” è che le fondazioni filantropiche italiane inizino a finanziare obiettivi strategici e organizzazioni e non solo progetti. Un ruolo che viene rivendicato come politico e strategico da parte delle fondazioni filantropiche private, una nicchia di azione specifica, un ruolo distintivo delle fondazioni filantropiche rispetto ad altri finanziatori pubblici. In questo senso gli esempi non mancano a livello internazionale. Alcune delle fondazioni più importanti del mondo hanno già scelto di investire in supporto generale operativo per i loro partners (Gates, Ford, OSF, OAK, ecc). In Italia le fondazioni filantropiche che hanno iniziato a farlo si contano sulle dita di una mano.
Una rotta che non può essere invertita se non a partire dai donatori, sono loro che negli ultimi decenni hanno influenzato più di tutti il sistema e hanno di fatto dato forma a quello che oggi molti descrivono come un mostro, il meccanismo del project cycle management. Inoltre le dinamiche di potere tra i finanziatori e i loro beneficiari rendono oggi difficile che siano gli enti del terzo settore a prendere l’iniziativa e a fronteggiare il circolo vizioso del progettificio.
Addio ai bandi allora?
Secondo il segretario di Assifero è necessaria una vera e propria trasformazione del modo di finanziare, di investire, di erogare che necessita di nuove policy e modalità di finanziamento, diverse dai bandi. Il primo passo che i finanziatori dovrebbero fare è spostare la loro attenzione dagli input – e dal controllo su quegli input – ai processi e ai risultati, o meglio all’impatto: outcomes e non solo outputs e selezionare gli enti del terzo settore su cui investire, non certo aprioristicamente (amici degli amici), ma attraverso policy di scouting, dialogo costante, accreditamento e costruzione di relazioni di fiducia basate sulla condivisione della missione e meccanismi di comparazione degli obiettivi strategici.
Costruire partnership strategiche su missioni, che scardinino la relazione erogatore- beneficiario di progetto, verso un modello in cui il partner finanziatore e il partner implementatore stanno in una relazione di partnership strategica e non di dipendenza top-down.
Servono nuovi strumenti e un cambiamento culturale
Nessun cambiamento in questo ambito potrà essere radicale. Servono strumenti di accompagnamento, formazione e sperimentazione che ci facciano identificare il percorso migliore e più adatto alle caratteristiche del terzo settore italiano, non sempre assimilabile a quello di matrice anglosassone. Alcuni già emergono dalla proposta di Carola Carazzone e sono già in fase di sperimentazione in diversi contesti italiani.
Uno strumento interessante è sicuramente la Theory of Change che come Info Cooperazione abbiamo preso come materia di studio e sperimentazione. Chi segue questo blog avrà avuto modo di leggere gli approfondimenti e le guide elaborate dal gruppo di lavoro composto da professionisti del nostro settore che si sono messi a disposizione per approfondire questo ambito organizzando anche un corso itinerante sulla teoria del cambiamento nella progettazione. I primi 75 colleghi che hanno partecipato a questa proposta formativa sanno già che affrontiamo molti dei temi, anche provocatori, ripresi in questo post (la prossima tappa del corso sarà a Trento il 19 e 20 aprile).
La discussione è aperta e può portare anche molto lontano. I pro e i contro di un cambio culturale come questo possono essere importanti e del tutto trasformativi. La certezza è che molti di questi saranno i punti all’ordine del giorno negli anni a venire se vogliamo aumentare l’impatto del nostro lavoro e generare il cambiamento oltre i progetti.
Anni fa si parlava di “input ed output” ed era già importante, l’evoluzione é stata quanto mai rapida ed oggi siamo all’impatto sociale che si è evoluto nella ToC che trova fertile terreno nel welfare territoriale. Occorre che Il TS esca dal “progettificio”, nel quale si è infilato grazie alla “comoda” sussidiarietà, e torni a mostrare la propria imprenditorialità sviluppando innovazione. Il propellente per questa evoluzione lo si trova nella Legge di Riforma, vedi anche i 253 mio appena stanziati (Sole 24 di oggi). Saprà il TS, insieme con PA ed il privato, utilizzarlo? Si comincia bene é di oggi la notizia (Corriere della sera) che Banca Intesa é la prima “bank impact” al mondo.
Credo sia importante tenere ben distinti due concetti: quello di progetto, che definisce bene l’obiettivo delle azioni che un organismo intende fare e per il quale cerca i finanziamenti, e quello del progettificio che spesso trasforma, anche loro malgrado, le organizzazioni in pure macchine costrette a fare progetti qualunque essi siano pur di sostenere la struttura (e l’occupazione). Ma finanziare degli organismi su obiettivi generici rende meno efficace la spesa (lo insegna la storia della cooperazione) e mette gli organismi in balìa dei finanziatori. I progetti sono ancora necessari anche con la teoria del cambiamento, magari misurati per il loro impatto e non sul mero raggiungimento dell’obiettivo. Secondo me l’effetto progettificio potrebbe essere attenuato dal finanziamento di programmi (e progetti) a lungo termine che consenta di dimensionare la struttura con minore precarietà, oltre che da una quota significativa (in rapporto alla struttura) di autofinanziamento e da una struttura di base molto snella … che sconta ahimè una dose alta di precariato legato all’andamento dei finanziamenti mirati.
Premessa: Assifero è l’associazione nazionale delle Fondazioni e degli Enti filantropici italiani, mentre ACRI è quella delle fondazioni bancarie, che sono presenti in buona misura anche in Assifero; in Assifero sono appena 4 le fondazioni che hanno nel proprio portafoglio passato erogazioni a favore di attività di solidarietà internazionale, mentre tutte le altre hanno perimetro territoriale o nazionale. A me quanto ci viene “rimproverato” assomiglia tanto a “Fate quello che dicono ma non come quello che fanno”, una frase del Vangelo attribuita da Matteo a Gesù a proposito di scribi e farisei.
Le organizzazioni delle Fondazioni bancarie (quelle di Assifero non li hanno veramente mai aperti, se togliamo la Fondazione ENI, cui personalmente non chiederei nemmeno i soldi per un caffè) hanno da tempo chiuso i cordoni delle borse per la concessione di contributi a organizzazioni del Terzo settore a favore di iniziative nel Sud del Mondo, scomparsi quasi del tutto dalla voce “Volontariato, filantropia e beneficienza” , in forte controtendenza coi tempi e le istanze della società civile.
Del tracollo che ha interessato le erogazioni delle fondazioni bancarie, scese tra il 2010 e il 2015, ultimo dato disponibile, da 1,3 miliardi a 936 milioni, ha fatto le spese soprattutto proprio il comparto riferibile alla voce “Volontariato, filantropia e beneficienza”, che scende complessivamente ad appena 127 milioni di erogazioni annue, ma tra questo scompare o quasi la destinazione alla solidarietà col Sud del mondo.
Gli specifici bandi per attività di solidarietà internazionale sono completamente usciti dalle maggiori fondazioni italiane, quali Cariplo, Fondazione Mps, Fondazione Carige, Cassa di Verona, le torinesi Crt e Compagnia di San Paolo, Cassamarca di Treviso, Cassa di Trieste, Cassa di Firenze, la bolognese Carisbo, Cassa di Padova e Rovigo, Cassa Cuneo, Cassa Lucca, Fondazione Pisa, Fondazione Cassa Risparmio Cesena, Fondazione Cassa Risparmio Pesaro, Fondazione cassa Ravenna, Cassa Risparmio Perugia, Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia, Stiftungsparkasse di Bolzano.
Al di là di Unicredit Foundation, che eroga alcuni contributi per progetti di solidarietà ma solamente nei Paesi dell’Est Europa dove è presente con le sue filiali, tengono la posizione solamente la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena e la Fondazione Manodori – Cassa Risparmio Reggio Emilia.
In generale il tema della solidarietà internazionale è stato pressochè ovunque cancellato dai Documenti programmatici annuali e triennali delle fondazioni, rendendo così impossibile promuovere specifici bandi, con le due eccezioni sopra ricordate.
Rimangono, qua e là, le possibilità di richiedere “extra-bando” dei semplici “contributi” , ovvero piccole somme a dono, ma dell’ordine di pochissime migliaia di euro, pure queste rare e sempre condizionate dalla possibilità di contare su qualche santo in paradiso nel board delle Fondazioni.
In conclusione, la stima delle erogazioni a favore della solidarietà internazionale è rivista in pesante ribasso, non superiore al mezzo milione di euro/anno, a fronte di una stima superiore ai 10 milioni di euro risalendo ad appena una decina di anni fa.
Nonostante la crisi, viceversa, imperversano bandi e contributi a favore del settore artistico, ma con metodi di attribuzione sempre un po’ opinabili, come si può notare dalle ripetizioni negli elenchi dei progetti beneficiari, ovunque riconducibili a una elitè di abituè e di gruppi familisti nelle grazie delle presidenze.
C’è molto da rifare, ma noi in prima persona (e non per fare bella figura davanti agli altri) cominciando col rivendicare e riprendere noi posizioni importanti nei gangli della società civile organizzata, che non abbiamo mai presidiato a dovere e richiedere a gran voce maggior riconoscimento e risorse per le nostre attività: non si può dire che oggi lo slogan “aiutiamoli a casa loro” non sia stato lanciato e di gran moda sulla bocca di tutti. Ora dobbiamo passare a riscuotere anche noi, indipendentemente dal fatto che piaccia o meno la Theory of Change o dalla “pretestuosa” discussione sui costi di gestione dei progetti.
Se non ci sono aprioristicamente le risorse, faremo solo la figura della volpe con l’uva.
Esaminando una ad una le 76 fondazioni associate ad Assifero, l’Associazione Italiana delle Fondazioni ed Enti della filantropia Istituzionale, il perimetro di quelle a cui è potenzialmente possibile presentare una richiesta di finanziamento per progetti di solidarietà internazionale è ridotto ad appena 5 (in ordine alfabetico):
1. Enel Cuore onlus,
2. ENI foundation,
3. Fondazione Italiana Charlemagne,
4. Fondazione Marcegaglia onlus
5. Fondazione Wanda di Ferdinando (solo per Onp della regione Marche).
Una sesta, la Fondazione Nando ed Elsa Peretti, fino a dicembre 2018 non raccoglie altre proposte.
Preciso che i progetti annualmente finanziati nel settore della solidarietà internazionale sono comunque pochissimi e per giunta con importi che raramente superano i 50.000 euro.
Forse, più che darsi tafazzianamente bottigliate sugli zebedei con patturnie dialettiche su progettifici, Theory of Change, “outcomes e non solo outputs” e altri sofismi semantici inglesi da salotto su come dovremmo “apparire”, sarebbe il caso di alzare il nostro sederino e andare a chiedere con forza al mondo delle fondazioni, private e bancarie, di cambiare loro la musica e soprattutto di metterci più soldi, visto che è quello il loro compito e che è una delle istanze maggiormente richieste dalla società oggi.
Perché qua di Fondazioni Bill e Melinda Gates o simili….. all’orizzonte non se vedono molte.
Di seguito le 76 fondazioni esaminate di Assifero e sotto i link per collegarsi alle pagine delle singole fondazioni.
AIRC – Associazione italiana per la ricerca sul cancro
Centro di Aiuto al bambino maltrattato Onlus
Congrega della Carità Apostolica
Costa Crociere Foundation
Enel Cuore Onlus
ENI Foundation
Fondazione Achille e Giulia Boroli
Fondazione Adele e Cav. Francesco Lonati
Fondazione AEM
Fondazione Alberto Sordi
Fondazione Alessandro Cottinelli
Fondazione Alessandro Pavesi Onlus
Fondazione Allianz Umana Mente
Fondazione Angelo Affinita Onlus
Fondazione Antonveneta
Fondazione ASM
Fondazione Banca Popolare di Marostica
Fondazione Banca San Paolo di Brescia
Fondazione Carlo Denegri Onlus
Fondazione Cecilia Gilardi Onlus
Fondazione Cogeme Onlus
Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte
Fondazione Comunitaria del Varesotto Onlus
Fondazione Comunitaria della Valle d’Aosta Onlus
Fondazione CON IL SUD
Fondazione Conte Gaetano Bonoris
Fondazione De Agostini
Fondazione della Comunità Bresciana Onlus
Fondazione della Comunità Clodiense
Fondazione della Comunità di Mirafiori Onlus
Fondazione della Comunità di Monza e Brianza Onlus
Fondazione della Comunità Salernitana Onlus
Fondazione Deutsche Bank Italia
Fondazione di Comunità del Canavese Onlus
Fondazione di Comunità del Salento Onlus
Fondazione di Comunità di Messina Onlus
Fondazione di Comunità San Gennaro Onlus
Fondazione di Comunità Val di Noto
Fondazione Dominique Franchi Onlus
Fondazione Emmaus per il Territorio Onlus
Fondazione Exclusiva
Fondazione Francesca Rava – N.P.H. Italia Onlus
Fondazione Giuseppe e Adele Baracchi Onlus
Fondazione Golinelli
Fondazione Gruppo Credito Valtellinese
Fondazione Guido Berlucchi Onlus
Fondazione Guido e Angela Folonari
Fondazione Italia per il dono Onlus
Fondazione Italiana Accenture
Fondazione Italiana Charlemagne a finalità umanitarie Onlus
Fondazione Joy Onlus
Fondazione Lambriana per attività religiose e caritative
Fondazione Lang Italia
Fondazione Laureus Sport for Good Italia Onlus
Fondazione Le Quattro Stelle Onlus
Fondazione Liliana Giordano e Giuseppe Scalvi
Fondazione Luigi Bernardi
Fondazione Marazzina Onlus
Fondazione Marcegaglia Onlus
Fondazione Mario Moderni
Fondazione Nando ed Elsa Peretti
Fondazione Opera Immacolata Concezione – OIC Onlus
Fondazione Paideia Onlus
Fondazione Peppino Vismara
Fondazione POSTE INSIEME Onlus
Fondazione Saint Lawrence Foundation Onlus
Fondazione Santo Stefano
Fondazione SNAM
Fondazione Tassara
Fondazione TIM
Fondazione Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo Onlus
Fondazione Wanda di Ferdinando
Generas Foundation Onlus
Munus Onlus – Fondazione di Comunità di Parma
Opera Barolo
Pio Monte della Misericordia
http://www.fondazionecharlemagne.org/
https://www.fondazionemarcegaglia.org/progetti/
https://www.enelcuore.it/it.html
https://www.eni.com/enifoundation/it_IT/cosa-facciamo/criteri-selezione-progetti.page
http://fondazionediferdinando.org/